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Song:
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Sinceramente, io glieli avrei dati davvero 24 anni.

Non tanto per l'aspetto, per il viso o per i vestiti, ma per come parlava. Era matura molto più di quanto io non fossi quando ne avevo 24 - forse anche più matura di me adesso, che di anni ne ho 26.

Udita la mia incerta risposta ("...24?") Rebecca si trattenne dal ridere. Mi chiese quanti anni ne avevo io e, dopo averglielo detto, prense un bel respiro e mi disse: "Ho 18 anni".

Trattenendo il più possibile la mia sorpresa e il mio sconvolgimento, iniziai a farle qualche domanda come se fossi l'essere vivente più calmo sul pianeta (spoiler: non lo ero affatto).

"Quindi vai ancora a scuola?"
"Sì"
Ripensai ai tempi lontani in cui anche io andavo a scuola. Erano passati 8 anni. 8.

"Che classe fai?"
"La quinta."
Tra me e lei c'era una vita intera. Se avesse avuto qualche anno di più, avremmo avuto stili di vita simili... ma ora? Mi faceva così strano. Mi sembrava quasi... inappropriato?

"Di dove sei?"
"Non di qui."
"E di dove? Sei toscana?"
"No. Starò qui per qualche mese, però."
8 anni. Non era tanto per il numero, ma per la grande differenza che c'era tra me e lei. Appartenevamo a due generazioni diverse e, ora come ora, sarebbe stato assurdo stare con una come lei.

Che idiota, poi! Stavo dando per scontato che lei avrebbe voluto stare con uno come me. Da come mi guardava, intuii però che stava dando a me la scelta. Scelta non so bene di cosa, ma il suo sguardo mi stava dicendo che lei, la sua decisione, l'aveva già presa.

Man mano che la guardavo, mi accorgevo che quella differenza era solo una mia percezione. Lei aveva solo tre anni in più delle figlie di mio fratello, e questo mi faceva molto strano, ma mi sentivo più vicino a lei che a tanti altri miei coetanei.

Rebecca mi fece un cenno con la testa "Ti sta colando il gelato" disse. In fretta, leccai la goccia che stava per cadermi addosso. Non dissi ancora niente, anche se lei sembrava potesse sentire i miei pensieri.

Il silenzio della strada, che poi tanto silenziosa già non era, venne all'improvviso interrotto da signora che rideva. Sia io che Rebecca alzammo lo sguardo verso il balcone da cui sembrava provenire il rumore, ed ecco che li vidi: un signore e una signora, entrambi anziani, stavano chiacchierando con le braccia appoggiate al bordo della ringhiera del loro balconcino. "Oggi è persino più bello degli altri giorni." "Hai proprio ragione". Guardavano il cielo come se lo conoscessero a memoria, dicevano quelle parole come se le avessero dette altre migliaia di volte e, allo stesso tempo, fossero riusciti a conservare la meraviglia del primo giorno.

Per qualche assurdo motivo, le loro voci facevano più rumore dei gruppi di ragazzi che urlavano per le strade.

E lo sguardo mi ricadde su Rebecca e capii.

Qualsiasi cosa ci fosse tra di noi, era "ora". Non era tra dieci, venti, trent'anni. Era ora e basta. Da domani magari non ci saremmo più parlati. Tra un mese saremmo potuti ritornare ad essere sconosciuti. Ma non era questo l'importante.

Quei due anziani sul balcone, loro sì che avevano un amore duraturo. Lo avevano seminato e coltivato insieme, ogni giorno continuavano a farlo crescere.

Ma noi eravamo giovani. Non aveva importanza se effettivamente il nostro amore - o qualsiasi nome si potesse dare a ciò che provavamo - sarebbe durato più di un giorno. "Ora", sapevo che volevo passare questa serata con lei. L'amore non deve durare "per sempre" per essere reale.

Lei aveva 18 anni e io ne avevo 26. Perché avrebbe dovuto essere un problema, in questa stessa notte? Di cosa mi preoccupavo di preciso?

Le chiesi: "Posso farti vedere un bel posto?" "Sì."

Non sapevo dove questa notte ci avrebbe portato, ma adesso lei stava camminando a fianco a me e sapevo che questo mi rendev felice.


Ancora Una VoltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora