Song:
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Rebecca si stava rigirando una moneta tra le mani, come incantata. Era solo la moneta che le avevano dato come resto al bar, ma per lei sembrava essere molto di più.Eravamo sotto un lampione del centro. Devo specificare: una cosa bella del centro di Arezzo è che i lampioni non sono veri e propri lampioni, ma lanterne attaccate ai muri. Decisamente scenico e coerente con il posto, che mantiene la sua storicità senza rovinarla con moderne costruzioni decisamente di brutto aspetto.
"È bellissima!" esclamò. Stavo iniziando a notare il modo in cui la sua voce si alzava ogni volta che esaltava qualcosa che la entusiasmava: faceva una specie di scivolo con le sillabe, alternando a un tono normale delle rimarcature acute. Questa volta, aveva alzato particolarmente il tono sulla prima i.
"Stai parlando della... moneta?" "La vedi?" mi avvicinò la moneta, affinché io ne vedessi il retro "Non ne avevo mai vista una con questa immagine?" "...immagine?" "Sì, questo disegnino di Galileo Galilei. Non avevo mai trovato una moneta con questo disegno, è fantastico!"Prensi i 2€ in mano e la guardai meglio. Il grande faccione di Galileo Galilei si trovava in primo piano, mentre in alto era scritto a grandi lettere il suo nome e sotto spuntavano le date 1564-2014.
Rebecca si riprese la moneta, come se fosse un tesoro inestimabile.
"Lo fai spesso?" le chiesi, divertito da tutto quel suo entusiasmo "Collezionare le monete carine, intendo." "Beh, più o meno. Non è che le collezioni proprio, però se me trovo di rare - come questa - le conservo e non le uso. Una volta, tu..." si fermò all'istante a quella parola, ed io la incalzo subito "Io...?" "No, no, scusa" si affrettò a precisare "Una volta, io ho per sbaglio pagato con una moneta commemorativa dei XX Giochi olimpici invernali di Torino, risalente al 2006. Avevo fretta di pagare e, dimenticandomi di averla nel portafogli, ho usato quella. Stavo acquistando qualcosa alle macchinette, perciò non c'era proprio alcun modo di riaverla indietro. Ero così arrabbiata... con me stessa."
All'improvviso, sembrava non veder l'ora di cambiare discorso.
Passammo tantissimo tempo a parlare di tutto. Non avevo mai conosciuto qualcuno con cui fosse così facile fare conversazione. Le nostre parole e i nostri silenzi si incastravano perfettamente le une con gli altri, come se fossero ballerini in una coreografia perfetta. Certo, a volte inciampavamo sulle nostre stesse parole, ripetevamo le cose, ci prendevamo del tempo per pensare, ma non perdevamo mai la connessione tra di noi.
"Se potessi scegliere un posto" disse "un qualsiasi posto in questo Universo, e un qualsiasi istante nel tempo in cui essere... cosa sceglieresti?"
Rebecca era una macchina infinita di domande interessanti. Mi chiedevo se la nostra conversazione potesse mai giungere al termine.
"Nessun limite?" le chiesi "Posso scegliere qualsiasi luogo e qualsiasi istante?" Lei annuì, aspettando la mia risposta, che non tardò ad arrivare. Non ci pensai molto: per queste cose non mi piace rimurginarci troppo, perché credo sia meglio rispondere d'istinto. Mi sento molto più sincero.
"In Giappone. Forse, pensandoci bene, ti darei un'altra risposta, ma ad oggi io desidero solo andare in Giappone."
"Che figata il Giappone. Piacerebbe tanto anche a me andarci, prima o poi."
"Fammi indovinare... vuoi andarci per vedere gli alberi rosa?"
"Certo! Non fare lo scemo e prova a dirmi che non ti piacciono gli alberi di ciliegio."
"Hai ragione, hai ragione. Devo dire che sono bellissimi. Così come tutte le abitazioni e i monasteri tipici."
"Ha proprio una storia magnifica."
"Vero! E cibo davvero niente male."
"Che buono il sushi!"
"Esatto, che buono!"Al solo pensiero di un buonissimo temaki, il mio stomaco iniziò a brontolare "Cavolo, ho appena cenato, ma mi è già tornata fame." "Ti va un gelato?" "Certo! Conosci qualche posto in particolare?" Ci pensò un po' su, anche se con quel suo sorriso già sul volto aveva l'aria di qualcuno che aveva già deciso "Forse." risponde, camminandomi davanti.
"E tu?" le chiesi "Tu dove vorresti andare?" "Magari te lo dico dopo." la guardo, confuso "Dopo? Che vuol dire dopo?" "Dopo vuol dire dopo. Quanta fretta hai!" "Hey, no, non ho fretta. Sono solo curioso." non dice niente, così aggiungo "Perché dopo e non ora?" "Se vuoi non te lo dico proprio." "Ok, capito..." Mi guardò e sorrise, come se ci provasse gusto a tenermi sulle spine, seppur per domande così banali.
Mentre camminavamo fianco a fianco, parliamo del più e del meno. Ci raccontammo le nostre passioni, i nostri sogni, i film che ci piacevano, la vita che ci sarebbe piaciuto vivere, ma non entravamo mai nei dettagli di quella che, in effetti, vivevam. Mi piaceva molto questa cosa.
Ad un certo punto, arrivammo a quel punto. Quel punto disastroso in cui parlammo della musica.
Avete presente quel momento in cui, quando parlate con qualcuno, pensate che stia andando tutto così liscio, che l'altra persona sia proprio perfetta, e boom, arriva quel dettaglio che vi fa cambiare completamente idea? Ecco... io avevo paura che quel dettaglio fosse la musica.
Non era lei il problema, affatto. Non ci voleva molto per avere dei gusti musicali migliori di me. Ero io quello problematico. Non che mi vergognassi dei miei gusti, anzi, credo che la musica sia fantastica proprio perché è una cosa strettamente intima e personale... però, dicendole i miei gusti musicali, non riuscivo a smettere di immaginarmi lei sgranare gli occhi, ridere a più non posso, dileguarsi con una scusa perché mi crede pazzo. Un po' esagero, va bene, ma non ditemi che voi non ci pensereste due volte prima di continuare a parlare con uno sconosciuto che ascolta...
"Techno tedesca."
Sorrise, mi guardò con un'occhiata del tipo "Sei serio?" e, dopo che annuii, iniziò a parlarmi delle sue canzoni o autori preferiti.
Wow.
Tra quelle che mi dicsse, c'era una canzone in particolare che mi ispirava molto. Non sapevo perché, ma credevo di averla già ascoltata, anche se non ricordavo niente. Lei mi guardò un po' stupita, un po' felice, un po' con una strana emozione negli occhi, ma si rifiutò di accennarmi anche solo una parte della canzone per farmi capire di che si trattasse "Se cantassi, dovresti essere sicuro di avere un ombrello a portata di mano" disse, eppure avrei tanto voluto sentire lo stesso la sua voce sulla canzone che non ricordavo, ma che conoscevo.
In gelateria, mi lasciò pagare. Mentre mangavamo il gelato, sempre camminando senza una meta, mi chiese: "Secondo te, quanti anni ho?" ricordandomi di non sapere effettivamente niente della sua vita al di fuori di lei, la guardai bene.
Guardai il suo viso, i suoi lineamenti, i suoi capelli, il suo vestito. Cercai di raccogliere anche solo il più piccolo indizio.
Avevo paura che una risposta sbagliata potesse segnare la mia morte.
Indovinate un po'? Diedi una risposta sbagliata.

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Ancora Una Volta
RomansaStefano e Rebecca si innamorano in una notte. Lui non sa che si è già innamorato di lei in altre 30 vite. "L'equazione di Dirac, (∂ + m) ψ = 0, dice questo: se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati...