Lei

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Il soffitto era grigio, qualche crepa lo attraversava come un piccolo viaggiatore che fatica a raggiungere la propria meta. Le pareti che lo reggevano erano di un bianco pallido che non aiutava per nulla la desolazione generale di quello stanzino, al centro del quale si trovava un piccolo letto con una coperta troppo sporca e usurata perché ci dormisse qualcuno. Ma qualcuno sotto quella coperta dormiva...qualcuno sotto quella grigia coperta aveva dormito ed ora era sveglia con gli occhi aperti in preda al terrore agghiacciante che l'aveva pervasa da qualche ora a quella parte.
Le sue mani piccole ed esili stringevano il bordo della coperta in una folle stretta impanicata, le piccole nocche erano diventate bianche. Quelle mani quasi senza unghie. Se le era mangiate tutte in balia dell'ansia dell'attesa di quello che Elaine sapeva che sarebbe successo di lì a pochi istanti.
Succedeva sempre così e le cose non sarebbero cambiate quella mattina, ne per volontà sua ne per quella di nessun altro, così pensava lei. Il momento in cui Lei sarebbe entrata nella stanza e le avrebbe ordinato di alzarsi. Il momento in cui Lei le avrebbe ordinato di vestirsi e di avvicinarsi.
Era proprio quello che Elaine non avrebbe voluto fare, ma non aveva altra scelta...non aveva mai avuto nessuna scelta.
Se n'era accorta fin dalla prima volta che era riuscita a ricordare. Fin dalla prima volta che lei aveva combinato un piccolo guaio. Fin dalla volta in cui aveva aperto le porte del suo inferno personale ed aveva dato inizio ad una vita che era degna della trama dei peggiori film dell'orrore. No, non dei film in cui gli oggetti si muovono da soli oppure di piccole creaturine che compaiono per farti ciao ciao in mezzo alla notte...no...quello era un film pieno di violenze...persino Hostel sarebbe stato un film per bambini in confronto.
Elaine guardava la croce mentre aspettava. Guardava la croce che Lei aveva messo sopra la porta d'ingresso così che le venisse ricordata di chi fosse schiava. La croce che le ricordava da dove era venuta. Da dove Lei diceva che fosse venuta. Tutto per Lei era venuto dal Signore e tutto doveva tornare al signore, ma, nel mentre, i peccatori andavano puniti!
D'un tratto la porta si mosse da sotto la croce. Una piccola vibrazione a mala pena percettibile ma c'era e Lei sapeva di essere stata notata.
A Lei piaceva che venisse notato questo piccolo particolare e nel suo volto pallido e solcato da diverse rughe si dipingeva un'espressione serafica quando sapeva che stava facendo l'effetto desiderato.
Le aveva detto chiaramente che, quando quella porta si fosse aperta la mattina, soltanto Dio avrebbe potuto salvarla. Lei aveva detto che Lui avrebbe deciso se lei sarebbe stata punita o meno. Le punizioni erano le cose migliori che Lei poteva fare per Elaine...erano per salvare la sua anima...diceva.
La porta iniziò ad aprirsi piano piano e la ragazza si irrigidì provando una fitta di dolore per via delle ferite che, come le crepe sul soffitto, passavano per le sue cosce come righe gettate a caso su un foglio di carta, la ragazzina si ricordava ancora quando erano state fatte. Quelle ferite che dopo si sarebbero rimarginate, ma sarebbero rimaste come macchie di pennarello indelebile su una superficie bianca. Erano state tutte cortesie del Gatto a Nove Code che Lei usava per le sue punizioni.
Ma non era finita lì, no. Elaine si ricordava ancora di quel giorno. Si ricordava...anche se avrebbe venduto l'anima al diavolo pur di scordarselo. Quello era stato il giorno che Lei aveva chiamato "La crocifissione della peccatrice!"...ossia un altro modo per dire Pasqua. Ma lei non era morta in croce per i peccati...no...troppo facile, invece lei era diventata la croce.
Quel giorno Lei si era svegliata di umore particolarmente gentile. Quel giorno era arrivata in camera sua e le uniche punizioni che le aveva dato erano state delle sculacciate...per cosa? Elaine non sapeva mai per cosa dovesse essere punita, Lei diceva semplicemente che i peccatori andavano puniti. La prese per un braccio e la trascinò con violenza nel corridoio con il suo volto serafico. Elaine non poteva porre resistenza. Era sempre stata una ragazza esile e Lei non le dava da mangiare abbastanza perché si sviluppasse come un normale essere umano, non voleva che un giorno Le si ribellasse. Lei, al contrario, era una donna alta e molto robusta. Nemmeno un uomo sarebbe stato in grado di farle qualcosa.
"Oggi sarà una giornata speciale!" aveva sbraitato a voce alta per farsi sentire oltre i lamenti di quella che per Lei non era altro che un pupazzo antropomorfo.
La trascinò in camera sua e la scaraventò dentro con estrema facilità. Elaine volò per circa due metri e cadde di schiena. L'impatto le svuotò i polmoni e lei emise un suono grottesco mentre l'aria veniva sparata fuori dalla sua bocca, per un secondo o due pensò che sarebbe morta. Poi in suoi polmoni tornarono a riempirsi con uno schiocco macabro e innaturale e lei prese a tossire e ad avere dei piccoli conati. C'era mancato poco che non si fosse ingoiata la lingua ed aveva la schiena tutta dolorante, il pavimento era fatto di pietra lisciata.
Rimase stessa a terra nella speranza che fosse tutto finito. Che quel giorno la sua punizione fosse finita...ma si sbagliava...si sbagliava tanto!
Lei chiuse la porta con una tranquillità che era l'esatto opposto della violenza che riusciva a sprigionare e per qualche minuto ci fu un silenzio rotto solo dai singhiozzi della ragazza abbandonata al pavimento. Il suolo sottostante era freddo e dava quasi un senso di pace e consolazione. Elaine si mise a pensare, suo malgrado, a che cosa avesse in mente di farle. Non le veniva in mente gran che, se non il gatto a nove code e questo fu già abbastanza per farle gelare il sangue. Poi la porta di aprì di nuovo. Elaine alzò la testa dolorante e vide Lei all'uscio che la osservava solenne.
"Oggi sarà un giorno di perdono!" disse con una risolutezza che prima non c'era, sembrava quasi divertita.
A passi pesanti si avvicinò ad Elaine che, troppo debole per fare qualsiasi cosa, rimaneva sdraiata a terra in attesa che tutto finisse. Non vedeva l'ora che Lei avesse finito così da potersene tornare in camera a leccarsi le ferite come aveva sempre fatto da quando riusciva a ricordare.
Lei l'aveva presa per i capelli e messa in piedi. Elaine non aveva emesso altro che un piccolo gemito. Era abituata alle tirate dei capelli...ormai non le facevano nemmeno più male.
Lei la appesa al muro tenendola per i capelli e le strappò i vestiti rivelando il suo corpo esile, troppo poco sviluppato per i suoi quattordici anni e rigato dalle numerose cicatrici.
"Che cosa sei tu?" le chiese.
Elaine sapeva già cosa dire, l'aveva sempre saputo ed in quel momento non si sarebbe tirata indietro per poi subirne le conseguenze.
"Un peccato!"
"Che cosa ti meriti?"
"Una punizione!" detto questo, il petto prese a bruciarle all'altezza del collo. Un dolore lancinante iniziò ad attraversarla in senso verticale seguito subito dopo da un calore intenso che le invadeva la pelle. Gli occhi di Elaine si girarono all'indietro mostrando solo il bianco, un bianco che dimostrava il suo dolore.
Il taglio continuò attraverso l'addome e per un attimo Elaine pensò che le sue viscere si sarebbero riversate a terra come quel tizio nel film di Hannibal Lecter e lei sarebbe finalmente morta...ma non successe, Lei sapeva come non farlo succedere e continuò finché non arrivò alle labbra del suo sesso per poi fermarsi in modo quasi chirurgico emettendo un grugnito di assenso.
In quel momento la ragazza stava cercando di uscire. Si, stava cercando in tutti i modi di uscire da quel corpo e andarsene via. Voleva un sollievo...voleva essere libera, anche se non sapeva bene nemmeno lei che cosa significasse. Poi il la lama riprese a tagliare da sotto l'ascella all'altezza dei seni, ma sta volta il dolore bruciante come una fiamma la attraverso in orizzontale attraverso il petto e i piccoli seni. Lei urlò quando le passò per il primo capezzolo, ma non quando passò per il secondo...era svenuta in preda allo shock, si era quasi morso la lingua nel processo.
Lei la lasciò finalmente cadere come un sacco di patate poi la prese per un gomito e la trascinò fino alla sua stanzetta grigia dalle mura bianche dove lei si trovava ora lasciando una scia di sangue che poi Lei si sarebbe messa a pulire.
Una persona normale si chiederebbe: "Perché non scappa o non chiama la polizia?"
La risposta è semplice: lei non sa di avere la possibilità di scappare, non sa cosa sia la polizia. Elaine pensa che gli altri fuori l'avrebbero trattata allo stesso modo di come veniva tratta dentro se non peggio.
"Il mondo la fuori è pieno di uomini che vogliono solo violentarti, di donne che vogliono solo picchiarti e di ragazzini che vogliono deriderti per le tue cicatrici...orribili cicatrici!"
Questo le aveva detto Lei. Così le aveva insegnato a pensare. Elaine a scuola non parlava mai con nessuno...per il breve tempo in cui era andata. Se ne era sempre stata per conto suo, terrorizzata che gli altri ragazzi avessero potuto deriderla per le sue cicatrici e aveva una paura incredibile di essere picchiata dai professori. Un giorno era semplicemente scappata da scuola e Lei non l'aveva più fatta andare.
Da quel giorno era rimasta confinata nella sua stanza per uscire solo quando Lei lo avrebbe permesso.
Le rare volte in cui qualcuno varcava la soglia della loro casa, Lei le diceva di stare rinchiusa in camera perché era molto probabile che l'avrebbero picchiata, violentata(non sapeva bene cosa volesse dire, sapeva solo che era brutto) o derisa per le sue cicatrici. Era così che la controllava.
Elaine ricordava di una volta che Lei aveva invitato degli amici per cena. Aveva sentito i passi di due persone, alcuni erano chiaramente i suoni di suole di scarpe, ma gli altri facevano un suono che non aveva mai sentito prima di allora. La ragazzina si era spaventata e si era messa sotto le coperte, immaginando che quel Tok Tok non fosse un essere umano ma il suono di una specie di mostro che era capace di picchiarla, violentarla e deriderla allo stesso tempo.
Loro si erano seduti nella sala da pranzo e lei gli aveva sentiti ridere a crepapelle e aveva sentito Lei parlare con una voce talmente animata e diversa da quella che aveva di solito da farle pensare che forse non si trattava della stessa persona. Li aveva sentiti brindare e poi aveva sentito il suono delle suole venire verso la sua stanza. Si era messa subito sotto le coperte sperando con tutto il cuore che se ne andasse e la lasciasse in pace. Non voleva essere picchiata, violentata e derisa per le sue cicatrici, no, sentiva che questo l'avrebbe uccisa. Il cuore iniziò a tamburellarle nel petto come se volesse uscire fuori quando si era accorta che le suole delle scarpe si erano fermate proprio davanti alla sua stanza.
Elaine aveva guardato il pomello mentre quasi mordeva il bordo della coperta. Gli occhi presero a lacrimare ma lei non se ne accorse, era troppo impegnata a guardare il pomello giallo della porta che si girava. Click. La porta iniziò ad aprirsi quando ad un tratto Lei gli urlò di fermarsi per poi assumere un tono benevolo mentre diceva che quello era lo sgabuzzino.
Elaine quasi urlò per il sollievo che la travolse di impeto, ma si sforzò di stare zitta. Chissà cosa sarebbe successo se quella porta fosse stata aperta. Chissà quali dei tre castighi le sarebbe stato inflitto.
La voce che rispose a Lei era una voce maschile che porse le sue scuse e si informò meglio di dove fosse il bagno. Una sensazione di freddo avvolse il corpo di Elaine quando Lei si avvicinò alla porta e la chiuse di scatto. Il suono della chiave che chiudeva la serratura. La ragazza si era sentita al sicuro sotto quelle coperte. Nessuno dei tre castighi le sarebbe stato inferto. Lei l'aveva salvata.
Si sentì il rumore dello risciacquo del water e poi l'uomo ripercorse il corridoio...ma si fermò di nuovo davanti alla sua porta. Di nuovo il cuore di lei aveva preso a martellare, però meno di prima perché aveva la certezza che la porta fosse chiusa e lui non sarebbe entrato a violentarla. I passi ripresero il loro cammino finche l'uomo non tornò al salotto e ripresero le risate ed il tintinnio dei bicchieri e continuarono fino a notte inoltrata, nel qual tempo, Elaine era rimasta ad ascoltare terrorizzata, ma anche curiosa quello che riusciva a sentire.
Quella sera, dopo che i due ospiti furono congedati calorosamente da Lei, la porta della stanza di Elaine si era aperta. Lei l'aveva fissata con uno sguardo che faceva intendere tutto. L'aria nella stanza si fece di colpo pesante quando la ragazza vide nella Sua mano il nero e macabro gatto a nove code con le estremità scintillanti uncinate.
"Tu, piccola disubbidiente peccatrice!" aveva detto Lei in un sibilo e l'inferno era sceso di nuovo in quella stanza. Un inferno che le aveva lasciato altre cicatrici sulla schiena e sulle gambe che avevano continuato a sanguinare per una buona mezz'ora prima di cessare. Quella era una delle sere in cui Elaine aveva desiderato più ardentemente di morire. Dormire era stata una tortura ancora peggiore...una tortura che si era prolungata per qualche settimana. Un periodo di tempo in cui continuava a svegliarsi la notte in preda a urla e dolori lancinanti nel momento in cui si muoveva e le ferite strisciavano sul materasso.
Adesso la porta si stava aprendo lentamente ed il dado stava per essere tratto. Cosa sarebbe successo? Di sicuro non sarebbe stata ne violentata (anche se non sapeva cosa fosse, aveva la certezza che solo un uomo poteva esserne capace) o derisa per le cicatrici (Lei non era una bambina).
La porta era spalancata e Lei la guardava solenne sulla soglia come aveva fatto il giorno della croce. Lo sguardo terrorizzato di Elaine volò subito alle mani per vedere se tenesse qualcosa. Le Sue mani erano vuote. Lei continuava stare alla porta solenne, come se si nutrisse della paura di Elaine.
Poi successe una cosa che fece restare di sasso la ragazzina. Lei ebbe un sussulto. Il Suo petto prima parve ridursi e poi gonfiarsi e fermarsi a metà strada. Poi successe di nuovo e di nuovo il petto Le si fermò a metà strada. Lei aveva iniziato a fare dei piccoli singhiozzi ed Elaine poteva chiaramente vedere che il suo volto stava diventando più grosso e stava assumendo un colore rosso, tendente quasi al violaceo. Lei continuava a singhiozzare quasi cercasse di respirare ma non ci riuscisse. La sua bocca continuava a rimanere chiusa e le sue labbra erano contratte l'una contro l'altra. Sembrava che stesse soffrendo, ma stava comunque in piedi a guardarla solenne ed Elaine poté chiaramente vedere i suoi occhi che diventavano rossi via via che i capillari della retina si spezzavano. Le Sue labbra assunsero un colore scuro e bluastro e ad un tratto i suoi singhiozzi smisero ed il suo petto smise di muoversi con loro. Ci fu un silenzio mortale nel quale nemmeno Elaine stava più respirando.
Poi Lei, da ritta in piedi che era, cadde pesantemente tutta rigida come un fusto di legno sul pavimento di pietra della stanza di Elaine. Quando toccò il suolo si sentì un sinistro e umido crack ed un liquido rosso, che la ragazzina aveva imparato a riconoscere come sangue, iniziò ad uscire dalla sua testa.
Elaine rimase pietrificata ed in silenzio nella mezz'ora che successe alla Sua caduta. Stava aspettando che Lei si alzasse e che le desse la sua punizione. Non aveva mai sentito parlare di un attacco cardiaco. Non aveva mai sentito parlare di alcun tipo di malattia, in verità. Soltanto di peccati, gravi o lievi che fossero. Sapeva cos'era la morte, ma non riteneva possibile che fosse una cosa applicabile a Lei. Ma Lei non si stava alzando. Lei non si stava muovendo. Non stava parlando o andando verso di lei.
Stava semplicemente sdraiata a pancia in giù con la fronte che grondava sangue, immobile.
Elaine iniziò a chiamarla con voce tremante, dapprima sussurrando per paura di svegliarla veramente, fino a chiamarla a gran voce. Ma Lei non si era mossa. Non aveva nemmeno dato cenno di averla sentita.
Poi iniziò a pensare. A pensare che se lei non si stava muovendo, poteva provare ad andare in giro per casa. Forse, per la prima volta, sarebbe stata in grado di vedere la parte di casa che non le era mai stato dato di vedere dal giorno della croce. Poi un fremito di paura la interruppe nei suoi pensieri. Se Lei si fosse alzata, l'avrebbe punita di nuovo con il gatto a nove code e magari le avrebbe inciso un'altra croce.
Rimase ancora un'ora intera ad aspettare che si svegliasse. Il Suo sangue aveva iniziato a coagularsi nel pavimento.
Elaine decise che in quel momento sarebbe scesa dal letto, che lei si fosse svegliata o meno. Così, con estrema cautela, si tolse la coperta di dosso, rivelando il suo corpicino pallido e pieno di cicatrici, la croce che la faceva sembrare un cadavere sul quale era stata effettuata un'autopsia. Mise i piedi tremanti nel pavimento gelido ed ebbe un fremito strano quando fu in grado di stare in piedi da sola anche se barcollante. Di solito era abituata ad essere trascinata a forza giù dal letto e portata nella camera di Lei. Ora stava in piedi da sola nella sua stanza. La sua testa prese a girare come una trottola e per un attimo pensò che avrebbe perso conoscenza, ma poi tutto tornò ad essere fermo (inclusa Lei).
Elaine iniziò ad avanzare verso di Lei sempre attenta che non si muovesse. In ogni momento pensava che si sarebbe alzata e le avrebbe fatto pagare per essersi alzata senza il Suo permesso.
Elaine si comportava esattamente come si comporterebbe una vittima quando il suo carnefice dorme, ma lei non sapeva di essere una vittima, lei non aveva idea di che cosa fosse un carnefice, lei sapeva soltanto di essere una peccatrice e che doveva essere punita.
Aggirò il suo corpo in preda ad un terrore ceco. Quando fu alla porta, l'unico pensiero che le venne in mente fu che se si fosse alzata, probabilmente l'avrebbe uccisa. Ma Lei continuava a stare ferma con la faccia nel Suo stesso sangue. Elaine si girò sempre tenendoLa d'occhio e si avventurò per quel corridoio che era stato buio il giorno della croce, ma che ora emanava una luce che ai suoi occhi sembrava bellissima. Camminò con passo malfermo fino a raggiungere la porta del salotto che si trovava di fianco alla porta della Sua stanza. Il suo corpicino tremava in attesa che Lei venisse a prenderla con il gatto a nove code, ma non successe nulla. Quindi Elaine si mosse verso il tavolo, dove, in bella vista c'era un piatto contenente quello che sembrava un pezzo di carne cotta. Elaine aveva mangiato carne soltanto una volta. Si ricordava il gusto meraviglioso di quel cibo ed il suo stomaco prese a brontolare, nella sua bocca le ghiandole salivali si misero al lavoro. Con uno scatto quasi felino afferrò il pezzo di carne ed iniziò a strapparne dei pezzi a dentate assaporando quel gusto meraviglioso. Era un po' dura ed il primo morso le fece male ai denti, ma poi tutto passò e lei assaporò quel ben di Dio.
Nel mentre masticava alzò un attimo lo sguardo e vide dalla finestra il mondo di fuori. Non aveva mai varcato quella soglia senza di Lei prima. Lei l'aveva sempre portata a scuola e Lei l'aveva riportata a casa.
Ragionò che se Lei fosse rimasta così ancora per qualche minuto, forse poteva provare ad uscire da sola per qualche secondo. Tornò indietro a sbirciare tremante e con il pezzo di carne in mano per vedere se Lei stesse arrivando, ma vide soltanto le sue ciabatte sporgere dalla sua stanzetta ed i Suoi piedi dentro di essi e sospirò di sollievo. Poi, prendendo un coraggio che non aveva mai saputo di avere, si diresse verso la porta d'ingresso e la aprì. Rimase per un po' sull'uscio a guardare la strada al di fuori terrorizzata al solo pensiero di essere vista da un violentatore o da una picchiatrice o bambini deridenti. Il suo cuore prese a battere di nuovo come un tamburo quando fece il primo passo per uscire. Non si accorse minimamente che aveva camminato fino alle scale quando sentì un urlo agghiacciante e ad un tratto vide una donna che stava gridando cose che Elaine non riusciva a comprendere e che stava venendo verso di lei...e poi un uomo...e poi altri uomini e poi altre donne...e poi la testa prese a girarle come prima e poi il buio.

Quando riprese i sensi era sdraiata su qualcosa di morbido. Era un letto...era a casa...l'orrore la risvegliò completamente, ma appena aprì gli occhi fu investita da una luce fortissima e bianca che glieli fece subito richiudere con forza facendo una smorfia.
"Abbassate le luci!" disse una voce e pochi secondi dopo la luce fu più sopportabile e fu in grado di aprire gli occhi.
Davanti a lei si trovava una donna bionda dagli occhi marroni che indossava un vestito giallo a fiori. La donna la guardava ed in quel momento le vennero in mente le Sue parole.
Elaine gridò di terrore. Era una donna, l'avrebbe di sicuro picchiata. Cercò di scendere dal letto, ma degli uomini arrivarono per tenerla. L'avrebbero sicuramente violentata e poi mandata dai bambini tutta nuda perché la deridessero per le sue orribili cicatrici.
"Non violentatemi, vi prego, no!" urlava la ragazzina mentre continuava a dimenare il suo corpo esile. Era senza fiato e tentava inutilmente di liberarsi dalle mani degli uomini.
Poi due mani si posarono delicatamente sulle sue guance infossate e lei guardò negli occhi marroni della donna bionda.
"Sei al sicuro, nessuno ti farà del male!"
Elaine continuava a guardarla diffidente ma la donna continuò a ripetere quelle parole e la sua voce era talmente dolce che alla fine, la ragazzina si calmò e smise di dimenarsi. Aveva ancora un po' di paura, ma ora sentiva anche una strana quiete.
La donna bionda continuava a guardarla con dolcezza e le chiese:
"Come ti chiami, piccola?"
"E-Elaine..."
"Chi ti ha fatto queste cicatrici?"
Elaine si ricordò improvvisamente degli occhi gelidi, della faccia solenne, della forza brutale, della tortura, del gatto a nove code e le lacrime iniziarono a sgorgare a fiotti dai suoi occhi.
"Lei!" disse e scoppiò a piangere urlando
"Lei!"
"Lei..."
La donna dai capelli biondi la strinse a sé.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 29, 2021 ⏰

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