Giusto e Ingiusto

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Le mura sono grigie, come sempre, santo cielo, non potevano rendere questa topaia un po' più vivace con qualche colore o qualcosa di più felice? Certo che no! Perché dovrebbero? A nessuno importa delle condizioni di vita dei reietti come noi e della fine che fanno. Nel caso ve lo steste chiedendo, questa è una prigione, anche se non delle migliori, certo ci sono quelli che cercano di mettertelo nel didietro in doccia ma la sicurezza qui non è abbastanza. Ho sentito che solo settimana scorsa un idiota ha quasi scatenato una rivolta soltanto perché parlava troppo e diceva fesserie come: "Non ci trattano con rispetto!" Oppure: "Dobbiamo riguadagnarci i nostri diritti da cittadini americani!"
Cittadini? Chi era l'idiota che aveva detto a quel idiota che eravamo ancora cittadini americani? Sorrido solo al pensiero che ci sia gente qui che pensa di essere ancora parte del sogno americano e tutte le sue cazzate! Quel sogno non è mai esistito! E' tutta una bugia, ma chi non vive in una bugia al giorno d'oggi eh? C'è chi pensa che i loro politici siano uomini buoni, c'è chi pensa che (per quanto assurdo) il loro compagno o la loro compagna sia fedele solo a loro e a nessun altro/a e poi c'è chi pensa che i loro figli stiano vivendo in un mondo tranquillo e che nessuno cercherà di fare loro del male o di infilarsi nelle loro mutandine. Comunque sia, le mura mi danno un sacco di fastidio, sono talmente depressive che avrei preferito di gran lunga una bara tre metri sotto terra. Se ci fosse qualcuno con cui parlare, di sicuro glielo direi, ma io sono uno stupido, ecco che cosa sono. Ho ucciso il mio unico compagno di cella strozzandolo durante la notte con la mia coperta. Poi gli ho cavato gli occhi e staccato i denti per poi buttare tutto fuori dalla mia cella, in modo che tutti avessero una bella visione. Quando hanno scoperto quel reietto mi sono fatto una grassa risata al solo vedere le espressioni delle guardie. Santo cielo, erano forze dell'ordine e facevano come se non avessero mai visto uno senza occhi. No, non strappo volentieri gli occhi dalle mie vittime, lo faccio solo a chi lo merita, ho fatto di peggio e quello è uno dei motivi per cui sono dentro. Quando mi hanno arrestato non sono stato colto in flagrante, no, sapevo che stavano arrivando, semplicemente mi sono dato a loro, dopotutto sono le forze della giustizia, bisogna rispettarle e non dargli tanti affanni, avevo già ucciso altre venti persone o giù di lì prima che iniziassero a dubitare di me, ma, una volta che i sospetti erano fondati e loro sapevano chi cercare, perché scappare?
Quando mi hanno portato in corte mi hanno chiesto se avessi un avvocato, io non ho risposto, non sono uno che parla moltissimo con chi non mi aggrada, loro hanno interpretato il mio silenzio come negazione. Mi hanno dato un avvocato d'ufficio che avrebbe cercato di difendere un pluriomicida che sembrava un orso che aveva fatto un'operazione di chirurgia plastica per realizzare il suo sogno di diventare umano. Diavolo, nessuno gli avrebbe creduto nemmeno se avesse fatto le foto ad un altro uomo mentre commetteva i miei delitti.
Però quel tipo era uno in gamba e ha formulato un appello di infermità mentale. Il giudice, con quel suo cazzo di martello che tanto odio, ha detto che mi avrebbe visto il loro psichiatra e che se avessi dato prova di infermità mentale allora mi sarebbe stata data una pena più lieve, ma sarei stato rinchiuso per sempre in un ospedale psichiatrico...ma cavolo, la pena di morte non era disponibile? Ma non devo preoccuparmi del manicomio, sono sanissimo!
Adesso sto aspettando che mi mandino a controllare e me ne sto seduto sul quasi soffice e quasi comodo letto, solo, nella mia cella. Sono passati circa quattro giorni da quando mi hanno rinchiuso qui, ormai non ci conto nemmeno più su questa psicologa o qualunque cosa fosse, voglio solo la mia condanna e poi voglio pensare ad un modo di evadere per il resto dei miei giorni, come fanno molti qui. Le possibilità sono molte, anche se credo che una pensione sia la cosa migliore adesso.
Sento dei passi, una guardia sta venendo verso la mia cella. Si ferma davanti ad essa e con suo fare solenne ed autoritario (ma a chi vuoi darla a bere, pivello?) mi ordina di alzarmi e seguirlo. Cavolo, davvero mi ha chiesto di andargli dietro senza nessuna precauzione? Si fidano, a quanto pare, e anche troppo, potrei rompergli facilmente l'osso del collo se solo avessi voglia, ma decido di stare fermo, non faccio del male alla gente senza un motivo io. Le persone che ho ucciso avevano fatto dei piccoli pasticci, e i piccoli pasticci si risolvono in unico modo, vi lascio indovinare quale.
Mi porta al piano terra della prigione e poi prendiamo un lungo corridoio con tante porte che sembrava una versione stracciona del tunnel nero della morte. Non ci penso minimamente a fuggire, tanto qua avrò pane per i miei denti finché ne avrò voglia e nessuno potrà mai impedirlo per quanto ci provi, a meno che non mi mandino in isolamento...ma dubito che questa topaia abbia quel tipo di stanze.
Ci fermiamo davanti ad una porta verde e quando questo la apre mi viene rivelata una graziosa stanzina con tanti quadri ai muri, una luce accesa in un angolo che dà al tutto un tocco quasi magico, oserei dire. Se questo è quello che devo fare per la prossima ora, allora sarò felice di farlo!
In fondo a quel rettangolo murato, davanti una finestra, sta una cattedra che mi ricorda molto quelle delle scuole elementari, anche se non provo tanta gioia per ciò, sapete, andavo dalle suore, dove ogni respiro era seguito da sculacciate e bastonate. Dietro quella scrivania c'è una signorina graziosa che sembra troppo giovane per questo lavoro, non dico che potrebbe essere mia figlia, ma quasi.
Lei alza gli occhi da alcuni fogli e mi fissa con sguardo serio. Se non fossi in questa situazione, ci proverei sicuramente, ma anche per quello credo di essere troppo vecchio.
Mi viene detto di sedermi su una sedia girevole e, quando lo faccio, la guardia mi incatena a dei ganci che stanno fissi a terra. Ma tanto non deve preoccuparsi, io a questa non farò nulla...se non me ne da un motivo.
Il secondino si alza e con un saluto si allontana e mi lascia solo con la strizzacervelli.
Controllo le catene. Sono le classiche catene che usano nei film, solo che queste sono molto più grosse, forse hanno preso provvedimenti per uno come me, ma credo semplicemente che non si fidino in generale, allora questo è un punto in più sulla sicurezza mediocre di questo posto.
"Buongiorno, lei è Herbert Caspart, giusto?"
La guardo come se fossi al cospetto di una scema, sapete, quelle che fanno le figure peggiori davanti ad una personalità importante come un divo di Hollywood oppure il presidente degli Stati Uniti in persona.
"Chiamami Herb e dammi del tu!"
"Bene, Herb, sai perché ti hanno portato qui?"
"Mah, mi faccia pensare un po'; sono stato arrestato per aver ucciso tipo venti persone ed il mio avvocato ha fatto l'errore di chiedere l'infermità mentale, giusto, maestra?"
Il suo sguardo non cambia, wow, questa forse l'ho giudicata male.
"Mi perdoni, perché crede che sia un errore?"
"Perché è una perdita di tempo e lo sappiamo bene entrambi."
"Io non sono tanto convinta di ciò." dice scettica.
"Come mai? Ha forse delle speranze di accertare una qualche infermità in me?" Mi viene da ridere ma mi trattengo, non voglio risultare maleducato.
"Sì, esattamente!"
"E come mai crede di potercela fare?"
Lei sembra pensarci un momento.
"Beh, per iniziare, un uomo che uccide gente, soprattutto nel modo in cui lo fai tu, Herb, non mi sembra sano di mente."
"Signora, mi posso riferire a te così o posso semplicemente chiamarla Capitan Ovvio?"
"Oh, chiedo scusa, chiamami pure Helen."
Il suo tono è così innocente che mi vien da darle una carezza, anzi, lo farei se non fossi legato ma credo che la guardia lì fuori stia aspettando con il culo contratto il momento in cui io mi accinga a farle qualcosa. Sono un criminale cattivo e i criminali cattivi finiscono sempre sulla lista nera di Babbo Natale.
"Ora, Herb, sei stato trovato in una chiesa dopo aver ucciso un prete di nome Gustavo Mats."
"Sì, proprio il Don Gusmats." Dico annuendo con un lieve sorriso. Il ricordo di quel coso mi fa venire una certa eccitazione che posso definire rabbiosa, insomma, lo rifarei altre duemila volte.
"Qui dice che gli hai tagliato le braccia e le hai attaccate all'enorme crocifisso che si trovava su uno dei muri della chiesa e la sua testa è stata ritrovata con la faccia attaccata alla regione genitale di una delle sculture."
"Esattamente, è stata un po' dura trovare una colla per superfici organiche ma alla fine quella che ho usato ha funzionato bene!"
"E questo non le ha causato nessun tipo di fastidio?"
"Beh, diciamo che non mi ha fatto piacere vedere tutto quel sangue e la colla è stata veramente una spina nel culo ma, il lavoro è lavoro!"
"Lavoro?"
Annuisco con un fare professionale che non penso si addica molto ad una persona della mia statura, ma sul lavoro sono serio, che ci posso fare.
"Quindi facevi l'assassino di professione?"
"Cavolo, e io che pensavo di essere un macellaio!"
"Lavoravi su commissione?"
"A volte sì, ma altre era soltanto per svago, mi piaceva indagare."
"Quindi non avevi nulla di personale con le vittime?"
"Oh sì, l'avevo."
"Ah sì e cosa?"
"Beh, diciamo che avevano fatto cose che a me non piacevano."
I suoi occhi marroni sembrano accendersi, wow, la sto interessando. Non credo che molti uomini possono dire la stessa cosa su una donna del genere.
"E che cosa non ti piaceva, Herb?"
"Le ingiustizie, diciamo che le odio profondamente. Come lo chiamate voi...ehm, ah, sì, odio viscerale!"
"Beh, le ingiustizie sono molto soggettive, quindi non resta che scoprire il tipo che non piaceva a te specificamente."
"Tutte quelle per cui soffre qualcun altro. Ovviamente parlo di quelle gravi tipo qualcuno che picchia qualcun altro oppure atti di stupro o pedofilia."
"E il padre Gustavo in che categoria rientrava?"
"L'ultima!"
"Avevi prove concrete di ciò?"
"Ma certo, diciamo che ho avuto il mio tempo di osservarlo ed anche la donna che mi ha commissionato aveva delle prove!"
"Che tipo di prove?"
"Sua figlia era stata violentata e la piccola diceva che il prete le faceva fare cose brutte. Avresti dovuto vederla..." Stringo i pugni e sospiro gravemente, il solo pensiero che una povera anima fosse stata corrotta mi fa imbestialire.
"Quindi le tue vittime avevano fatto qualcosa di male al prossimo?"
"Certamente." dico annuendo.
"Ma, visto il fatto che avevi prove anche schiaccianti su questi, perché non li hai denunciati?"
"Perché la legge non funziona, Helen, non punisce mai chi deve essere punito, non importa la gravità del danno compiuto!"
"Mi pare che a te stiano punendo abbastanza."
"E come? Rinchiudendomi in questa topaia? Credimi, potrei scappare e nessuno se ne accorgerebbe!"
Il suo sguardo da serio diventa comprensivo. A quanto pare la signorina la pensa come me.
"Quindi tu sei alla ricerca di una punizione esemplare?"
"Si può dire così, sì!"
Lei sembra pensare qualche secondo alla prossima domanda ed inizia a storpiare le sue belle labbra mentre lo fa.
"Come mai ha questo odio verso l'ingiustizia?"
"Cavolo, perché, sono l'unico?"
"No, ma il tuo è un modo molto singolare di affrontare la cosa."
"Oh, singolare, ma certo, questo e altri termini che puoi trovare nel capitolo Parole del cazzo sul libro delle Minchiate! Dì brutale o orribile, fai prima!"
Lei si mette a ridere, sembra una risata sincera e non di scherno.
"E va bene, brutale. Dimmi, Herb, che rapporto hai con i tuoi genitori."
Cavolo, questa domanda è talmente buttata lì che sembra fatta a caso.
"Morti!" Rispondo secco.
"Fratelli o sorelle, ne hai?"
"Morti!"
"E come sono morti?"
"So a che stai pensando e non è così!"
"Io non sto pensando a nulla, ho solo fatto una domanda."
Il suo fare innocente ora sta iniziando ad irritarmi.
"Uccisi!"
"Da chi?"
"Degli uomini!"
"E tu perché sei rimasto vivo?"
"Ero all'asilo!"
Diavolo, mi sto irritando troppo, ma perché è andata a frugare così in fondo? E perché le sto dicendo queste cose? Ma che mi capita?
"Questi uomini, che tu sappia, sono mai stati catturati?"
"No!"
"E tu come fai a saperlo?"
"Sono stati le mie prime sette vittime!"
"E come sei riuscito a trovarli?"
"Conosco persone."
"Non vuoi andare oltre. Ok, non vuoi parlare di quello che provi?"
"Wow, come siamo dirette. Perché dovrei? E poi ho già detto tutto."
"Davvero?"
"Che vuoi che ti dica? Che ho passato periodi di depressione e sofferenza e cose così? Mi sembrano ovvie, no?"
"Quindi per sfogo hai ucciso quelle persone? Doveva proprio andare così? Non c'era nessun altro modo di fare le cose?"
"Non so, dimmi tu!"
"Potevi diventare un ottimo poliziotto, Herb, oppure un detective."
"Ci ho pensato, ma sarei diventato solo uno di quelli che non sono riusciti a catturare quelli che hanno lasciato orfano un piccolo bambino di quattro anni!"
"Quando hai deciso che avresti intrapreso questa strada, Herb."
"Appena ho compiuto i diciotto anni, insomma, non ho mai voluto perdere tempo."
"È stata una scelta difficile?"
"No!"
"E come mai le tue vittime sono solo venti in quarant'anni?"
"Perché ci vuole molto per avere le prove che se lo meritano. Ero un solo uomo, non potevo fare molto."
Lei abbassa la testa e chiude gli occhi per un momento e si copre il viso con i palmi delle mani. Apre alcune dita e guarda verso un orologio rotondo che si trova sulla cattedra davanti a lei.
"Herb, mi dispiace, ma il tempo che avevamo a disposizione è scaduto." Dal suo tono capisco che è veramente dispiaciuta.
"Qual è il tuo verdetto, Helen?"
"Sei sano, Herb, ma avresti potuto fare tutto in un modo diverso...avresti potuto fare tutto nel modo giusto!"
"Il significato di giusto è soggettivo, Helen. Quel che per me è giusto, per te potrebbe essere sbagliato,
é la vita!"
"Un ultima domanda, perché hai ucciso il tuo compagno di cella?"
Sorrido in preda all'eccitazione. Questo le fa cambiare espressione per qualche secondo e poi assume un espressione di studio come se volesse accertarsi di aver visto qualcosa in me.
"Perché qui sono in paradiso, Helen!"
"Paradiso?"
"Tu pensa se rinchiudessero in carcere un uomo come me...credo che ci sarebbe da divertirsi..."
La porta si apre, la guardia entra e mi slega. Io continuo a guardare negli occhi quella donna che fino a poco prima era così tanto sicura di sé. Mi alzo e vado verso la porta con il secondino che mi sta alle spalle.
"Mi dispiace veramente tanto, Herb." la sento dire mentre vado fuori. Annuisco, anche a me dispiace. la porta si chiude e prendiamo di nuovo il corridoio. Arrivati alle celle, ci dirigiamo verso la mia, io entro e mi siedo di nuovo nel posto in cui ero seduto prima e nella stessa posizione. Davanti a me adesso ho un coinquilino, un tipo tatuato e grosso quasi quanto me. Sorrido, mi prudono le mani, questi non imparano mai, per fortuna!

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