Siamo seduti in divano o meglio Jacopo è seduto e io sono steso con la testa sulle sue gambe mentre una sua mano gioca con i miei capelli e l'altra è appoggiata sul mio ventre intrecciata alla mia.
È tutto senza senso, ieri pomeriggio cercavamo ancora di starci distanti, ma dopo la notte appena passata a dormire assieme questa nostra vicinanza ora sembra quasi inevitabile. "So che eri sveglio quando me ne sono andato. Il tuo cuore batteva all'impazzata". Gli dico.
Sta guardando un talent di cucina e mi domando se non sia questo il lavoro che vorrebbe fare piuttosto di quello che sta studiando.
"Perché sei scappato?". Non cerca di mentire, va dritto a quello che gli interessa.
Sorrido nel sapere che pensa io sia scappato dalla situazione che entrambi avevamo creato. "Avevo appuntamento con mio papà. Ogni tanto gli piace fare quelle cose da ricchi e portarmi per i club in cui è iscritto per far vedere ai suoi amici che siamo ancora in buoni rapporti nonostante il divorzio".
Non distoglie lo sguardo dallo schermo, come se fosse troppo interessato a quello che fanno, ma so che invece ha ascoltato attentamente ogni mia parola.
"E non è così?". Domanda.
Non una parola sul mio modo di vivere, ma solo sul rapporto che ho con lui. "Non andiamo proprio d'accordo, cerchiamo però di coesistere assieme. Sa che non mi piace essere esibito per i suoi comodi, eppure è l'unica cosa che sembra sappia fare oltre a rimproverarmi". Ammetto.
"Non avevo la televisione a casa". Dice dal nulla poco dopo.
"Sei serio?". Indago.
"Non avevamo nulla a dir la verità. Solo il telefono, mia mamma un modello di quelli che facevano solo chiamate e messaggi, mentre io...".
Quello che ha ora. Uno vecchio, con poche funzionalità. "Quindi come passavi il tempo?". Gli chiedo curioso.
"Non che ne avessi". Mi fa sapere. "Andavo a scuola, studiavo, tornavo a casa, studiavo e poi andavo a lavorare in un pub". Alza le spalle.
"E tua mamma?". Appoggio la mano libera lungo la sua gamba per confortarlo.
"Prima di ammalarsi lavorava, ma dopo era sempre stanca. Per questo lavoravo. Avevamo comunque bisogno di soldi e quelli che ci davano non bastavano a coprire tutte le spese".
Un peso mi si appoggia sul petto e inizia a premere facendomi soffocare nella mia stessa malinconia. "Come stai?". Trovo il coraggio di chiedergli.
Arrotola una mia ciocca sul suo dito per poi passare l'intera mano tra i miei capelli, come se fossi il suo antistress.
"Ero preparato. Lo sapevamo e abbiamo avuto il tempo per affrontare il dolore assieme. Credo d'aver pianto tutte le mie lacrime prima della sua morte, con lei e senza di lei".
E in lui vedo tutta la sua forza. "Sapevi che saresti venuto qua?".
Scuote la testa, i concorrenti che nel frattempo continuano a sfornare piatti. "L'ho scoperto solo dopo, quando sono andato dal notaio, il giorno stesso che sono arrivato qui".
Alzo la mano e gli accarezzo una guancia cancellando quell'unica lacrima solitaria pregna di ricordi dolci amari. Non so come starei io se da un momento all'altro mi togliessero tutto quello che è mio per buttarmi in una nuova famiglia e solo ora mi rendo conto di quanto sono stato stronzo il giorno del suo arrivo. "Scusa".
Abbassa lo sguardo nel mio. "Avrei fatto lo stesso". Mi consola. Lui a me.
"No. Non è vero. Non ero contrario, ma quando ti ho visto sono andato nel panico, questa è la verità". Ammetto vergognandomi dei miei sentimenti.
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PERCHÈ SEI TU, NON PUÒ ESSERE SBAGLIATO
RomantikJacopo dopo la morte della madre si ritrova costretto ad accettare la sua custodia da parte di una donna che non consce, ma che condivide ugualmente un pezzo della sua vita seppur indirettamente. Damen all'improvviso si ritrova ad avere un "fratell...