19. Damen - Mi ci son trovato nel mezzo prima di accorgermi che fosse iniziato

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Sono esausto, sfinito. Quella notte dopo essere uscito dalla stanza di Jacopo non ho fatto altro che girarmi e rigirarmi nel letto e da allora continuo a dormire senza mai riuscire a riposare veramente. Ogni muscolo è teso e le spalle sembrano trasportare il peso di una guerra e sebbene il dolore fisico non sia piuttosto evidente, quello che mi lascia inerme è la distruzione mentale che si è creata nella mia testa. Vederlo in giro per casa con appresso sempre più spesso un ragazzo che non sono io, sapere che quando la porta della sua stanza viene chiusa è perché stanno scopando o guardarli mentre cucinano assieme parlando tranquillamente dei loro interessi, ha ridotto tutte le mie emozioni e tutti i miei sentimenti in un pulviscolo che semplicemente si disperde nell'aria tra di loro. 

Vorrei tornare indietro alla sera del nostro bacio, vorrei averlo fermato, avergli detto che avrei rotto con Alex per lui perché era quello che volevo davvero e che insieme saremo stati davvero felici. E invece mi ritrovo seduto sulla panchina all'ingresso della scuola mentre aspetto il mio ragazzo che è stato richiamato in segreteria per una comunicazione. 

Guardo l'ampio salone ormai vuoto e fisso lo sguardo nel punto esatto in cui era stato messo il banco dei baci per la festa di beneficenza riportando alla memoria ricordi che mi fanno pizzicare il naso. 

Mi manca, mi manca tutto quello che avevamo e tutto quello che eravamo. E passare con lui un'altra notte non mi ha di certo aiutato a mantenere l'ordine nella mia testa di quello che è giusto da quello che voglio. 

Sospiro e quando sento dei passi risuonare sul pavimento sposto lo sguardo. Un piede avanti all'altro, le scarpe da ginnastica che conosco si avvicinano sempre di più. "Fatto?". Domando ad Alex. 

Annuisce. "Mi hanno appena detto che hai la cena sta sera". Si ferma davanti a me. 

"Sta sera?". Non ho voglia, preferirei tagliarmi una mano piuttosto che uscire e incontrare qualcuno che probabilmente non conoscerò e con cui dovrò tra l'altro essere gentile. Onestamente pensavo che chiunque avesse speso tutti quei soldi per comprarmi si fosse anche dimenticato dell'impegno preso dato che oramai sono passati alcuni mesi e devo ammettere che ci speravo. "Ti hanno detto chi è?". 

"No". Allunga una mano nella mia direzione e senza oppormi la afferro per poi alzarmi e seguirlo fuori da scuola. "Non mi hanno nemmeno detto dove si terrà". 

"E quindi?". Inizio a preoccuparmi sul serio. 

"Passa un'auto a prenderti". 

Quanto mistero racchiuso in questa stupida cena a cui preferirei mandare la mia controfigura piuttosto che dovermi sorbire due ore di chiacchiere inutili e che non porteranno a niente. Sospiro. "Sembra romantico". Gli dico, celando i miei pensieri e provando a fare una battuta sulla situazione. 

"Vedi di non calarti troppo nella parte". E sebbene la sua vuole essere solo in risposta alla mia, sappiamo entrambi che dietro alle sue parole si nasconde un velato ammonimento, soprattutto dopo che nella nostra situazione qualcosa si è inevitabilmente rotto e che nessuno dei due riesce più ad aggiustare. 

"Non lo farò". Gli rispondo e per quanto la mia voce esca piatta, dentro urla di rabbia e ribellione che mi affretto a smorzare perché l'unico con cui dovrei essere arrabbiato sono io. 

Camminiamo sul marciapiede chiacchierando dell'ultimo compito che ci hanno consegnato e di un videogioco nuovo che è uscito e che avevamo detto di provare assieme ancora prima che succedesse tutto il casino che è scoppiato nella mia testa. Arrivati davanti casa mia ci fermiamo sul viale d'ingresso. 

"Se te la cavi presto puoi passare da me". Mi dice, le mani in tasca mentre dondola sui piedi. 

"Va bene, ma non so nemmeno dove sarà". Alzo le spalle, cercando di non illuderlo nell'aspettarmi. 

PERCHÈ SEI TU, NON PUÒ ESSERE SBAGLIATODove le storie prendono vita. Scoprilo ora