Restai a guardare lo spettacolo notturno degli astri per tutta la notte, anche quando Mazeo si fu congedato e il sonno vinse finalmente i miei compagni che si ritirarono presso i giacigli predisposti loro dai servitori.
"Hai bisogno di riposare", la voce di Efestione, adesso dietro di me, era calma tanto da risultare atona.
Non mi voltai, continuando a rivolgere lo sguardo alle stelle e a quell'orizzonte straniero, ora illuminato dal disco lunare: era come se gli dei avessero deciso di risparmiare quell'unico angolo di terra, Babilonia, dall'avvicendarsi degli effimeri secondi mortali, talmente tutto appariva inanimato e avvolto dal torpore della notte.
Per un arco di tempo interminabile, sentii di non esistere, di essere io stesso parte di quello scenario di immobilità e non mi riscossi finché non sentì una seconda volta la voce del mio compagno d'armi, lontana come un'eco che non si sappia da quale epoca remota provenga.
"Come sei arrivato qui?", domandai quindi, percependolo a pochi passi da me.
Avvertii il calore delle sue mani sui muscoli della schiena, e il suo tocco mi fu talmente familiare da sciogliere dal mio petto qualunque angoscia mi attanagliasse fino a quel momento, facendomi sentire di nuovo padrone del tempo che vivevo.
"La strada più breve mi è stata indicata da una serva, forse l'unica che i nostri soldati abbiano risparmiato stanotte", rispose, premendo le labbra sulla giugulare che sporgeva evidente sotto la pelle del mio collo. Lasciai che mi toccasse e chiusi gli occhi, sentendo nascere dentro di me quel desiderio che più volte da fanciullo avevo cercato di reprimere, finché non udii di nuovo la sua voce, il timbro morbido come la melodia delle corde di una cetra tra le mani di un musico.
"Tutto quello che vedi, Alessandro, non c'è luogo che più splenda e che più ti appartenga. Non c'è roccia o Persiano, né destriero o cubito di terra che tu non possa dire tuoi, ma non dimenticare mai tra tutto ciò che possiedi questo greco che sarebbe pronto a vivere la morte per te".
Disse, lasciando che le sue mani incontrassero le mie.
I suoi occhi, irradiati del chiarore lunare, diventavano i miei, mentre le nostre labbra si univano, riconoscendo il sapore di quell'unico amore al quale non avevamo mai saputo opporci.
"Tutto quello che vedi ti appartiene tanto quanto appartiene a me.", dissi, "Sei il Re di queste terre e di tutte quelle che avrò.
Sei Alessandro tanto quanto io sono Efestione."L'esercito rimase a Babilonia per poco più di un mese, prima che io comandassi la partenza per la capitale del regno, quella che i barbari chiamavano Parsapura e che noi Greci definivamo Πέρσης (Pérsēs ) e πόλις (pólis), cioè terra di Persia.
Mazeo mi congedò con i dovuti onori e rifornì largamente l'esercito, affidandomi parte delle sue truppe ausiliarie, costituite principalmente di mercenari e meteci provenienti dalle regioni germaniche, tanto larghi nel busto e nelle spalle e alti da sembrare esseri ferini.
Impiegammo più di un mese per raggiungere la città che al nostro arrivo decise di arrendersi, senza neanche che un solo soldato sollevasse una lancia contro il nemico.
Inviai uomini in ogni punto del regno, ma anche questa volta la perlustrazione si risolse a favore dei barbari: sembrava che Dario fosse stato inghiottito dalla terra stessa e che da essa fosse protetto e custodito.
Tracciai una nuova rotta e, nel maggio dello stesso anno, l'esercito macedone, adesso formato da 50.000 uomini ben addestrati, marciò su Ecbatana, a poche miglia di distanza dalla capitale.
"Un messaggero chiede di vederti, Alessandro", disse una mattina Clito, entrando con fare trafelato nella mia tenda.
L'espressione del suo volto lasciava intendere che si trattava di qualcosa di un'urgenza tale da meritare ascolto.
"Fallo entrare."
Il messaggero non si fece attendere e, dopo essersi prostrato ai miei piedi, pregò di essere ascoltato.
Doveva avere percorso un lungo tragitto: aveva i capelli scarmigliati, le labbra spaccate e le mani rovinate dalle lunghe giornate a cavallo, ma sembrava non volesse più aspettare, come se il segreto che custodiva fosse fuoco ardente che continuava a scottarlo e a bruciare rovinosamente dentro di lui.
"Parla, quindi va' a ristorarti. L'accampamento ti sarà dimora finché non ti sarai nuovamente rimesso in forze", chiosai.
Parlò con chiarezza, senza titubanza alcuna, riportando ogni parola di quel messaggio.
"A Rei si combatte una rivolta contro Dario.
Besso, Barsaente e Nabarzane, un tempo suoi fedeli soldati, lo hanno ridotto in prigionia, poiché egli sa che ti trovi qui e ha costretto i suoi uomini, sebbene stremati dalla fatica, a dirigersi verso le Porte Caspie per sfuggirti.
I fedeli di Dario lo libereranno, se non riuscirai a raggiungerlo in tempo.
Prepara i tuoi uomini migliori e marcia alla volta di Rei, Alessandro, prima che sia troppo tardi e il Re dei Re sia tratto in salvo."
Soppesai le parole che avevo appena udito e, dopo avere congedato il messaggero, mandai a chiamare Clito e gli ordinai di radunare i migliori opliti.
Quella stessa notte, galoppai alla volta della città a capo di un esercito di 500 uomini.
La traversata fu a tal punto estenuante che, quando all'alba del giorno dopo giungemmo a Damghan, dei 500 opliti iniziali ne restavano solo 60; gli altri erano morti di stenti, di sete o attaccati da stranieri locali.
Nessuno osò fermarsi per aiutare i compagni, nessuno interruppe mai la corsa.
Ogni istante che ci separava da Rei valeva più della vita stessa.
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Amantes Amentes
Historical Fiction"Alessandro pose una ghirlanda sulla tomba di Achille ed Efestione una su quella di Patroclo, volendo con ciò significare che era l'erómenos di Alessandro, così come Patroclo lo era stato di Achille". Eliano #1 deigreci 14/10/2019 #1 alestione 28/0...