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*Attenzione, questo capitolo contiene riferimenti sessuali espliciti tra due persone dello stesso sesso: se siete sensibili a questo tema, non leggetelo*

Con il forte scalpitio degli zoccoli del mio cavallo sulla terra e il vento a scompigliarmi la chioma dorata, ispirai a pieni polmoni l'aria di battaglia, al mio fianco uno dei miei compagni più fidati, all'altro Efestione.
Erano trascorsi altri due anni.
Non avevo più rivisto Rossane dopo che questa non mi aveva dato alla luce un figlio e, soprattutto, non l'avevo sposata, visto che il satrapo aveva negato la nostra unione con la scusa di aver trovato un partito migliore. Dunque, i Persiani erano ormai nostri nemici a tutti gli effetti: il re gliel'avrebbe fatta pagare. Quell'offesa era troppo grande e io rimanevo senza un erede al trono, avendo negata la possibilità di allevare il bambino a palazzo, poiché era stato prestabilito dalla stessa Rossane.
Mi ero convinto di pensare ad un modo per convincerla, ma che lo avrei fatto in seguito, essendo sovrastato da enormi impegni e battaglie continue.
D'altro canto, la minaccia dei Greci era sempre più pressante.
Il loro esercito assommava a 35.000 uomini, da una parte gli opliti, la fanteria pesante, dall'altra quella leggera; mentre l'esercito macedone contava di ben 30.000 soldati e 2000 cavalieri, pronti alla morte per la loro patria.
La strategia illustrata dal re era semplice: fingere una ritirata.
D'altronde, Filippo sapeva che gli Ateniesi avrebbero effettuato una carica in discesa o, nella peggiore delle ipotesi, avrebbero abbandonato la posizione.
Sentii Stratocle, il comandante ateniese, ordinare al suo esercito di continuare ad avanzare, prima di trovarmi faccia a faccia con un nemico che mi riservò uno sguardo di sfida.
"Li inseguiremo fin nel cuore della Macedonia" disse il capo degli Ateniesi, spronando il suo cavallo a camminare.
Udii mio padre sbuffare e ridere della stoltezza del nemico.
"Gli Ateniesi non sanno vincere" commentò, sussurrandomi all'orecchio la prossima mossa.
La falange rimase serrata, riparata dagli scudi dagli attacchi nemici, fin quando non ci spingemmo al di fuori del campo di battaglia.
Una volta guadagnato terreno vantaggioso, il re ordinò di fermarsi e le truppe si slanciarono sul nemico, concedendoci una prima vittoria.
Vidi mio padre sorridere soddisfatto, sguainando la spada dal fodero, pronto a sgozzare un nemico ateniese o forse tebano, prima che rompessi la linea nemica, seguito dagli Etèri, intimando i miei compagni ad aprire varchi nel fronte nemico.
"Più facile del previsto" commentò uno dei soldati, abbattendo una schiera di nemici, gettandosi a capofitto su uno sventurato caduto da cavallo.
Mi concessi qualche secondo per valutare le condizione di Efestione, distogliendo poi lo sguardo per ricominciare a combattere con un impeto assai maggiore.
Vidi i cadaveri accumularsi, quindi mi aprii la strada verso la schiera nemica, costringendola alla ritirata, ma prima che potessi avanzare in prima linea per decretarmi il responsabile della vittoria, re Filippo fece indietreggiare le truppe davanti a lui, raggiungendo il nemico.
"Siete forse soldati, voi?" urlò il re, la spada alta verso il cielo, sporco sul viso e sulle vesti.
I nemici si ritirarono velocemente, lasciando dietro di sé un silenzio rotto solo dallo scalpitio degli zoccoli dei cavalli sul terreno macchiato del loro sangue, non replicando all'offesa del re.
Filippo era soddisfatto.
"Uomini, voi siete veri soldati, voi Macedoni. Stasera, gioiremo per questa vittoria con una grandiosa festa, al contrario invece i nostri nemici piangeranno i loro morti e l'unica tavola che imbandiranno sarà per discutere delle perdite comuni; partiamo alla volta del castello, stasera sarà letizia per tutti. Donne, cibo e vino: questa sarà la corte di Pella oggi!" urlò all'esercito, burlandosi dei vinti.
Avvertii Efestione sempre più vicino, in groppa al suo cavallo e mi voltai nella sua direzione.
"Hai una faccia stremata, principe" mormorò, portandomi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.
"E un labbro spaccato" continuò, avvicinando l'indice sulla mia ferita che al contatto con la sua pelle cominciò a bruciare.
Gli sorrisi, posando le labbra sulle sue mani, prima di allontanarlo bruscamente affinché il re non si accorgesse di quell'attimo di dolcezza.
"Pensa alla tua di faccia, soldato" gli sussurrai ad un orecchio, scompigliandogli i capelli e annunciando agli Etèri la ritirata.
Galoppai Bucefalo diretto al castello, seguito a rotta dall'esercito, felice che persino quella battaglia fosse giunta al termine.

Amantes AmentesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora