10

1.1K 93 5
                                    

"Dev'essere tutto pronto per la partenza: radunate i soldati, preparate gli approvvigionamenti e allestite le navi" diceva il re, camminando nervosamente da un lato all'altro del suo studio.
Cleopatra, quel giorno di una grandiosa bellezza, attendeva che il re sprecasse alcune parole anche per lei e per le sue nozze prossime a venire.
In principio, si era rifiutata di sposare il fratello di sua madre, ma presto aveva acconsentito, riconoscendo in lui una fonte, lo si deve ammettere, di ricchezze di ogni genere.
Filippo, però, non la degnò di uno sguardo e continuò a sbrigare pratiche politiche e militari.
"Padre, perché mi hai chiamata nel tuo studio se poi non mi rivolgi la parola?" domandò Cleopatra con un disappunto crescente nel tono della voce.
Il sovrano interruppe ciò che stava facendo e dedicò la sua attenzione alla figlia, che attendeva impacciata dinanzi al suo tavolo dorato da più di un quarto d'ora.
"Cleopatra, mia dolce bambina, sono il re del regno di Macedonia e sai bene quanti impegni assorbano le mie giornate" mormorò con voce dolce, sfiorandole il viso con il palmo di una mano, prima che Cleopatra posasse su di esso un bacio affettuoso, puntando lo sguardo sull'orbita oculare ormai ricucita di mio padre, che un tempo ospitava il suo occhio arcigno.
Filippo aveva riflettuto sulle nozze di mia sorella quando ancora lei era una bambina e, adesso che era finalmente in età da marito, era pronto a lasciarla andare, sebbene questo abbandono fosse per lui immensamente doloroso.
Cleopatra, dal canto suo, amava suo padre più di ogni altra cosa e il pensiero di non rivederlo più la gettava nello sconforto.
"Ritornerò più tardi, padre, spero tu possa ricevermi" disse Cleopatra, facendo per uscire dall'uscio.
Filippo le sorrise con un macigno di mestizia nel cuore.
In fondo, mancava un solo giorno al suo matrimonio e voleva stringerla tra le sue braccia almeno un'ultima volta.

Al pomeriggio, Cleopatra mi raggiunse nelle mie stanze, così fui costretto ad abbandonare Efestione in giro per i boschi, dove stavamo cacciando per nostro diletto.
Sapevo che mia sorella mi avrebbe detto addio per sempre e sentii l'angoscia avvolgermi, ma tentai di sopprimerla.
La strinsi tra le mie braccia non appena la vidi, ispirando l'odore della sua pelle dal profumo di fiori.
"Sorella mia" sussurrai al suo orecchio, baciandole le guance.
"Fratello, non voglio lasciarti, non voglio lasciare nessuno di voi" mormorò in un pianto, stringendosi al mio petto come quando eravamo bambini.
Le misi un ciuffo di capelli corvini dietro l'orecchio e vidi una lacrima attraversargli il volto.
"Sarai per sempre nel mio cuore" disse, incrociando il mio sguardo.
Accennai un mezzo sorriso, per poi stringerla un'ultima volta al petto.
"Vienimi a trovare al più presto, regina d'Epiro" ribattei, sfiorandole il viso.
Accennò una risata e mi posò un bacio sulla guancia frettolosamente.
"Pensi che sarò felice?" mi chiese di colpo, mettendosi a sedere sulle mie ginocchia.
Annuii, inclinando il capo leggermente.
"Ho solo paura di crescere" mi confidò, sbuffando con preoccupazione.
"Anch'io, ma ce la farai, come sempre" le risposi.
Vi fu un attimo di silenzio, rotto solo dal cinguettio degli uccellini appollaiati sugli alberi.
"Vado via tranquilla, perché so che quando ritornerò ci sarai tu ad accogliermi".
Mi sorrise dolcemente con una sincerità tale che sentii il mio cuore spaccarsi in due al pensiero della forte mancanza che avrei dovuto sostenere.
"Sempre, dolce sorella, sempre".

Delle ore dopo, Cleopatra discusse della sua unione, fortemente approvata, con Filippo e della sua partenza per l'Epiro.
Era tutto pronto per il viaggio, i nostri cuori però non lo sarebbero mai stati.
Non pensavo che avrei provato uno sconforto del genere quando lei se ne fosse andata, ma questo non potevo ancora saperlo in passato.
L'avrei vista poche volte all'anno e il pensiero mi tormentava.
Mi strofinai il volto nell'acqua gelida e afferrai una lancia, diretto ai boschi dove al mattino avevo cacciato con Efestione e mi meravigliai nel trovarlo ancora là, seduto su un masso.
"Come stai?" mi chiese, riconoscendo i miei passi nonostante mi rivolgesse le spalle.
Ingoiai un nodo che mi si era formato in gola e mi feci più vicino.
"Ho vissuto giorni migliori" risposi, sfiorandogli una spalla e facendolo voltare di scatto.
Mi sorrise con gentilezza e mi fece accomodare accanto a lui.
"Non comprendo il tuo dolore, Alessandro, perché non ho fratelli, ma so bene che è forte e vorrei aiutarti a sostenerlo" mi sussurrò ad un orecchio, scostandomi una ciocca di capelli dal viso.
"È come abbandonare un pezzo di cuore" gli spiegai, inclinando leggermente il capo e guardandolo dritto negli occhi.
Mi strinse in un abbraccio e mi sentii pervaso da una forte calma.
"Il semplice fatto che tu sia qui mi fa stare meglio" sussurrai, la voce spezzata.
Aumentò la stretta e sospirò tra i miei capelli.
"Adesso so cosa provi: proprio ciò che sento quando tu vai via".

Amantes AmentesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora