L'appuntamento p3

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"Byorn, chi sono? Dei tuoi amici?" chiese Kim fissando lo specchio con sguardo curioso. I due ragazzi dovevano avere massimo venticinque anni, e Kim notò una somiglianza tra la forma del naso e il bel rosso ramato dei loro capelli.

Nel ricordo i due ragazzi stavano ridendo e chiacchierando di quello che avrebbero potuto affrontare nei primi giorni nel loro nuovo lavoro . A quanto pare la ragazza doveva iniziare il suo turno da infermiera tra due settimane, mentre il ragazzo sarebbe partito per l'esercito due giorni dopo. Ma da come erano vestiti, il ricordo non era ambientato nel 2019: gli abiti antiquariati sembravano risalire addirittura agli anni trenta. Se era così, Kim doveva ringraziare il suo prof di storia per i numerosi film storici visti a lezione.

"Si, erano i miei migliori amici ma molti anni fa" disse Byorn con tono basso. "E cosa gli è successo?" chiese Kim ingenuamente. "Sono morti" disse il demone con voce cupa. Con la coda dell'occhio Kim notò che Byorn si era irrigidito dopo quella risposta e si diede della stupida: certo che i due dovevano essere morti, in fondo dovevano essere passati anni dall'ultima volta che li aveva visti.

Kim posò la propria mano sulla superficie dello specchio e ripensò alla cena di poco prima. Il ricordo cambiò subito e Kim sorrise soddisfatta per la sua idea al dir poco geniale: almeno sarebbe uscita da quella situazione imbarazzante con originalità.

Byorn sembrò approvare silenziosamente quel gesto, e sorridendo con malinconia appoggio la propria mano sulla spalla di Kim. "Devo ammetterlo: quando vuoi sei veramente gentile, sai?". La ragazza arrossì per il complimento, e cercò di nasconderlo ridendo ma con imbarazzo. Il suo sguardo si posò sull'orologio che aveva al polso e mentalmente esultò: era quasi l'orario del coprifuoco e se non fosse tornata in tempo a casa zio Arthur l'avrebbe linciata per bene.

"Byorn" sussurrò. "Si? Tutto bene?". "Tra un po' è l'ora del coprifuoco. Devo tornare a casa". "E che succede se non torni? Arthur farà assaltare la villa dall'esercito americano?" chiese Byorn ridendo. "Effettivamente ne sarebbe in grado. Quindi, a meno che tu non voglia diventare un vagabondo meglio che vada tipo ora" disse Kim.

Si divincolò leggermente dalla stretta di Byorn e trottolando si diresse verso la porta, sospirando per il sollievo che il demone non avesse notato il suo rossore. Almeno avrebbe finito la serata con la decenza ancora intatta.

Nello stesso momento Rosalya stava respirando l'aria fresca appoggiata al cornicione della finestra della sala da ballo. Dopo aver passato l'aperitivo e la cena con le ragazze, aveva deciso di passare del tempo da sola ripensando ai vecchi tempi: i numerosi balli e cene passate nei castelli degli aristocratici difficilmente si dimenticavano, e Rosalya si sognava ancora tutto quel lusso sfrenato.

Rosalya, così come Byorn, proveniva da una famiglia nobile. La famiglia Arstone era una delle poche famiglie demoni che riusciva a passarsi lo stesso potere a tutti i membri, per poi venire spediti come consiglieri alle altre famiglie. Rosalya Arstone ebbe la fortuna di finire in quella di Byorn, mentre il resto dei suoi fratelli era finita in povertà o addirittura uccisi per colpa di scelte sbagliate dei loro padroni. Ormai aveva smesso di sentirsi triste per la loro sorte: fin da piccola era stata allenata a controllare i suoi sentimenti, e dopo qualche settimana dalla tragedia era entrata in uno stato profondo indifferente verso la vita privata e il mondo esterno.

Il demone sospirò tranquillamente mentre guardava la città oltre la fila delle ville, poi guardò la sala vuota alle sue spalle. Si chiese come doveva essere la vita normale che i paesani vivevano, e si chiese come dovevano essere stati i ventitré anni passati senza di loro. E se... Rosalya si paralizzò all'improvviso, osservando la luna crescente come se le stesse dicendo qualcosa di estremamente importante. La maschera che indossava iniziò a riflettere strani bagliori bluastri, mentre sulla pelle apparvero dei lunghi ghirigori di luce bianca.

Spalancò la bocca per lo stupore e per poco non sia accascio per terra dallo stupore. "Devo subito avvertire Byorn e Kim. Ora" pensò solo precipitandosi fuori dalla stanza.

"Beh, grazie mille per la serata e per la cena. Ci beccheremo in uno di questi giorni, se vuoi" disse Kim mentre usciva dalla porta d'ingresso. "É stato un piacere. E comunque, certo che ci vedremo in futuro: Orchidea della Luna è molto piccola, sai?" disse Byorn in tono scherzoso. Kim annuì lentamente. "Quindi... buona notte. Bye Byorn" disse mentre lo salutava imbarazzata. "E a mai più" pensò invece.

Si avviò verso la folla trattenuti dai due poliziotti e nel mentre scrisse allo zio che la cena era terminata e che stava tornando a casa. Arthur gli rispose un millisecondo dopo con l'emoji del pollice alzato. "Accidenti, quest'uomo è più stressato di mamma" pensò svogliatamente.

Con la mano libera cercò le cuffiette che si era ficcata in borsa in tutta fretta prima di uscire, mentre con l'altra controllava sul telefono se gli era arrivato qualche messaggio dalla madre o da Camille.

Non si era nemmeno accorta del gruppetto di ragazzi che erano riusciti a passare il controllo dei poliziotti e che gli si stavano avvicinando in modo minaccioso. Fu solo quando il capo, un ventenne dai lunghi capelli biondi e dai vestiti troppo larghi per lui, si piantò davanti a lei osservandola con occhio critico.

"Guarda qua, la nuova fiamma di Byorn. Com'è andata la serata ragazzina? Vi siete divertiti tu e il demone mentre inventavate nuovi modi per torturarci?" chiese con tono arrogante e provocatorio. Kim alzò lo sguardo su di lui, e con il tono più freddo che una persona potesse tirare fuori nel giro di pochi secondi disse: "Ma farti i cazzi tuoi no?".

Il ragazzo la fissò immobile, poi allungò il braccio destro verso di lei. "Senti piccola stronza, se non mi porti rispetto giuro che ti ammazzo" disse sibilando freddamente. In tutta risposta Kim gli afferrò il braccio, e con tutta la forza che aveva, lo buttò per terra con estrema facilità. Poi piantò il piede destro nella pancia del ragazzo e gli stortò il braccio fino a farlo urlare per il dolore. Qualche membro del gruppetto provò ad intervenire, ma si immobilizzarono appena lo sguardo di Kim si posò su di loro. "Non hai capito tu, piccolo stronzo. Se non mi lasci in pace ti ammazzo io con le mie mani, capito?" disse poi al capo. "Si! Ora lasciami il braccio! Mi fai male!" sbraitò il ragazzo con tono impaurito. Kim gli lasciò il braccio solo dopo un'altra storta, e con tutta la fierezza possibile se n'è andò lasciando il gruppo di bulli alle sue spalle.

"Accidenti, è brava la ragazza" disse Opal. Insieme a Rosalya, Byorn, Caryn e Pearl avevano osservato dalla porta d'ingresso l'intera scena con ammirazione misto a spavento. Nessuno dei presenti si era immaginato tutta quella forza nella ragazza, ed erano del tutto certi che sarebbe dovuto intervenire Byorn per aiutarla.

"Sicuramente è stato più divertente di vedere Caryn cadere dalle scale" disse Pearl in modo scherzoso. "Se continui a ripeterlo sarai tu a cadere dalle scale, e sicuramente non sarà accidentale" replicò Caryn con tono carico di sdegno.

"Ragazze, voi entrate. Io mi occupo di loro" disse Byorn iniziando a togliersi la maschera. Le quattro non replicarono e rientrarono nella villa, chiudendo la porta dietro di loro.

Il terreno intorno ai piedi di Byorn si pietrificò velocemente mentre il demone si tolse la maschera dalla faccia, e con un sorriso perfido si avviò verso il gruppo di bulli.

Sogno demoniacoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora