Rabbia, confusione e tè

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"Non è possibile che Kim sia così tanto in confidenza con... lui. Ha ucciso mamma, eppure va d'accordo come se fosse una persona qualunque" pensò Kevin. Con sguardo sbalordito e a tratti folle fissava la schiena della cugina mentre prendeva le tazze da tè da uno sportello. Byorn invece stava preparando l'acqua in un pentolino, e quando una nuvola di fumo iniziò a fuoriuscirne, prese da una scatolina finemente decorata dei pezzi di tè nero. Li fece scivolare delicatamente nel pentolino, poi aiutò Kim a portare il servizio da tè sul tavolo.

"Ecco qui. Byorn, dove trovo i biscotti?" chiese Kim con un sorriso in volto. "In quello sportello in basso: ci sono diverse scatole, ma i biscotti per il tè sono nella scatola nera" spiegò il demone. Kim scoppiò a ridere: era una risata piena di gioia, cosa che non succedeva negli ultimi tempi. Quando è stata  l'ultima volta in cui Kevin aveva sentito ridere la cugina di gusto?

La sua mente si concentrava invano alla ricerca di quel ricordo specifico, osservando nel mentre Kim prendere in giro Byorn per il suo modo sistematico, tanto da dividere i biscotti della colazione da quelli per il tè. I due scherzavano come se fossero in sintonia, quasi se si conoscessero da sempre. Al povero ragazzo quella situazione sembrava solo un brutto incubo da cui si sarebbe svegliato molto presto.

Ma l'unica cosa a svegliarlo dal suo stato comatoso  fu il rumore di porcellana su legno. Alzò la testa, ritrovandosi a fissare una tazza di un delicato colore azzurro. La bevanda che conteneva rilasciava un delizioso aroma, che appena raggiungeva le narici del ragazzo quelle fremevano dal bisogno di berlo.

"Sembra così... Buono. Sicuro che posso berlo?" chiese Kevin quasi scandalizzato. Quella tazza era un'opera di leggeri accostamenti di colori, così diversi da sembrare una creazione apposita da contemplare. Gli pareva ingiusto rovinare quell'opera d'arte, ma bastò guardare la cugina e il ... demone per capire che fosse l'unico a farsi delle paranoie. Il demone sorseggiava il tè a piccoli sorsi, con aria così sofisticata da sembrare di un'altro pianeta. Kim cercava in tutti i modi di copiarlo nei movimenti, rotti solo da dei brevi risucchi che faceva con la bocca.

Con ardore, Kevin prese la tazza e la portò alla bocca. Ci soffiò sopra per freddarlo un poco, e per poco si soffocò appena bevve il primo sorso: era così paradisiacamente delicato da sembrare di galleggiare tra le nuvole. Incredibile, visto che le stesse mani che l'avevano cucinato si erano macchiate di un omicidio.

Strinse i denti per la frustrazione. Se quel maledetto... Sbatte la tazzina con così tanta forza sul tavolo che il suono prodotto della ceramica sembrò un rumore di frantumi. Kim lo colpì con un'occhiataccia, mentre Byorn alzò la testa di scatto per guardarlo con curiosità. "È successo qualcosa?" chiese.

"Certo!" avrebbe voluto dirgli. "Hai ucciso mia madre. Hai minacciato i miei cugini. Hai preso in giro mio padre e Camille. E ora mi stai preparando un tè, e io sono felice anche se non dovrei". Il suo telefono squillò all'interno della sua tasca per qualche secondo, e a Kevin bastò leggere il messaggio sullo schermo per capire di essere in ritardo per la call successiva.

Si alzò di scatto facendo intendere alla cugina di dover andare in un posto appartato per lavorare . "Vai al piano di sopra: trovi un salottino privato nella terza porta a sinistra" spiegò Byorn. "Grazie mille! Troppo gentile!" esclamò il ragazzo prima di correre via, pentendosi immediatamente di aver
appena ringraziando l'assassino della madre.

 "Grazie mille! Troppo gentile!" esclamò il ragazzo prima di correre via, pentendosi immediatamente di aver appena ringraziando l'assassino della madre

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"Allora, com'è andata con Byorn? Ti è piaciuto?" chiese Kim. I due se ne erano andati da casa Byorn appena le call di Kevin si erano fatte troppo pressanti. Le ragazze erano rimaste silenziose per farlo lavorare, e Byron aveva portato un'altra tazza di tè tra una pausa e l'altra per farlo bere, ma i due cugini avevano deciso di levare le tende per non risultare troppo fastidiosi.

Kevin sperò con tutto sé stesso che quelle call camuffassero in modo efficace il suo desiderio di non parlare con il demone, rispondendo alla domanda della cugina con tono  rilassato ma al contempo realista. "Sinceramente? Non lo so. Un tè non è abbastanza per conoscere una persona" disse. "Hai ragione. Dovremmo andarci un'altra volta" borbottò Kim. Prese il suo telefono per guardare i programmi sul calendario, ma Kevin la fermò immediatamente con un secco "No".

La cugina la guardò sorpresa e incuriosita. Kevin capì quanto quel no potesse risultare un rifiuto da bambino piccolo, e cercò di rimediare con una scusa da uomo adulto. "Parto domani, e non so quando torno. Non voglio infastidirti per niente" obiettò. Kim lo fissò, analizzandolo per capire se in qualche modo stesse mentendo.Poi alzò le spalle, accettando quella bugia come una verità.

E Kevin si sentì a posto, sicuro e soddisfatto di non dover mai più vedere quel demone in vita sua.

Sogno demoniacoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora