Capitolo 1

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Dean odiava i musical. L’aveva capito quando il suo adorato fratellino l’aveva portato con sé fino a Broadway per vedere una stupida replica di Wicked.
-Andiamo,si vede che non è davvero verde.-borbottò, e Sam gli fece cenno di star zitto, perché a lui la trama piaceva. E il ragazzone si commosse perfino, sentendo “Defying Gravity” e cantandola a squarciagola, mentre Dean si lamentava del fatto che avrebbe preferito vedere Rock of Ages, che okay, era un musical, ma almeno le canzoni sarebbero state decenti.

Dean non sopportava il fatto che il fratello lo costringesse ad uscire quasi tutte le sere per avere casa libera per le sue conquiste improvvisate.
Così per una volta aveva deciso che si sarebbe divertito anche lui. Montò sull’Impala, l'auto che il padre gli aveva lasciato (“a Sammy la casa,a me una macchina che puzza di vecchio” amava spesso ripetere) e prese a girare per i locali della New York dei bassifondi, quella che frequentava ormai da quando il caro fratellino aveva capito di avere un pene e aveva iniziato a sventolarlo a destra e a manca in qualsiasi locale di stripper in circolazione.
E dire che di solito era lui quello pervertito e… beh, puttaniere. Solo che non lo faceva da una quantità di tempo così spropositata che probabilmente si sarebbe ritrovato le ragnatele nei boxer.
Entrò in un locale squallido, si sedette al bancone ed ordinò una birra. Una GROSSA birra. La bevve tutta, in due sorsi, e ne chiese un’altra. Fece la stessa fine della prima.
-E ora… diamo il via alla nottata karaoke!-esclamò una voce dal piccolo palco in fondo al pub.-Andiamo, abbiamo qualche volontario?-continuò, cercando di convincere le persone.

Dean non sapeva nemmeno perché l’avesse fatto, ma aveva alzato la mano e si era alzato barcollando, dirigendosi verso l’uomo che aveva presentato la serata, che stava salutando la coppia che aveva cantato prima. Complice qualche birra di troppo (ne aveva bevute circa cinque nel frattempo) e l’esasperazione (erano passate cinque Don’t stop believin’ e due A whole new world,le sue orecchie non ne potevano più) aveva trovato le palle per salire su quel maledettissimo palco e prendere in mano il microfono, biascicando il titolo della prima canzone che gli era venuta in mente. E poi di fianco a lui comparve un’altra figura.
Era un uomo, quello era evidente, e a quanto pare era ancora abbastanza sobrio. Forse l’avevano trascinato su con la forza. Prese fra le mani il microfono, tremava. La coscienza ancora non del tutto sbronza di Dean venne attraversata dall’idea di dirgli che era solo uno stupido karaoke, e che tanto quella gente non lo conosceva, né lo avrebbe mai fatto.
E invece la base partì, e il ragazzo si ritrovò a cantare le prime strofe di “Livin’ on a prayer” dei Bon Jovi. Che poi lui, i Bon Jovi, nemmeno li sopportava.
-Tommy used to work on the docks, union’s been on strike, he’s down on his luck, he’s tough … so tough 
-Gina works the diner all day … workin’ for her man, she brings home her pay for love … for love … -la voce dell’altro era roca, incerta, zoppicante. Sudava freddo, Dean lo percepiva. Così appoggiò l’avambraccio sulla sua spalla, come se fosse stato amico suo, e riprese a cantare a squarciagola il resto della canzone, fino a metà del ritornello, quando anche l’uomo decise di prendere fiato e di unirsi al ragazzo in quella stranissima ed imbarazzante serata.
-Oh,we’re half way there!
-Oh, livin’ on a prayer! 
-Take my hand, and we’ll make it, I swear! 
-Oh, livin’ on a prayer,yeah!-e la musica finì, lasciando che le luci si accendessero e facendo in modo che Dean vedesse in faccia con chi aveva condiviso quell’attimo così inusuale. Anche se non era completamente lucido (cinque birre a stomaco vuoto non erano propriamente una passeggiata da smaltire) riusciva a distinguere i tratti dell’uomo. Beh,uomo… ragazzo. Avrà avuto la sua età, forse qualche anno in meno. Scoppiò a ridere, e trascinò giù dal palco quel povero moccioso impaurito.
-Bella interpretazione.- commentò, attaccandosi all’ennesima birra al bar. -Ti offro qualcosa?-domandò poi, notando che il ragazzo sembrava avere qualche problema con la socializzazione. Infatti si limitò ad annuire e a stringersi nel trench color kaki che indossava, e a sistemarsi la cravatta blu notte che portava sopra ad una camicia bianca immacolata.
Dopo due birre, finalmente il ragazzo riuscì a sbottonarsi un po’ di più.
-Quindi fai l’università?- domandò Dean dopo un po’.
L’altro annuì:-Teologia. Ma non sono un fanatico della religione.- spiegò, facendo spallucce. -Tu che fai?
-Uhm… non ho un lavoro fisso da mesi.- spiegò, quasi imbarazzato.-Ora lavoro in un negozio di dischi, e ogni tanto lavoro alla tavola calda di zia Ellen, la Roadhouse.
-Aspetta,quella sulla Quinta? Non ci sono mai stato.-abbassò la testa, grattandosi la nuca.
-Ah no?-ridacchiò Dean,s crollando la testa.-Comunque io sono Dean, Dean Winchester.
-Castiel, Castiel Novak.-e si strinsero la mano.

As long as you're mineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora