E così ho incontrato quella stronza di Michelle

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Mitch in classe portava le lenti a contatto.

Solo da adulta avrebbe cominciato ad indossare gli occhiali, che le davano un'aria sveglia e intelligente. Peccato che Mitch non fosse né sveglia né intelligente.

Io non sono un esperto di standard di bellezza femminili, ma dubito anche che Mitch fosse particolarmente bella. Aveva un comune paio di occhi castani, un paio di labbra comunemente carnose, un comune naso all'insù e una molto, molto comune moltitudine di cicatrici d'acne su mento e guance. Forse di poco comune aveva le dimensioni abbondanti del seno, ma ho sempre sospettato (e lo sospetto ancora) che fossero frutto di un'imbottitura.

Non dico che non fosse carina, anzi Mitch era carina, ma comune. Peccato che la carina e scontata ragazza sarebbe appassita presto, con tutto l'alcool ed il tabacco che si sarebbe ritrovata in corpo. Ora della sua bellezza comune non rimane che un ricordo.

Non che io possa criticarla: la mia, di bellezza comune, sarebbe cominciata ad appassire ancora prima

Ma una tale scontata bellezza non poteva fare da volto alla tutt'altro che scontata, frizzante personalità di quella ragazza che è sempre stata Mitch. Forse è per questo che ogni mattina prima di arrivare a scuola si ridipingeva la faccia da cima a fondo: non gliel'ho mai chiesto. Sta di fatto che fuori dalla sua camera (unico posto in cui stava struccata) il volto di Mitch era tutt'altro che scontato.

Io sono l'ultimo ammiratore della bellezza femminile e l'ultimo ad apprezzarla, ma c'era qualcosa nello sguardo di Mitch che mi catturava. Tutto il suo volto si trasformava in una maschera, da amare come si ama un'opera d'arte, non una donna.

Una maestria invidiabile ed una altrettanto invidiabile dose di pazienza trasformavano i comuni occhi di Mitch in due pozze castane magnetiche e autunnali, da cui era impossibile distogliere lo sguardo: erano innaturali, quasi come di una visione. Occhi da gatta li avrebbe chiamati qualcuno, ma per me erano gli occhi di un dipinto, realistico ma appassionato, sfuggente.

Tutta la maschera di Mitch sembrava un ritratto disegnato da un affabile pittore: la pelle era candida come neve, rosata nei punti giusti e luminosa su naso e zigomi. Le labbra luccicavano, rosse come sangue e carnose come fragola. Labbra da baciare, ma che nessuno aveva il coraggio di sfiorare.

Ma non erano né labbra da baciare, né il seno abbondante e neanche la pelle candida a catturami. Erano i suoi occhi castani che non riuscivo a smettere di fissare, anche nel primo momento in cui l'ho incontrata. Occhi d'autunno, magnetici, sempre lucidi, da cui ero totalmente ipnotizzato. In futuro avrei cominciato a subire questo effetto anche dagli occhi veri di Mitch, quelli struccati e occhialuti. Era proprio lo sguardo che mi catturava, il modo in cui teneva le palpebre pesanti, come sbatteva le ciglia, come le sue guance si rigavano di lacrime.

Fu proprio così che mi accorsi di lei, rimanendo intrappolato nei suoi occhi lucidi.

Stupida, dolce, fantastica Michelle: non smetterò mai di pensare a te, lo so, so che i miei rimorsi non se ne andranno mai.

Che ne è stato della nostra amicizia?

È tutto finito?

-Tutto finito? Sanguini ancora?- mi chiese Mitch estraendo un altro fazzoletto dal suo pacchetto con un gesto sgraziato. Aveva la voce colma di preoccupazione, come un'infermiera. Il fruscio del pacchetto mi distrasse dai suoi occhi castani e mi riportò alla realtà.

Sembrava finta.

Allontanai la carta ormai zuppa dal mio volto per controllare l'emorragia ed un altro rivolo di sangue colò dalla mia narice alle mie labbra. Il sapore metallico mi inzuppò la gola mentre afferravo il fazzoletto che la ragazza mi porgeva per premerlo sul naso. In poco tempo si tinse di rosso anche quello, sotto lo sguardo della mia compagna. In qualche modo sapevo di meritarmelo, quel pugno, per aver abbandonato Hope. L'odore acre del sangue era come un monito, una punizione. Jay e laltro ragazzo avevano già portato Hope in presidenza, come la Dawson aveva ordinato prima di entrare di nuovo in classe per continuare la lezione; la ragazza invece era rimasta con me.

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