Tancredi si trovava sul materassino in palestra; aveva deciso di passare lì tutto il pomeriggio per sfuggire alle continue domande dei suoi compagni. Pensava alla sera prima, quando, complice l'adrenalina e il dispiacere per l'eliminazione di Enula, era scoppiato in un pianto rumoroso, che aveva attirato tutti gli abitanti della casetta: gli amici lo avevano circondato, avevano cercato di consolarlo con abbracci e frasi di circostanza. Tutti tranne Aka. Lui lo guardava da lontano, lo scrutava con gli occhi preoccupati e fissi sulla sua figura, e seppur non gli fosse vicino come gli altri a Tancredi sembrava che fosse l'unico ad averlo capito realmente.
In realtà questa era una sensazione che il milanese aveva sempre avuto, fin dai primi momenti.
Il loro rapporto non era iniziato nel migliore dei modi: quando Tancredi era entrato nello studio a febbraio, per sfidare Evandro, aveva sentito gli occhi vispi del napoletano scrutarlo quasi con fastidio; questa sua idea non era scemata di certo con l'entrata in casetta, quando sempre con lo stesso atteggiamento il biondo aveva sussurrato un semplice ''Piacere, io sono Aka7even'' e si era dileguato poco dopo, poco interessato al ragazzo.
Tancredi era spaesato e si era ritrovato da un giorno all'altro a condividere lo spazio vitale con più di 10 persone che non conosceva. Dopo qualche giorno si era però già ambientato, catturando la simpatia sincera di ognuno dei coinquilini, con cui scambiava chiacchiere, consigli e confidenze. Con tutti tranne che con Aka.
Gli sembrava, però, che i suoi occhi lo seguissero ovunque, talvolta con lo stesso fastidio che aveva notato in studio, talvolta con un'indifferenza tale che lo faceva sentire come se fosse invisibile, talvolta con una luce particolare, che gli faceva quasi sembrare che il biondo fosse in grado di leggergli dentro. Di lui non sapeva niente, se non che fosse napoletano, che avesse una bella voce e che la mora dai capelli corti, Martina, fosse la sua fidanzata. Anche se tanto felici i due non gli sembravano: dopo pochi giorni in casetta li aveva già visti litigare molteplici volte; i suoi compagni gli avevano infatti brevemente spiegato la situazione: ''è da novembre che vanno avanti così, lui la insegue e lei lo tratta come un giocattolo, prima o poi Luca lo capirà''- gli aveva detto Sangiovanni. Tancredi non riusciva a non dargli ragione, era palese anche a lui che quella relazione fosse a senso unico, ma più di tanto non gli importava.
Gli era capitato di guardarlo da lontano, qualche volta, attento al fatto che il ragazzo non lo guardasse a sua volta. Aka era la cosa più lontana da Tancredi che potesse esistere. Il primo affrontava tutto in maniera viscerale, sembrava che dovesse esternare necessariamente ogni emozione per poterla vivere; l'esatto contrario del secondo, che da buon milanese cercava sempre di starsene sulle sue. E forse era questo che aveva infastidito così tanto il napoletano, il fatto che fossero i poli opposti di una calamita, che a primo impatto nulla potessero avere niente in comune.Eppure un giorno i due si erano trovati soli in saletta; Tancredi lo scrutava attentamente mentre il compagno cercava di trovare la quadra di un testo che aveva sentito dovesse consegnare come terzo inedito. Era stato un attimo, Luca aveva alzato lo sguardo e: ''Hai bisogno di qualcosa?''- aveva chiesto al riccio che, con un coraggio che non sapeva di possedere, di rimando gli aveva detto: ''Che c'è Luca? Pensi di poter essere l'unico che può stare lì a fissare la gente per ore?'' - ''Chi ti ha detto che puoi chiamarmi Luca, Tancredi?''. Quella era stata la prima delle tante volte che le guance del più piccolo si erano colorate a causa del maggiore.
E in quel momento, steso su quel tappetino, quei ricordi lo facevano sorridere. In pochi mesi erano cambiate tante cose; quello stesso pomeriggio i due, dopo uno scambio di battute appuntite si erano avvicinati e alla fine era nata Luna. Col tempo avevano iniziato ad orbitarsi intorno ogni qual volta ne avessero occasione, a scambiarsi consigli musicali e non; si erano raccontati le loro storie, scoprendo che nonostante la grande diversità che li legasse, c'erano altrettante cose che li accomunavano. Nonostante ciò Tancredi continuava a chiamare il biondo Aka, nonostante questo gli dicesse continuamente che dagli amici gli desse fastidio. Allora puntualmente il milanese lo guardava con occhi furbi e gli diceva: ''Ah, perché ora siamo amici, Aka?''.
Non glielo avrebbe mai detto, ma gli piaceva che il ragazzo, in quelle occasioni, gli lanciasse sguardi complici e pronunciasse insulti in napoletano, che lui neanche capiva, ma che lo facevano sorridere.–
Quando aveva deciso di lasciare la palestra, erano le 8 di sera, e Tancredi non desiderava altro che fare una doccia e riposare, dopo aver sfogato tutta quella tensione. Capì però di dover allontanare quei pensieri, quando sull'uscio di casa Sangiovanni gli aveva detto: ''Il tuo compare è in sala 3 e mi ha ripetutamente detto di avvisarti quando saresti tornato'' - ''In sala 3, a quest'ora?''. Il vicentino aveva solo annuito, non sapendo effettivamente quale fosse il motivo che avesse spinto il biondo a recarsi lì a quell'ora.
E così Tancredi era tornato indietro e aveva raggiunto l'amico nella sala. Luca era lì, con le cuffie nelle orecchie e dei fogli in mano, assorto completamente da ciò che ascoltava e leggeva, tanto che non si accorse dell'arrivo del milanese. Questo gli toccò una spalla per avvisarlo e farsi vedere e ''Ua, Tancredi, me fatt tremmà'' - aveva quasi urlato Luca con un forte accento napoletano; il milanese aveva alzato gli occhi al cielo per la melodrammaticità del ragazzo di fronte a lui.
''Cosa c'è Aka? Sono stanco e ho bisogno di dormire. E poi mi spieghi perché alle 8 di sera sei in saletta invece che in casa a cucinare?'' - ''L'ho finita, luna. Max mi ha inviato anche delle produzioni che posso ascoltare e tra cui posso scegliere''. Tancredi lo guardava, chiedendosi perché anche lui dovesse essere lì. E come se Luca fosse stato in grado di leggergli i pensieri: ''Eddai Tancre devi aiutarmi, l'abbiamo iniziata insieme e voglio finirla allo stesso modo'' – gli aveva detto con gli occhi grandi e la voce dolce.
E, come sempre, non seppe dirgli di no. Odiava l'effetto che il napoletano gli faceva, era come una calamita per lui, non riusciva a non pendere dalle sue labbra e a non cercare di fare sempre ciò che lo rendesse felice. Lo aveva forse accettato e per la prima volta nella sua vita, stava cercando di vivere una cosa con più leggerezza, senza la costante paura di farsi del male, senza riflettere troppo sulla natura di quel rapporto, che allo stesso tempo lo spaventava e lo faceva stare bene.
Così si era seduto accanto a lui e lo aveva ascoltato raccontargli come un fiume in piena della sua giornata e della lunga telefonata coi suoi produttori. Mentre il biondo parlava, il riccio si era perso a guardarlo, le labbra che si muovevano veloci, un accenno di barba sul viso e i capelli che gli sembrava diventassero sempre più gialli, più che biondi. Luca era bello, forse quel giorno ai suoi occhi ancora di più.
Poi una frase lo aveva come risvegliato: ''...e quindi luna farà parte dell'album e ovviamente oltre al mio nome ci sarà anche il tuo'' - ''Aka ne abbiamo già parlato, ti ho già detto che non ce ne è bisogno, ti ho solo aiuta-...'' - ma Luca testardo come era non lo lasciò neanche finire di parlare: ''Tancrè, nun s n parl propri. L'abbiamo scritta insieme, in questa canzone c'è una parte di me ed una di te, e voglio che ci sia anche il tuo nome affianco al mio.''
Tancredi non aveva potuto far altro che sorridergli e come quel pomeriggio, erano entrati nella loro bolla ed erano rimasti a fare musica fino a tarda sera. Le loro voci e i loro pensieri si intrecciavano, e loro non lo sapevano ancora, ma anche le loro anime lo stavano facendo.
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notti gialle -tanc7even-
Fanfictionnella stanza riecheggiava solo il rumore dei loro baci: luca e tancredi si erano finalmente trovati