Capitolo 10

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Per Louis la famiglia era sempre stata un rifugio. Ogni volta che stava male e che doveva disintossicarsi da una vita che gli stava stretta faceva un salto da sua madre e dai suoi innumerevoli fratelli e tutto sembrava tornare nel verso giusto.

Fu proprio per quella ragione che aveva anticipato la partenza e si era presentato da Jay una settimana prima rispetto a quando avesse programmato di partire, ma lei non si era meravigliata di vederselo alla porta. Sapeva che, di tanto in tanto, Louis aveva bisogno di andare a trovarla, e lo accoglieva come qualsiasi mamma avrebbe fatto.

Non era neanche il bisogno di parlare con qualcuno dei suoi problemi che spingeva Louis ad andare da lei, anzi, il più delle volte lui non parlava mai delle sue cose personali. Piuttosto era il fatto di trovarsi davanti lo sguardo rassicurante di sua madre, la persona che lo conosceva meglio in tutto il mondo, quella che lui spesso aveva trascurato, ma che rimaneva la più importante della sua vita. Anche il solo vederla lo rendeva felice, lo faceva sentire in pace col mondo, e persino quando era arrabbiato con se stesso riusciva a scendere a patti con la rabbia e a perdonarsi soltanto grazie a lei.

Il problema era che quella volta non stava funzionando.

Era a Doncaster ormai da più di una settimana, ma continuava a sentirsi agitato, come se fosse in attesa di qualcosa. Ogni tanto controllava il cellulare come se si aspettasse una chiamata che non arrivava mai. Come avrebbe potuto, del resto?

La persona che sperava lo cercasse non l'avrebbe fatto mai, non dopo il modo orribile in cui l'aveva trattato l'ultima volta che si erano visti.

Anche se Louis non era mai stato innamorato sul serio non gli ci era voluto molto per riconoscere quel sentimento. Il modo in cui Harry lo faceva sentire, anche adesso che erano distanti, era inequivocabile.

Era come se gli mancasse l'aria, ora che non erano più insieme. In qualche modo riusciva ancora a respirare, ma stava annaspando.

Seduto sul vecchio divano di pelle che odorava di pomeriggi d'inverno, concentrato a guardare la replica del Gran Premio d'Ungheria, una ciotola di pop-corn dolci poggiata sul tavolino, si chiese cosa Harry stesse facendo in quel momento.

Gli mancava. Gli mancava anche solo avere il privilegio di sapere dove fosse, che umore avesse, quali fossero i programmi della giornata. Gli mancava l'idea di essere nella vita di Harry, e che Harry fosse nella sua. Per non parlare delle sue mani, i ricci che gli cadevano morbidamente sulla fronte, le fossette che comparivano ogni volta che sorrideva e quegli splendenti occhi verdi pieni di una luce che si accendeva solo quando era con lui.

Il fatto di sapere che Harry lo amasse anche soltanto la metà di quanto lo amava lui lo stava uccidendo.

Era ingiusto, eppure tremendamente giusto. Lui e Harry non erano fatti per stare insieme, anche se si attiravano in un modo incontrollabile, che non avevano saputo gestire.

Ma non era giusto che condizionassero i loro percorsi in quel modo e, soprattutto, non voleva che Harry rovinasse la sua carriera nascente a causa sua.

C'era bisogno di sudore, impegno, passione, dedizione per poter essere un campione di Formula 1, e non poteva accettare che Harry avesse rinunciato a correre all'ultimo Gran Premio del Mondiale a causa di un incidente che aveva visto coinvolto lui.

Non dovevano stare insieme, ecco tutto. Per quanto difficile fosse accettarlo, a lui sembrava l'unica soluzione possibile.

"Tesoro...", la voce di sua madre lo raggiunse dalla cucina. "Hai voglia di una tazza di thè? Daniel sta tornando insieme a Ernest e Doris, sto mettendo su l'acqua per lui."

"No, mamma... non mi va."

"Louis Tomlinson che rifiuta il thè?", chiese con aria sconvolta affacciandosi dal corridoio. "Cosa succede?"

Il punto di cordaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora