XII.

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Il sovrano dell'averno camminava lento tra le celle del Tartaro. "Krono." Aveva sussurrato, fermandosi davanti a lui. Il gran Titano sembrava legato, stretto e imprigionato proprio come l'inizio dei tempi. E allora come, si chiedevano gli Olimpi nella loro dimora, scatenandosi a questi strani cambiamenti nella vita terrena. Una domanda che avevano messo a porre un loro fratello fidato, protettore degli inferi. "Come ci riesci?" Chiese, senza alcuna premura per quello che in verità era suo padre. "Come." La sua voce era scura e persistente, tenebrosa sotto ogni aspetto.
"Non mi inganni. Zeus mi ha confessato quello che fai," Ade lo guardava, senza alcuna paura. "Ti ha pregato Tetide." Disse, "O qualcuno che lo premura." Continuò, riferendosi ad Achille anche senza nominarlo. Krono lo fissava, i suoi occhi grandi e scuri, la sua pelle giallastra e il grande sorriso che si allargava. Sebbene fosse austero, era visibilmente stanco, costretto in prigionia. Non era forte come all'inizio, ma comandava pur sempre lo spazio e il tempo, qualsiasi cosa potesse succedere era suo operato. Ma Krono non comandava sulle Moire, loro che tessono le vite nuove e quelle finite, coloro che non possono essere comandate da nessun Dio, nemmeno quelli primordiali. "Non faccio niente, non posso fare alcunché Haides." Krono lo guardava nell'oscurità, con i suoi occhi luminosi e taglienti. Ma Ade non si fece intimorire, non poteva però proferire altro. "So cosa stai facendo, padre. Zeus non ne è felice." Il sorriso di Krono si allargò fino alle orecchie. "Oh?" Un suono viscerale rombò tra le celle. "Qualsiasi cosa pensi che stia facendo, non è mio operato. Le Moire sono coloro con cui dovresti parlare, quelle che ti hanno strappato l'anima del semidio e quel ragazzo dal tuo regno."

•••

《Per favore, non intrometterti oltre.》 Patroclo si allentò di nuovo l'ultimo bottone della sua camicia color avorio. Sudava freddo ormai da qualche ora, mentre si preparava per l'appuntamento che lo aspettava quella esatta sera con Achille. Si sentiva particolarmente strano, sebbene la giornata fosse passata liscia come olio, tra le lezioni e gli incarichi. Aveva visto Achille, fugace e veloce solo per qualche lezione e di sfuggita i suoi capelli dorati che scomparivano dietro a una porta o qualche colonna.《Sembri piuttosto agitata, forse pure più di me.》Briseide si scusò persino con un inchino, promettendo di non toccarlo più finchè non avesse voluto. Le voleva così bene che alcune volte si preoccupava per quanto potesse essere gentile e tagliente al contempo.
Erano appena le sei di sera, Patroclo era corso nei suoi dormitori portandosi Briseide dietro, dopo aver sistemato qualche scaffale alla biblioteca che ormai stava prendendo di nuovo vita.《Va bene, stai bene.》Disse Briseide, guardandolo da lontano e tenendogli a debita distanza lo specchio a mezzo busto che possedeva. Patroclo si pettinò ancora una volta i riccioli con le dita, districando i nodi e sospirando poi dopo un po'.
Sembrava essere perfetto, eppure sentiva di non essere abbastanza per Achille. Senz'altro si sarebbe tirato a lucido, ponendosi i più bei abiti che possedeva, con i pantaloni stretti e scuri e una camicia o un maglioncino chiaro, oppure l'opposto. Ma Achille appariva sempre perfetto, senza nessun capello fuori posto o imperfezione di alcun tipo; baciato dalla fortuna e dal sole. Scosse la testa, tentando di scacciare via quei pensieri che gli facevano solo ribollire la bile, e non sapeva se fosse per la gelosia o l'infatuazione, oppure entrambi.《Non è troppo, sei perfetto.》Briseide continuava a fargli i complimenti, probabilmente da un bel po' ma lui ne sentì la metà.《Non sarò mai perfetto a cospetto di Achille, ma lo accetto. Di certo non è mai troppo.》Un tintinnio di ironia riempì le sue parole, e sbuffò una leggera risata nervosa.《È pur sempre un appuntamento.》《Non lo è, non proprio.》Patroclo sospirò.《Mi ha chiesto di vedermi probabilmente per distrarsi un po'.》《Si, dopo che ha chiesto il tuo numero, ti ha invitato a cena con uno smielato biglietto sotto la porta. È un appuntamento.》Briseide gli sistemò un ciuffo dietro all'orecchio che non voleva stare disteso.《Non ricordo nemmeno come si chiama quel posto...》Patroclo ignorò le sue parole, tentando di nascondere il suo imbarazzo con una certa dimenticanza, sebbene non sapesse davvero il posto. Achille glielo aveva accennato qualche giorno prima, ma non era tipo da ricordare nomi o posti che non aveva mai visto.《E sembra davvero infatuato di te.》Briseide affondò il coltello imbarazzante nella sua mente ancora una volta, spingendolo con il suo sorriso. Patroclo non la guardò, borbottò qualcosa per nascondere il rossore e si piegò a legarsi le scarpe.《Sei pronto.》Disse lei, mentre Patroclo si sistemava meglio la fibbia contorta dei suoi pantaloni e prendere il suo portafoglio.《Si,》disse, deglutendo.《Vai allora. E ti converrà raccontarmi tutto sta sera.》Gli intimò la ragazza, ma con un orgoglioso sorriso in volto. Patroclo si lasciò scappare una risata sommessa mentre apriva la porta.《Sono sicuro mi costringerai fino a togliermi un dente.》

"𝐂𝐚𝐥𝐥 𝐦𝐞, 𝐏𝐚𝐭𝐫𝐨𝐜𝐥𝐮𝐬."Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora