Capitolo 11

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Natasha si tirò in piedi, il braccio ancora dolorante stretto al petto. Osservò la freccia che le aveva sfiorato il viso e che si era conficcata nel muro. Si guardò intorno sospettosa, sperando di trovare il proprietario di quell'arma. L'unica cosa che fu in grado di vedere fu il movimento di un'ombra dietro a dei cassonetti incastonati nel vicoletto. Si schiarì la voce, tanto la sua presenza era ben nota al suo arcere misterioso.
"Stai provando ad uccidermi?"
"Fidati, se ti avessi voluta morta a quest'ora lo saresti." A parlare era stato un ragazzo che, venendo fuori dal buio della strada, si posizionò davanti a lei. Aveva capelli biondi e uno strano abbigliamento: una canottierina viola gli copriva i muscoli del petto e le gambe erano fasciate da dei pantaloni neri, sul viso portava degli occhiali anch'essi viola e tra le mani stringeva un arco. Natasha pensò che se non fosse stato per quel ridicolo costume sarebbe stato un bel ragazzo.
"Io non credo. Sai non sono facile da uccidere." Con il braccio sano staccò la freccia dal muro e la porse allo sconosciuto.
"Non sbaglio mai."
"C'è sempre una prima volta per tutto. A proposito, tu chi saresti?"
"Occhio di Falco, ma puoi chiamarmi Clint. Qual è il tuo nome invece?" Natasha sorrise dentro di se. Pensò che quello sconosciuto fosse stato troppo sciocco nel fidarsi di lei. Eppure c'era qualcosa in quel ragazzo che le metteva una certa curiosità. Forse il suo abbigliamento sgargiante o il fatto che probabilmente si riteneva un eroe, non avrebbe saputo dire neanche lei perché aveva voglia di fargli qualche domanda.
"Non è importante il mio nome adesso. Cosa ci facevi in un vicolo come questo? Ti divertivi a lanciare frecce alla prima donna che hai incontrato?" Natasha si sedette a terra con la schiena posato sul muro freddo. Respirò lentamente, la senzazione di mille coltelli infilati nella carne non la lasciava mai. Sperò che il KGB arrivasse presto, con se non aveva nulla con cui poter attenuare quel dolore.
"Diciamo che scappavo. Ho provato a fare qualcosa di buono, ma non credo che la gente mi veda come un eroe. E tu? In fuga come me?" La Vedova sorrise mentre Clint si sedeva davanti a lei. A quanto sembrava quel ragazzo aveva voglia di parlare. E Natasha gli diede corda, ancora non sapendo che era rimasto colpito dalla sua bellezza. Solitamente lui sparava frecce, ma quella volta era passato ad essere la vittima. La ragazza mosse il braccio verso Occhio di Falco per mostrare la ferita. Trattenne un gemito di dolore a quel movimento.
"Diciamo di si, ho avuto uno scontro." Clint allungò una mano come se volesse sfiorate quel taglio profondo, ma non lo fece e si tirò indietro.
"Wow, è davvero una bella ferita. Deve essere disinfettata o farà infezione. Credo di avere qualcosa, tu aspetta qui." E senza che Natasha avesse aperto bocca, l'arcere si alzò e andò verso le scale antincendio di un palazzo. Con la stessa agilità che avrebbe potuto avere un trapezista le scalò fino al quinto piano, entrò in una finestra e ne uscì pochi istanti dopo. Sempre con la stessa abilità di un circense tornò a toccare l'asfalto. Posò il suo arco a terra accanto a se e riversò sulla ragazza delle garze e delle bottigliette. Senza che le venisse detto niente Natasha si tirò su la manica e Clint aprì una delle bottigliette contenenti un liquido trasparente.
"Questo brucerà." E senza aspettare altro ne versò un po sul braccio di lei. La Vedova avrebbe voluto urlare, ma questo avrebbe significato attirare attenzioni indesiderate. Si limitò a stringere le labbra, mordersi la lingua e chiudere gli occhi. Il bruciore del disinfettante al quele era abituata si affievolì un po quando Clint ci mise sopra una garza. Tornò seduto davanti a lei e solo quando Natasha non sentì più il suo tocco sul braccio aprì gli occhi.
"Era proprio una brutta ferita. Chi te l'ha fatta?" La ragazza, che stupida non era, si accorse degli sguardi che l'arcere le stava riservando e un'idea iniziò a farsi strada nella sua mente. Si slacciò due bottoni della divisa prima di tornare a guardare il ragazzo davanti a lei.
"Diciamo che sono brava a combattere e che ho avuto un incontro ravvicinato con Iron Man." Clint sgranò gli occhi non potendo credere alle parole di quella donna. Come poteva un essere umano provare a combattere contro un eroe come Iron Man.
"E perché mai? Stai forse dalla parte dei cattivi?" Si fece più indietro, sospettoso. Natasha sorrise.
"Non so da che parte sto, eseguo solo degli ordini. E tu? Sei dei buoni?" C'era sarcasmo nella sua voce. Non credeva davvero che il mondo fosse diviso in buoni e cattivi, era pieno di varie sfumature che non tutti erano in grado di cogliere.
"Non voglio parlarne, ma si mi ritengo tale." La ragazza gli posò una mano sul ginocchio, sperando di riuscire a convincerlo.
"Allora aiutami nella mia missione. Sembri un tipo affidabile, scommetto che di te ci si può fidare." Nonostante Clint non fosse più tanto sicuro di voler rimanere ancora, non si allontanò.
"Ma davvero? Se sono tanto affidabile allora come mai non mi dici neanche il tuo nome?" La Vedova sospirò. Se tanto quel ragazzo era una spia venuto per tenerla sotto controllo, sapeva sicuramente come si chiamava.
"Natasha."
"Questo non cambia niente. Io non so da che parte sto, ma Iron Man è uno dei buoni e ucciderlo significherebbe state dall'altro lato. Non voglio più fare male a chi non lo merita." La ragazza sorrise verso di lui.
"E tu che ne sai se ha fatto qualcosa di sbagliato? Non lo conosci, magari sotto la maschera si nasconde una persona orribile. Non ti sto chiedendo di rispondermi ora." E nonostante Iron Man avesse ispirato Clint a diventare una persona migliore, voleva davvero aiutare quella ragazza che l'aveva colpito tanto in profondità.
"Ora devo andare." Si alzò senza dire altro. Andò via, ma prima di svoltare l'angolo si girò per guardare Natasha un'ultima volta.

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