Suona la sveglia e apro gli occhi. Come immaginavo, sono rimasto tutta la notte a dormire con Sara e ho la schiena a pezzi; non sono abituato a dividere il letto. Lei è ancora nel mondo dei sogni; vado in cucina e preparo il latte, metto anche i cereali: “Sara” la chiamo a voce alta. Vado nella sua stanza e alzo le serrande: “Buongiorno” cerco di svegliarla. Apro il suo armadio e vedo dei pantaloni appesi alle grucce con affianco diversi giubbotti invernali; le magliette sono piegate sotto, sul piano dell'armadio con anche felpe e indumenti più caldi. Nei cassetti in basso c'è la biancheria con calze e canottiere.
Prendo un pantalone blu, una maglia bianca con scritto “smile” e una felpa blu scuro. Gliele metto sul comodino e la incito a vestirsi finché non si mette seduta. Torno in cucina e mi viene in mente lo zaino. Lo vedo subito in un angolo, è rosa e viola; mi domando come ho fatto a non vederlo ieri.
“Ci sono i libri giusti?” le chiedo, vedendola uscire già vestita dalla camera.
“Non lo so. Oggi devo fare italiano, matematica e forse storia” risponde assonnata.
Apro la cerniera; dentro ci sono quattro libri. “I numeri, imparo la matematica” è matematica, “Saltello tra le lettere con Sillaba” credo sia italiano; chi è Sillaba? Che nomi stupidi danno a questi libri, non penso venga più voglia di studiare. “Il mondo” è geografia, quindi lo tolgo. Ci sono dei fogli sparsi ed ecco storia “Indietro nel tempo”. Richiudo lo zaino e geografia gliela lascio in camera sua. Mi unisco a lei per fare colazione e solo dopo, noto di dovermi cambiare perché ho ancora la roba di ieri. Il mio pigiama non è più utile in questi giorni. Lascio la tazza vuota e corro al bagno per coprire il livido con un po' di crema di mia madre e darmi un'aggiustata generale, poi mi cambio e mi metto il giubbotto. Sara l'ha già fatto e prende il suo zaino. Cerco anche il mio e usciamo da casa. La accompagno a scuola a piedi, lei mi saluta e corre dentro. Torno indietro per prendere il pullman; dato che sono le otto e trenta e il mio orario di scuola inizia alle otto, oggi sono io ad essere in ritardo. Ieri ho promesso a mia madre che mi sarei preoccupato di fare “l'uomo di casa” e il “perfetto alunno”. Non so se riuscirò a mantenere questa promessa, ma per lo meno ci proverò.
Entro in classe alle nove e dieci. “Sei in ritardo” dice il professore. Non gli do retta e mi siedo al mio banco. Ale, Luca e Fabio mi salutano come per dire “da quanto tempo” e io ricambio.
Durante lezione mi volto verso Duca, dopo un po' si gira anche lui e mi fa un cenno con la testa. Non ricambio, ma sorrido appena.
Come al solito, scusa mamma, non ho ascoltato nulla della lezione perché pensavo ad altro. Nell'intervallo mi metto a parlare con i tre miei amici e qualche ragazza, tutti della mia classe, di cose d'ogni genere. Non me ne accorgo subito, ma entrano Paolo e Simone che vengono verso di me. “Carlo, siamo venuti a trovarti” dice entusiasta Paolo, mi da la mano in segno di saluto, “Come stai?”.
“Bene, la solita noia” sbuffo un po', lui continua a parlare, mentre Simone va verso Duca, rimasto solo in un angolo: “Guarda che c'è qui!” dice, chiamando l'attenzione di Paolo e gli altri tre del gruppo: “Ti divertirai un sacco a starci in classe insieme” si mette a ridere, e con lui anche alcuni miei compagni. “Non vedi che stiamo parlando? Sloggia!” gli dice, “Fuori da questa classe, anzi, fuori dall'Italia!” continua a sghignazzare, indicandogli la porta. Non posso dire che questa situazione mi sta andando a genio, ma non pronuncio parola; fingo di ridere quando mi guardano, tanto non se ne andrà dalla classe veramente.
Invece lo vedo che si alza e va verso la porta; Simone gli fa dei gesti da dietro. Vedo i suoi occhi blu puntati su di me per qualche momento e lo osservo continuare ad andare nella direzione della porta. Ho le mani all'estremo del banco e le dita lo stanno stringendo; qualcosa mi rode dentro. Mi alzo all'improvviso e la mia sedia cade all'indietro. Tutti si sono zittiti dal rumore e Duca si è fermato. Non riesco a decidere come devo comportarmi: “Non c'è bisogno di farlo uscire, volevo prendermi un caffè al bar” mi guardano tutti, “Non vorrei trovarmelo pure lì” cerco di essere convincente.
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Fragili come BOLLE
RandomLo stesso giorno in cui ho scoperto ciò che cercavo dalla vita, sono scoppiato. Forse in quell'istante si sarà sentito il fresco odore di sapone e si saranno visti i frammenti del mio corpo che cadevano al suolo. Di una cosa sono certo, è stato il p...