Un'altra mattina come le altre. Come sempre mia sorella mi scoccia: “Carlo, perché ieri sei tornato a casa tardi?”.
“Lo faccio tutti i giorni” torno in camera mia e chiudo la porta.
Ho fatto un'altra serata fuori, ma non mi sono divertito molto. Non sono nemmeno riuscito a bere e di ragazze ce n'erano poche.
Entra mia madre, mentre mi sto cambiando: “Porti tu Sara a scuola? Oggi devo andare prima a lavorare”.
“Sei matta?” mi astengo dal proseguire la frase, poi ci ripenso e continuo: “Potresti mettere a posto la casa più tardi e accompagnarla in fretta con l'auto”.
Lei inizia una delle sue cantilene basata sul fatto che non faccio mai nulla in casa e, anche se a volte mi chiede un favore, la ignoro. Si arrende ed esce con mia sorella, prima che lo faccia io, da solo.
Mi ha rovinato la giornata, sentirla discutere di prima mattina mi ha fatto calare l'umore.
In macchina con Dany, però, sembra tutto normale, mi fa riprendere dalla depressione; in più, in classe, Duca non mi parla più, quindi sono più felice di non averlo più tra i piedi. La mattinata passa abbastanza in fretta ed esco da quel carcere. Nessuno dei miei amici mi ha ancora chiesto di andare da qualche parte stasera, credo di dover organizzare io. Dall'ultima volta che ci sono uscito, Debora non l'ho più sentita, forse varrebbe la pena se le mandassi un messaggio. Sto per attraversare la strada quando sento il clacson di una macchina. E' vicino a me e dal finestrino si sporge Paolo: “Vuoi un passaggio?”.
Salgo senza pensarci due volte: “Come stai?” gli sorrido, mettendomi comodo. Lui accelera, alla chiusura della mia portiera: “Bene, ma te? Hai avuto altri problemi con lo straniero?” gira il volante percorrendo una rotonda. “Non mi parla più” dico soddisfatto. Non continuiamo a parlare, mi sembra che sia distratto. Una volta arrivati, scendo e spiccico un misero “Ci vediamo”; poi entro finalmente a casa.
Chiudo a chiave e butto lo zaino a terra nell'ingresso. Alzo le braccia, stiracchiandomi e poi mi chiudo in stanza. Accendo la televisione; mi sdraio sul letto e guardo l'ora. E' l'una e quaranta di pomeriggio e non ho ancora mangiato. Di solito, quando è pronto, mia madre mi chiama, quindi aspetto, cambiando i canali della televisione. Quando lo faccio non c'è mai una cosa che mi interessi guardare, l'unico canale che non mi stanca è quello che trasmette sempre musica. Appoggio affianco a me, sul comodino, il telecomando e ascolto le parole della canzone trasmessa in questo momento.
Sono un po' stanco, stare sdraiato sul letto mi fa venire sonno. Metto le mani dietro la nuca e chiudo gli occhi; ho le gambe accavallate e le orecchie che ballano a ritmo di musica. Il respiro è più profondo, la camera si fa più buia, il volume della televisione più basso e inizia ad impadronirsi di me una calma irresistibile. Solo un rumore in sottofondo mi disturba; pare che qualcuno stia bussando alla porta. Con mala voglia, mi alzo dal letto e cammino trascinando i piedi. Non penso nemmeno a chiedere chi sia e apro la porta. E' Daniele che mi saluta sorridente; dietro di lui ci sono Paolo, Simone, Fabio, Ale e altri miei amici. Si fanno strada, entrando in casa; alcuni ridono, altri si siedono sul divano e altri ancora pendono le bibite dal frigorifero.
“Ma che avete in testa? Vi sembra il posto dove fare una festa?” domando arrabbiato e confuso.
Qualcuno mi tocca la spalla: “Calmati Carlo, vogliamo solo divertirci”. Lo guardo; riconosco la voce e quasi mi accelera il battito cardiaco. E' Davide tornato in silenzio come uno spettro, senza una spiegazione di come avesse fatto ad uscire di prigione prima del tempo.
“Cosa ci fai qua?” chiedo sconvolto; ho sentito che gli avevano affittato la cella per almeno sei mesi. Lui non risponde e va a sedersi sul divano. Sono spaesato, nessuno si era mai permesso di venire a casa mia senza permesso; anzi, non mi piace che qualcuno venga a trovarmi, perciò non ho mai chiesto nemmeno a Daniele di fare un salto fin qui. I motivi sono svariati, tra i quali mia madre, che non perderebbe occasione di chiedere cose imbarazzanti, mia sorella che non starebbe nemmeno un secondo ferma e i quadri che tappezzano il salotto che mi ritraggono da piccolo, che susciterebbero troppe domande o affermazioni stupide. Per adesso però sta andando tutto per il meglio; mia madre non è ancora arrivata, ma sorella è a scuole e sembra che nessuno si sia interessato alle fotografie per fortuna. Ci sono un mucchio di lattine che stanziato sul tavolo della cucina, le giacche che si sono tolti sui divani e sulle sedie e pacchi di patatine aperti. Non sapevo che casa mia fosse così ben fornita di bevande e cibo, soprattutto mi stupisco nel vedere che Ale tira fuori dal frigorifero tre bottiglie di alcolici. Bussano ancora alla porta; i miei occhi temo che escano dalle orbite quando vedono una decina di ragazze con il seno da urlo e una faccia di chi vuole divertirsi come piace a me. “Possiamo invitarci alla festa?” mi dice una bruna con le labbra rosso fuoco. Non rispondo, incantato, e alcuni miei amici le chiamano da dentro. Iniziano a sfilare davanti a me e sorridono, lasciando un odore ipnotico. L'ultima mi viene vicino stampandomi un bacio sulla guancia e si unisce agli altri, che stanno improvvisando qualche passo di danza, guidati dalla musica. La stanza non è più luminosa come prima; è piuttosto buia, ma ci sono fasci di luci colorate che corrono da una parete all'altra. Chiudo la porta; non mi importa più di nulla, piuttosto, mi lascio trasportare dalla voglia di divertimento. Mi metto anche io a ballare e tre ragazze mi circondano come squali intorno alla preda. Una è dietro di me e le altre due mi si muovono sinuose davanti. Questo è tutto quello di cui ho bisogno per sentirmi bene; gli amici, le ragazze e la musica.
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Fragili come BOLLE
AléatoireLo stesso giorno in cui ho scoperto ciò che cercavo dalla vita, sono scoppiato. Forse in quell'istante si sarà sentito il fresco odore di sapone e si saranno visti i frammenti del mio corpo che cadevano al suolo. Di una cosa sono certo, è stato il p...