CAPITOLO 1 L'inizio Della Fine

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Tanto tempo fa, in una terra lontana e desolata una donna stava mettendo al mondo una piccola creatura di nome Evangeline. Quando la piccola nacque e la misero tra le braccia della madre, tutti subito notarono che qualcosa in lei non andava, di fatti i suoi occhi erano di un rosso scarlatto, sembrava che avesse un mare di sangue al posto delle iridi, la donna per poco non urlò e rimise la bimba tra le braccia della specializzanda:
-E' la figlia del diavolo! Io di certo non la voglio nella nostra casa!- disse stringendo la mano del marito che era accanto a lei e rivolgeva uno sguardo truce al piccolo fagottino
-Dovremmo ucciderla, chissà quali stregonerie saprà fare una volta che diventerà grande- alla specializzanda per poco non prese un colpo al cuore nel sentir quelle parole. Come si poteva uccidere una bambina?! Cosi prese coraggio e disse:
-Ci penserò io, stanotte. Quando tutti si addormenteranno la butterò nel lago. Ora potete anche ritornare a casa vostra signori. Buona serata.- disse congedandosi e tornando dall'edificio dove lavorava alla sua casa dove creò una piccola conca di cuscini per la piccola Evangeline dove le diede del latte e la coccolò per farla smettere di piangere. Ma che cos'aveva quella bambina che non andava? Solo per lo strano colore delle iridi? Quella stessa notte le si strinse il cuore quando la portò al lago:
-No... io non ti lascerò morire così- Eva dormiva ancora mentre la donna sfrecciava per il bosco verso la casa di una donna dall'animo gentile che nessuno aveva mai voluto sposare perché accusata di stregoneria e omicidio dell'unico uomo che l'avesse mai amata; non appena fu arrivata davanti al cancello della casa (della donna) lo aprì sentendo uno spaventoso cigolio, si guardò intorno e l'aria era molto tetra: statue di angeli che piangono sangue, croci celtiche corrose dalla pioggia e cespugli di rose secche che avevano come dei rivoli di sangue su di esse, aveva infatti sentito dire che questa casa era quasi in stato di abbandono, ma solo perché la proprietaria affranta e ingiustamente incolpata non aveva alcuna voglia di metter piedi fuori dal suo nascondiglio per paura di ricevere una pallottola al cuore. Si avvicinò alla porta e bussò:
-Aprite! Vi prego aprite signora!- sentì dei leggeri passi dall'altra parte della porta che si aprì in un piccolo spiraglio
-Che cosa volete da me?- disse con voce roca ma gentile
-Salvate questa bambina abbandonata dai propri genitori solo perché diversa- era quasi in lacrime, e la donna aprì di più la porta
-Il mio nome è Aleina, e chi è quest'adorabile bimba? Perché la vogliono abbandonare?- alla specializzanda mancarono le parole
-I suoi occhi... Ha un mare di sangue nelle iridi.- la ragazza le raccontò ciò che aveva avuto intenzione di fare. Finito il resoconto Aleina sorrise e allungò le braccia verso di lei
-Posso?- la ragazza gli lasciò Evangeline tra le braccia sentendo il freddo adesso che non c'era più il corpicino a scaldarla:-Come ti chiami?- la ragazza si sentì lusingata, nessuno aveva mai accennato a conoscere il suo nome o ad avere alcun rapporto di nessun genere
-Il mio nome è Mirah-
-E il nome della piccola? Ne ha già uno?- Mirah sorrise
-L'ho chiamata Evangeline, ma se vuole cambiarle nome, faccia pure- Aleina ridacchiò cullando la piccola Eva che aveva appena aperto gli occhi come se sapesse che le due donne stessero parlando di lei
-Il suo nome ricorda gli angeli e mi và più che bene perche è ciò che è lei. Non è "figlia del diavolo"- Mirah corrugò la fronte
-Io non ho detto che i genitori l'hanno nominata in questo modo, come fa a saperlo?- Aleina la invitò ad entrare e la portò nella cucina dove fece un sorriso amaro poggiando la piccola
su una sedia a dondolo che adesso fungeva da culla
-L'ho immaginato, e a quanto pare ho indovinato. Desidera una tazza di tè? Latte? Caffè?-
-Tè, grazie- vide Aleina avviarsi verso la credenza per prendere il bollitore mentre Mirah si girava i pollici, poteva chiederglielo o sarebbe sembrato scontato?
-La terrà non è vero?- chiese con voce tremante:-Io non potrei mai...- sentì Aleina ridere
-Certo che la terrò, avevate dubbi? Sono contenta che voi, Mirah, non pensiate che io sia una strega o un'assassina- disse spegnendo il gas e prendendo due tazze bianche dalla stessa credenza da dove aveva preso il bollitore
-Se le fa piacere saperlo, io non l'ho mai pensato Aleina, sapevo perfettamente che lei è sempre stata una brava persona, nulla di più nulla di meno- Aleina sorrise versandole il tè
-Ne sono felice. Verrà a trovare Evangeline man mano che crescerà?- chiese porgendole una tazza
-Mi sento legata a questa bambina... Sarà come una sorella minore per me- disse Mirah sorseggiando il suo delizioso tè
-Ed io sarò felice di accettare te Mirah come una figlia- disse Aleina alzandosi dalla sedia e andando verso di lei abbracciandola proprio come solo una madre sa fare. Così da quel giorno, quelle tre donne non si separarono mai.
Mirah assistette alla crescita della piccola Eva passo dopo passo seguendola come sorella maggiore ogni giorno mentre Aleina andava avanti con l'età e iniziava ad ammalarsi. Mirah lo sapeva, presto la sua cara amica che fu anche una madre per lei e per Eva, sarebbe morta.
La piccola Eva adesso aveva diciassette anni e la vita non poteva andargli meglio. Aveva lunghi capelli color della luna, pelle d'avorio e affascinanti occhi rossi che riflettevano la paura dei suoi compagni quando guardavano quel mare di sangue che aveva nelle iridi; certo a scuola veniva presa in giro per questo, ma quando tornava a casa da sua madre tutto cambiava per il meglio. Spesso andavano a cogliere delle rose fuori dal loro giardino per poi arredare la casa e darle qualche tocco in più, oppure Eva si divertiva a mettersi vecchi vestiti e andare a cogliere i frutti di bosco o a prendere la legna per il camino; quando poi arrivava Mirah, sua sorella maggiore, la gioia raddoppiava e insieme si mettevano a fare disegni di paesaggi o magari Aleina e Mirah riuscivano a convincere Evangeline a suonare per loro il violino, Eva senza nemmeno una lezione era un prodigio con quello strumento. Quando però arrivò il giorno del suo diciassettesimo compleanno qualcosa in lei cambiò.
-Vedi di non tornare troppo tardi da scuola oggi!- le urlò Aleina appoggiata allo stipite della grande porta della loro casa:-Abbiamo una piccola sorpresa per te, tesoro mio! E stai attenta!- ogni mattina le ripeteva sempre le stesse cose, ormai Evangeline era grande e sapeva cavarsela da sola, ma quelle parole erano comunque simbolo di amore materno
-Si mamma, non preoccuparti! Starò attenta e correrò subito a casa non appena metterò piede fuori dalla scuola, ora scappo, ciao!- disse iniziando a correre verso la scuola con la dolce brezza del mattino che le scompigliava i lunghi capelli. Come al solito quando arrivò tutti i ragazzi smisero di parlare come se fosse arrivato il triste mietitore oppure un boia pronto a tagliare la testa a chiunque avesse provato ad aprire bocca, Eva si sentiva un'estranea in quel luogo, ma doveva andarci ogni giorno:
-Dicono che sia la figlia del diavolo- bisbigliavano gli altri visto che il boia era passato e ormai era davanti all'entrata della scuola, ma Evangeline riusciva comunque a sentirli:-Nei suoi occhi c'è il male amici miei, date retta a me- disse Wolfang, un ragazzo che odiava con tutto il cuore Evangeline e che quando ne aveva l'occasione cercava sempre di prenderla in giro con offese terribili:-Ehi, Evangeline!? Tua madre era per caso la schiava del diavolo e adesso hai preso il suo posto?- rimanere zitta per Eva era davvero un'impresa "se ti arrivasse adesso un pugno in bocca forse la smetteresti di essere così fastidioso" pensò e poco dopo Wolfang cadde a terra con un rivolo di sangue che gli colava da un angolo della bocca e un taglio sul labbro superiore:-E' stata lei! Lei e i suoi demoni mi hanno attaccato!- Eva era spaventata, ma come aveva fatto? Lei lo aveva solo pensato!
-Io non ho fatto niente! Ti stai sbagliando Wolfang- riuscì a rialzarsi in piedi grazie all'aiuto dei suoi amici, poi andò incontro ad Evangeline prendendole il mento con una mano
-Guardate i suoi occhi! Brillano! Come me la spiegate una cosa del genere?!- brillare? I suoi occhi non avevano mai brillato, forse era per colpa della rabbia che le stava crescendo dentro
-Toglimi le mani di dosso- bisbigliò lei con voce roca per la rabbia inespressa
-Altrimenti cosa mi farai?- la stuzzicò lui, Eva chiuse per un'attimo gli occhi "voglio spingerti via da me Wolfang" pensò e subito il ragazzo scivolò per terra ai piedi della ragazza:-STREGA! Proprio come tua madre!- Evangeline sapeva benissimo che sua madre era stata incolpata di stregoneria e omicidio, ma lei non ci credeva affatto, la sua dolce madre malata che l'aveva cresciuta come una normale bambina
-Vai all'inferno- gli disse Eva fulminandolo con lo sguardo ed entrando a scuola diretta verso la biblioteca, intenta a scoprire qualcosa di più sui suoi occhi e del perché fosse riuscita a fare del male a Wolfang pensandolo soltanto nella sua testa, ma da dove iniziare? Per tutta la mattinata cercò una risposta tra libri, enciclopedie, dizionari e Google ma niente risolveva il suo problema.
Quando Evangeline tornò a casa notò l'auto di Mirah nel vialetto, strano, di solito non tornava mai così presto dall'ospedale; Evangeline prese fuori le sue chiavi di casa ed entrò pensando di trovare entrambe le donne nell'ingresso ad aspettarla, ma invece non c'era nessuno, buttò lo zaino per terra e andò in cucina dove vide una torta al cioccolato con sopra scritto "17" con le fragole, sorrise al pensiero di sua madre e Mirah, due cuoche imbranate, che preparavano il dolce; tornò nel salone e lì vide un biglietto:" porta la torta di fuori insieme al tuo sedere ossuto signorina!" era il solito modo con cui la definiva Mirah, ridacchiando Eva prese la torta ed andò nel giardino sul retro dove vide un arco di rose bianche con sotto un tavolo che aveva quattro regali, all'incirca:
-BUON COMPLEANNO EVANGELINE!- urlarono in coro le due donne quasi a rovinare il timpano di Eva che si era messa a piangere per l'emozione e la gioia, ma perché questo compleanno era così importante? Gli altri li aveva sempre passati mangiando una torta e guardando la maratona dei film di Audrey Hepburn in DVD
-Grazie mamma, grazie Mirah- disse abbracciandole, Mirah per poco non saltava per la gioia; andarono verso il tavolo dove c'erano i regali:-Avete anche creato un arco di rose bianche per me, come posso non volervi bene?- disse prendendo il primo regalo, una piccola scatola che conteneva un paio di orecchini di cristallo a forma di goccia che subito Eva si mise, i suoi occhi brillavano letteralmente di gioia:-Sono stupendi- disse girandosi verso la madre che quando vide i suoi occhi rimase per un attimo impassibile, ad Evangeline sembrava quasi di esser tornata a scuola; ritornò ai regali e ne prese un altro che conteneva una giacca di velluto lunga fino alle caviglie di un bianco perla, un altro invece era "Racconto di due città" di Charles Dickens che desiderava da molto tempo quando aprì la copertina rimase ancora più esterrefatta:-è la prima edizione! Del 1859! GRAZIE MILLE! Dev'esservi costata una fortuna- disse abbracciando di nuovo le due donne, adesso anche Mirah avevo lo sguardo impassibile che fissava i suoi occhi, Eva sospirò e continuò con l'ultimo regalo, il pacco più grande: dentro c'era un abito blu notte con una gonna lunga non troppo vaporosa in taffettà e con lo strascico, il corpetto senza spalline aveva i lacci bianchi, alcune decorazioni in pizzo bianco e abbinato una vestaglia di seta trasparente con le maniche molto larghe:
-Wow...- fu tutto quello che riuscì a dire Evangeline, troppo esterrefatta per parlare
-Ti piace?- chiese Aleina
-Se mi piace? Lo amo da impazzire, non so come ringraziarvi, ma quando lo potrei mai indossare?- disse passando lo sguardo da Aleina a Mirah e viceversa
-Non ti preoccupare...- incominciò Mirah
-... L'occasione ci sarà, devi solo attendere- concluse Aleina con il tono cupo e triste di chi sa il suo destino e lo sta aspettando quasi con ansia.

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