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"Perché l'hai fatto?" Joshua accarezzò ancora una volta la testa di Peter.
Quante volte aveva stretto quei capelli tra le dita.
Mentre lo baciava.
Mentre facevano l'amore.
Quando lo prendeva da dietro e lo faceva urlare di piacere.
E ora non c'erano più.
Spariti.
Peter addolcì lo sguardo sorridente.
"Mi ero stancato di asciugarli".
"Bugiardo".
"Non mi piace quando me li tiri" un velo di malizia apparve negli occhi di entrambi.
"Stai mentendo ancora. So che ti piaceva.  Le tue urla ne erano la prova" le guance di Peter si imporporarono di un leggero imbarazzo.
"Non capisco" sussurrò il più grande; sapeva perfettamente perché il suo ragazzo avesse fatto quel gesto ma non voleva ammetterlo nemmeno a sé stesso.
"Sono solo capelli" sbuffò Peter cercando di chiudere quel discorso prima che si incentrasse sui veri motivi del suo gesto e ne nascesse una discussione.
Non era ancora il momento di chiedere a Joshua di liberarsi di quell'orribile cappello, non subito dopo la chemio, non quando le sue condizioni non gli permettevano nemmeno di affrontare quella discussione.
La salvezza del più piccolo fu l'ingresso nella stanza di Pauline che mise fine a quel confronto, forse solo per poco, ma almeno Peter avrebbe avuto altro tempo per scegliere le parole giuste per affrontare il suo ragazzo.
La donna si avvicinò ai due per controllare la flebo e come già sapeva il tempo dell'infusione era quasi concluso.
"Resterò qui qualche minuto" li avvisò e Peter subito si rese conto che la donna non era dello stesso umore di qualche ora prima.
Sembrava assente, preoccupata.
I due ragazzi si guardarono complici, anche Joshua aveva notato lo stato d'animo dell'infermiera e si fecero un cenno di complicità.
Ci avrebbe pensato Peter, non volevano essere invadenti ma non avevano mai visto Pauline senza il suo sorriso dolce e la sua ironia pungente e questo  preoccupava entrambi, ma Joshua si sentiva troppo debole per reggere un confronto quindi chiese al suo ragazzo silenziosamente di pensarci lui.
Peter si avvicinò a Pauline, la quale aveva dato le spalle ai due ragazzi controllando nel carrello di avere tutto l'occorrente per togliere la flebo a Joshua, e le poggiò una mano sulla schiena carezzandola per attirarne l'attenzione.
La donna si voltò e gli sorrise, ma non era il suo solito sorriso, quello sincero che arrivava agli occhi e gli illuminava il volto, quel sorriso che i due erano abituati a vedere, quello era un sorriso di circostanza, fatto solo per dovere.
"Tutto bene?" le chiese preoccupato e la donna sorrise ancora.
"Tutto benissimo" mormorò non convincendo nemmeno sé stessa.
"Pauline, se hai qualcosa che ti preoccupa lo sai puoi parlarne con noi".
La donna sorrise, stavolta però era sincero, pieno di commozione e si deduceva anche dai suoi occhi, improvvisamente lucidi.
"Grazie ragazzi. Io...... sto bene grazie".
Joshua si sollevò,  provando a mettersi seduto.
La donna, vedendo il suo tentativo di alzarsi, si precipitò accanto a lui.
Lo afferrò per un braccio,  quello della flebo, e Peter fece lo stesso con l'altro braccio e insieme lo aiutarono a mettersi seduto.
Jason quando decideva qualcosa era irremovibile quindi sarebbe stato inutile pregarlo di stare disteso.
"Siediti qui" pronunciò con un filo di voce, invitando Pauline a sedersi sul letto.
La donna alzò gli occhi al cielo.
In quelle settimane aveva imparato a conoscere sia Peter che Joshua e sapeva che quest'ultimo non si sarebbe arreso finché lei non le avesse confessato ciò che la preoccupava e non poteva nemmeno fingere di essere infastidita da una qualsiasi pressione da parte dei ragazzi perché era stata lei stessa ad instaurare quel tipo di rapporto con loro.
Joshua la guardò in modo insistente, alternando uno sguardo da cucciolo preoccupato a quello da cucciolo arrabbiato,  tanto sa far sorridere sotto i baffi anche Peter.
La donna sbuffò sonoramente e stava anche per arrendersi e raccontare ogni cosa quando i tre vennero interrotti da un collega della donna.
"Pauline devi correre in pronto soccorso".
La donna capì subito che fosse successo qualcosa di grave perché il suo collega sembrava estremamente preoccupato e anche i due ragazzi se ne resero conto.
La donna corse fuori dalla stanza.
Joshua afferrò il braccio di Peter e lo esortò a raggiungere il ragazzo nella speranza di poter capire qualcosa in più.
"Non mi dirà niente" mormorò il più piccolo.
"Tu provaci comunque" ringhiò a denti stretti indicando con la testa la porta.
Peter non poté fare altro che avvicinarsi al nuovo arrivato ma non ebbe il tempo di dire nulla, alle spalle dell'infermiere c'era il dottor Davenport.
Anche l'uomo sembrava visibilmente agitato.
Molto probabilmente ciò che stava succedendo riguardava tutti loro.
Al di fuori della stanza di Joshua tutti gli sguardi erano rivolti verso Pauline che si affrettava a raggiungere il pronto soccorso e insieme a lei un'altra donna che la teneva per un braccio e sembrava non volerla lasciare.
Peter sentì solo qualche frase buttata di qua e di là: speriamo non sia nulla di grave; io l'ho visto e non era messo proprio bene; certo che le crea solo problemi ultimamente.
Queste frasi facevano intendere che ciò che stava accadendo riguardasse la sfera privata della donna.
Ma chi le creava solo problemi?
Chi era messo male?
Suo marito o uno dei suoi figli?
Peter non poté fare altro che arrendersi al fatto che non lo avrebbero scoperto a breve o addirittura non lo avrebbero saputo mai.
Preoccupato anche lui tornò verso il compagno, senza però guardare nella sua direzione, anzi i suoi occhi erano puntati al pavimento e i suoi pensieri concentrati su quelle poche frasi che aveva carpito.
Arrivato ai piedi del letto sollevò gli occhi e si ritrovò di fronte il solito sguardo di rimprovero.
" Cosa vuoi che faccia?" lo chiese nella convinzione che non ci potesse essere nulla che potesse fare.                        "Seguili al pronto soccorso, no?"                                                "Sei forse impazzito? Non posso farlo".                                Joshua incrociò le braccia al petto e mise su il broncio, a volte si comportava proprio da bambino.                                Peter alzò gli occhi al cielo e si andò a sedere di fianco a lui, afferrò la mano del compagno e ne intrecciò le dita con le sue.                        Joshua restò comunque voltato dall'altro lato, senza guardarlo, allora Peter lo prese per il mento e lo costrinse a girarsi dalla sua parte.                      "Amore, non possiamo" affermò guardandolo dritto negli occhi "anche io sono molto preoccupato per Pauline ma con che diritto entriamo così nella sua vita privata? e se avessimo interpretato male? Se ciò che è successo non riguardasse davvero qualcuno della sua famiglia?"  "E' che sono molto preoccupato per lei".               
"Lo so , tesoro. Anche io lo sono ma questo non ci da il diritto di intrometterci" Joshua annuì e si mise disteso "Sono stanco" sussurrò e si mise a dormire o almeno era ciò che voleva far credere a Peter.   
Peter lo lasciò fare, gli accarezzò i capelli e gli baciò la fronte poi si accomodò sulla sedia di fianco al letto e aprì uno dei libri che aveva nello zaino dell'Università. Leggere lo avrebbe aiutato a tenere la mente impegnata e a far passare il tempo più in fretta.            Sapeva che Joshua  non avrebbe proferito parola fino alla fine del trattamento, un po' per la stanchezza, un po' perché avrebbe voluto essere d'aiuto a Pauline come lei lo era stata molte volte per loro.                                          Peter guardò verso la porta : chissà sé avrebbero mai scoperto cosa era successo.

Peter WigmoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora