Capitolo 14

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Eravamo in viaggio nella nostra macchina che destava pochi sospetti. Shelley, anche se non era obbligata a venire, ci accompagnò imponendosi. Non potevamo fare altro se non accettare la cosa. Il viaggio era tranquillo, non mi sentii particolarmente male, ma da quando avevo avuto quel giramento di testa violento, diventai sempre più pallido. «Sam come ti senti?» mi chiese gentilmente Shelley «Nessun miglioramento, anzi...» dissi tenendo chiusi gli occhi «Che cosa senti?» chiese alla guida Brice.
«Per lo più stanchezza, e il cuore batte velocemente, troppo direi.»
«Ti fa male il braccio sinistro?» chiese subito dopo Brice, ma negai. «Questo è un sollievo. Non stai avendo un infarto.»
«Già» ridacchiai trovando la cosa molto divertente senza ragione.
Sentii digitare qualcosa da John e subito dopo si sentì il solito suono di quando si sta chiamando qualcuno «Ehi amico. Siamo quasi arrivati, tieniti libero per un po'.» riuscii a percepire che l'altra persona stesse rispondendo ma non si sentì nulla «Ehi ehi! È urgente, non me ne frega nulla del cliente vip. Mi devi un favore, e ti avevo chiamato anche ieri ricordandotelo. Quindi non fare lo stronzo, Michael.» detto ciò riagganciò sbuffando. «Che grandissimo testardo.» disse tra sé.
«Mi ricorda qualcuno~» scherzò Shelley ma subito cambiò discorso «Da quanto tempo è che conosci questo... Michael?»
«15 anni, ci conosciamo dall'università» «Wow, eravate compagni di stanza o cosa?»
«Un rapporto di amicizia tra un insegnate e un alunno.» Mi addormentai perdendo il resto della storia, ma non riuscivo più a essere cosciente per l'accumulo di stanchezza, stress e Dio solo sa cos'altro. In alcuni momenti mi risvegliai pochi secondi, come quando gentilmente Shelley mi fece poggiare la testa sulla sua spalla, o di quando Brice imprecò per il semaforo rosso.
«Ehi, Sam dai svegliati. Dobbiamo scendere dalla macchina.» quando aprii gli occhi capii che eravamo arrivati. Fermi davanti alla porta d'ingresso di un edificio grigiastro e spoglio.
Una leggera pressione sulla spalla mi diede la forza di scendere dall'auto e fare quei passi necessari per poter incontrare il fatidico "Michael". Appoggiandomi completamente a John, attraversammo l'atrio «Ancora pochi passi, Sammy.»
«Ah» ridacchiai «Ci abbiamo messo poco.» scherzai cercando di alleggerire la situazione ma subito dovetti aggiungere «Aspetta, aspetta.» sentivo come la sensazione che mille occhi mi stessero guardando. Era solo una sensazione, certo, ma era davvero invadente soprattutto quando una fitta alla testa mi obbligò a fermarmi un attimo. «Tutto ok?» Shelley si precipitò davanti a me prendendomi il volto tra le mani, questa volta fredde. «Si solo...» chiusi con forza gli occhi sentendo un fischio che mi stava massacrando il cervello. Mugolai a denti stretti. «Sbrighiamoci ad andare da Michael.» disse Brice, quindi Shelley mi fece passare un braccio dietro il suo collo anche se ero più alto di lei e mi accompagnarono entrambi in una stanza con un uomo che stava pulendo alcuni strumenti.
Appena entrati sentii una vampata di disinfettante, quasi vomitai seduta stante.
Brice mi fece sdraiare su un lettino al centro della sala e subito l'uomo, che pensai dovesse essere Michael, si avvicinò a me.
«Ok signor Davies...»
«Solo Sam, per favore.» lo interruppi sentendo il mio cognome.
«Ok Sam, allora ho un quadro generale...» questa volta si interruppe lui guardando Shelley e John. «Devo chiedervi di lasciarmi solo con il mio paziente.» erano passati molti anni da quando sentivo quella frase. Come quando mia madre e mio padre si preoccupavano delle mie difese immunitarie basse. Ero un bambino ma la dottoressa voleva parlare da sola con me.
Brice annuì e non esitò ma Shelley mi guardava preoccupata e curiosa di sapere cosa avessi. Alla fine John riuscì a farla uscire così, una volta soli, il dottore ricominciò.
«Dicevo. Ho un quadro generale, ma se non le dispiace vorrei farle delle domande.» annuii
«Perfetto, allora.» guardò una cartellina e lesse velocemente il contenuto. «Mi è stato detto che da piccolo aveva alcuni problemi di salute. Me ne parli.»
Lo guardai qualche secondo finché un'altra fitta non mi attraversò la testa. «Difese immunitarie basse, molto basse.» precisai.
«Sa a cosa era dovuto?» domandò in modo formale. Scossi la testa. «D'accordo, parliamo ora dei sintomi che presenta.»

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