Capitolo 4

11 2 0
                                    

«Ecco a te.» Mi passò il piatto con sopra la mia colazione «Una colazione da veri campioni.» Sorrise.
«Ma tutte le colazioni sono da campione.» presi la posata e iniziai a mangiare. «Questo perché quando si tratta di te, tutto diventa per un campione.»
«Papà...» Lo chiamai «Come mai mi definisci un campione?» Era da un po' che mi ponevo questo interrogativo, ma non avevo mai avuto l'opportunità per domandarglielo.
«Dal primo giorno che ti presi in braccio, sapevo che in futuro saresti diventato importante e che avresti fatto qualcosa di memorabile... Come un campione.» Mio padre sembrava fiero di me come quando avevo sei anni e vincevo i giochi matematici, non solo quelli della mia età ma anche quelli avanzati. Mio padre diceva sempre che potevo fare qualunque cosa io volessi ma senza sentirmi obbligato in alcun modo.
C'era sempre quando nella mia crescita cadevo, ma con un sorriso mi rialzava e mi diceva sempre di guardare avanti perché era lì che si trovava il successo.
Inevitabilmente mi ritornò in mente quella notte buia in cui mio padre entrò nella mia stanza.
Perché voleva che il modellino che avevo fatto per lui lo tenessi io? Era così contento di ricevere quel piccolo trofeo... E allora perché ridarmelo così improvvisamente? Quel pensiero mi risvegliò da tutti quei ricordi e mi invogliò a prendere il Saturn.
Perché ce l'ho io...
Lo osservai nei minimi particolari e, non appena vidi le scritte sul lato del razzo mi tornò alla mente il codice. «ST 5 - 01...» solo infine mi resi conto che il motore centrale aveva qualcosa di diverso. Analizzandolo riuscii a scorgere qualcosa al suo interno. Tirai fuori l'intruso con molta cautela, si trattava di una chiavetta USB avvolta da un foglietto di carta.
Posai il Saturn V e lessi il foglietto:

" Per il campione "

Era scritto su un lato e per curiosità lo girai per vedere se c'era dell'altro.

" Ti voglio bene. Tuo padre, TD. "

Il cuore fece una capriola mentre leggevo quelle parole. Quelle erano state le sue ultime parole. Mi sentii sopraffatto e mi resi conto che avevo trattenuto il respiro, sospirai e mi costrinsi a reprimere, almeno per quel momento, le emozioni.
Uscii dalla mia stanza con in mano la chiavetta USB e mettendo il biglietto in tasca. «Credo che i computer siano la vita.» Confidò Shelley.
«Preferisco le cose analogiche.» ammise il signor Brice.
Mi schiarii la gola per attirare la loro attenzione «Scusate.» Dissi quando si girarono a guardarmi. Tenni lo sguardo basso sulla chiavetta USB che mi rigiravo tra le mani. «Shelley se non sei impegnata potresti guardare questa?» Mi avvicinai passandogli la chiavetta USB.
Mi guardò qualche secondo poi la prese «Certo.» Esitò a continuare ma alla fine domandò «Sembri sconvolto. Stai bene?» Cercai una risposta per farla stare tranquilla ma l'unica cosa che mi veniva in mente era una bugia e odiavo farlo. Così le dissi la verità «Non proprio, ma dobbiamo concentrarci su tutto quello che abbiamo scoperto.» Ero convinto e determinato. Volevo in parte dare loro una sicurezza in quel mare di dubbi dove in quei giorni stavamo navigando.
«La chiavetta è di mio padre, forse ci potrebbe essere utile in qualche modo.» Restai lì mentre Shelley inserì la chiavetta USB al PC.
L'aprì ma qualcosa la bloccò. «È criptata» Disse semplicemente. «Per accedere serve una password...» Si girò verso di me e così fece anche Brice.
«Qualche suggerimento?» Chiese quest'ultimo.
Ci riflettei un po' «Potrebbe essere qualsiasi cosa... un oggetto, una data, un nome...» Intervenì Shelley.
«Quanti tentativi abbiamo?» Chiesi, così da potermi regolare. «Solo due.» Rispose «E se sbagliassimo due volte?» Era interessato Brice.
«Non saprei, potrebbe succedere di tutto. Potrebbe bloccarsi, cancellare i file all'interno, infettare con un virus il pc...»
«E ovviamente non vogliamo che accada nessuna di queste cose.» Il sarcasmo di Brice fece ancora la sua entrata, ma dovetti ammettere che in quel momento ce ne era bisogno.
«D'accordo allora...» Cominciai a dire «La chiavetta è sicuramente del 2006, quindi qualsiasi password possa essere, deve avere legami a quell'anno.»
A Brice gli venne una risatina «Aspetta. Come fai ad esserne sicuro? Perché non ci dici mai come fai a sapere questo genere di cose?» poco alla volta divenne sempre più serio fino a diventare quasi irritato.
«John, non è il caso.» Intervenne Shelley.
«Se non ti sta bene sai dov'è la porta.» Mi avvicinai a lui per dargli testa.
Ci guardammo in cagnesco per qualche secondo poi il signor Brice cedette «Certe volte non capisco perché non esco da quella porta.» Si lamentò mettendosi seduto.
«Però hai ragione. So che è del 2006 perché la chiavetta USB era incastrata nel modellino che avevo realizzato da piccolo. Mio padre l'avrà messa prima di ridarmi il modellino.» Dopodiché tornammo, io e Shelley, a dar attenzione alla possibile password. «Potrebbe essere: "NASA" come potrebbe essere "SaturnV".» Ragionai ad alta voce.
«È probabile che abbia scelto qualcosa che gli piaceva... prova con "SaturnV"» Le dissi.
Digitò la parola ma un avviso di errore ci apparve davanti. «Cazzo.» Mi feci sfuggire. Avevamo solo un altro tentativo e poteva essere qualsiasi parola. Mi appoggiai alla scrivania di Shelley tenendo lo sguardo basso concentrandomi. Poi mi tornò in mente il biglietto.
Lo presi dalla tasca e lo rilessi un'altra volta accarezzandone la superficie.
«"Campione"» dissi a malincuore dopo un minuto di riflessione. Shelley sembrava dubbiosa quindi non fece nulla, mi guardava preoccupata. «La password è quella.» dissi senza alzare lo sguardo dal biglietto e di nuovo la risata di Brice si fece strada nella stanza.
«Il tuo solito "so per certo"»
«John...»
«Che c'è? Anche tu, Shelley, stai cominciando a pensarlo, si vede dalla tua faccia. Io non seguo qualcuno che va avanti alla cieca.»
Uno scatto d'ira mi impossessò. Posai con rabbia il foglietto sul tavolo e mi avvicinai a lui con respiro accelerato. Gli presi il colletto della sua maglietta e lo costrinsi a guardarmi. Non dissi nulla, sapevo che il mio sguardo diceva tutto.
Per istinto alzò le mani e mi guardò un po' impaurito. Con gli anni avevo imparato a controllare la rabbia ma il signor Brice mi metteva a dura prova. Era un uomo di trentacinque anni ma si comportava ancora come se ne avesse diciassette e questo mi dava davvero fastidio.
«Non vuoi seguirmi, bene. Vattene. Ma sappiamo entrambi dove andrai a finire se esci di qui.» Non amavo minacciare ma era l'unico modo per tenerlo a bada.
Si sentì un digitare sulla tastiera e poco dopo Shelley affermò «L'ho sbloccata.» Continuai a tenere stretto il colletto della sua maglietta finché Shelley non mi richiamò. Mi staccai per avvicinarmi al computer «E per la cronaca John.» Iniziò Shelley «Quando Sam dice una cosa, è perché ne è sicuro.»
Brice restò in silenzio per poco, prima di ribattere «Non dico il contrario, ma sarebbe carino che lo condividesse con noi, ci tiene fuori da tutto.»
Sospirai «Dovrei forse raccontarti la mia vita? Anche se lo facessi non capiresti.» Tenni un tono freddo mentre continuavo a guardare il monitor. «Cosa c'è nella pennetta USB?» Chiesi, infine, a Shelley.
«Assolutamente... nulla» Disse stranita. «È completamente vuota.» confermò ancora.
«Un buco nell'acqua...» Affermai tra me e me. «Continuiamo a lavorare sulla scheda. Non facciamoci demoralizzare.» Ripresi il biglietto e lo misi in tasca.
Mi sedetti accanto alla maga del computer e iniziai a pormi delle domande: Perché papà avrebbe messo una password se dentro non c'era nulla? Ma soprattutto perché farmela trovare? Shelley mi risvegliò dai miei pensieri.
«Ma che diavolo-» Guardai prima lei e poi dove stava guardando «Che succede?» Sembrava che andava tutto bene ma la sua affermazione mi fece credere il contrario, o almeno all'inizio.
Un sorriso apparve sul suo viso una volta che si rilassò sulla sedia. «La scheda. Si è sbloccato da solo un altro livello di sicurezza.» affermò con gioia. «E sembra che ora i file siano per intero.» La guardai sorpreso.
«Apri il video, per favore. Potrebbe dirci qualcosa che non sappiamo.»
Shelley lo fece e dopo aver aspettato qualche secondo per il caricamento il file video partì. «Hey Sammy.» Il mio cuore fece un altro capitombolo quando sentii mio padre nel video. Si trovava nella casa in montagna, precisamente nel suo ufficio e dietro di sé aveva messo il modellino che avevo creato per lui.
Per istinto fermai il video e, sconvolto, mi allontanai dal computer. «Se vuoi ce ne andiamo.» Disse Shelley per cercare di farmi stare meglio, ma invano. Scossi la testa.
«No, restate. Non so cosa dirà ma dovete capire che rivedere mio padre dopo così tanti anni, mi destabilizza un po'.» Confessai. E gli altri restarono in silenzio finché il signor Brice non mi mise una mano sulla spalla «Andremo con i tuoi tempi.» Quel che disse mi fece comprendere che finalmente aveva capito qualcosa di me. Per me non era affatto facile, per anni, anche se in cuor mio non volevo, sapevo che era morto con la mamma. Avevo dovuto sopportare il dolore della perdita di due genitori, ed ero solo un bambino di appena sette anni.
Premetti lo spazio nella tastiera e feci partire il video.
«Non so quanti anni siano passati da questo giorno e spero vivamente che questo video non lo vedrai mai, perché vorrà dire che sono ancora vivo. Quasi sicuramente sarai sopraffatto dalle emozioni anche se non lo darai a vedere.» Sorrise «Spero che tu non sia cambiato affatto e che tu sia rimasto il mio campione.» Distolsi lo sguardo, sentirlo di nuovo mi faceva piacere, raggiunse il mio cuore con solo poche parole. «Mi spiace che non sia potuto stare con te nella tua crescita. E...» Si fermò un attimo ma riprese subito «Dio, vorrei che non fosse così complicato, ma so che con il tuo cervello da genio e con la tua astuzia tu riuscirai dove io ho fallito.» Riposai lo sguardo sul monitor.
«So che ti chiedo molto Sam. E non vorrei mai costringerti, ma il nostro paese è corrotto ed è per questo che probabilmente ci hanno ucciso. Io e tua madre eravamo vicini a sbaragliare tutti ma qualcuno ha parlato. Non so dirti se è stata Cristine o se c'è una cimice in casa-» Shelley stoppò il video e mi guardò non capendo.
«Cristine?»
«Cristine Davies» Risposi annuendo «Mia madre.»
Brice ripeté il nome e il cognome della mamma stupito «Aspetta... quella Cristine?» Dovetti ammettere che non capivo cosa intendesse, infatti, lo guardai stranito.
«Cristine Davies, colei che è andata contro il governo per la liberazione di Robert Simon Robinson?»
Era incredibile come la gente ricordasse ancora quella questione. Annuii «Si, colei che ha liberato il "killer della dittatura". Ma è successo prima che nascessi.» Precisai.
«Se lo avessi saputo prima...»
«Non ti saresti opposto ad ogni mia decisione?» lo interruppi completando la sua frase.
Rimase zitto e feci ripartire il video.
«Fatto sta che il governo e il presidente hanno tracce di corruzione. Federali, CIA e tutti gli altri corpi di investigazione coprono ogni tipo di traccia ed eliminano i problemi.» Mio padre si girò di scatto «Si stanno avvicinando alla casa...» Ammise andando a spegnere un allarme silenzioso in fondo alla stanza poi tornò in fretta dalla telecamera. «Non c'è tempo per spiegare. Troverai tutto nella scheda e ricordati Sammy... Ti voglio bene campione. Abbi cura di te.» Spense la telecamera e una lacrima riuscì a sfuggire al mio autocontrollo.

L'asciugai in fretta e mi allontanai un po' per elaborare il tutto.

Ti voglio bene anche io, papà...

SecretsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora