Capitolo 19

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Passammo qualche giorno con mio padre in quella casa minuscola ma accogliente. Parlammo molto ma ormai il mio pensiero era proiettato altrove: cosa avrei fatto? Quale sarebbe stato il mio obiettivo?
Non avevo minimamente pensato a cosa fare una volta ritrovato mio padre, ma avevo come la sensazione che dovevo scoprire cosa stava cercando di fare. Ricordo di quella sera quando mio padre parlò alla mamma di un governo corrotto ed io ero intenzionato ad arrivare fino infondo a quella faccenda. I miei amici erano andati a fare una passeggiata nella zona, stanchi si stare chiusi in quella angusta casa.
«Che vuol dire "la bilancia della giustizia sta finalmente pendendo dalla parte giusta"?» citai le parole della sera di quattordici anni prima. Mio padre mi guardò spiazzato.
«Cosa?»
«Lo dicesti a tavola. Alla mamma.» spiegai.
«Gli anni passano Sam, non ricordo tutto quello che dico.» disse ridacchiando come se volesse evadere dal rispondere.
«Non mentirmi. Era evidente che fosse importante. Non puoi aver scordato un evento che metteva pressione anche alla mamma.» dissi serio. Dopodiché fece un respiro profondo e mi guardò severo. «Sei mio figlio, non ti metterò in pericolo.» era risoluto.
«E pensi che tu non lo abbia già fatto, con quel video nel modellino?» dissi alzando involontariamente la voce.
«Non cominciare Sam. Ero giovane e stupido, ma non per questo devi seguire le mie orme.» disse risoluto come se con quella frase volesse concludere la conversazione. Difatti si alzò per andare in cucina.
«Credi che sia ancora un bambino.» dissi seguendolo «Voglio risposte.» conclusi.
Mio padre si voltò di scatto «Sam non sarai più un bambino. Ma resti mio figlio.» disse con un tono più dolce «Ti voglio bene, ed è proprio per questo che non ti lascerò andare oltre.» il suo modo di fare mi suggerì che non avrei potuto in alcun modo fargli cambiare idea.
«D'accordo.» dissi alzando le mani fingendomi arreso. In realtà avevo intenzione di andare alle altre case occupate da lui nel corso degli anni per cercare indizi, ricontrollare la sua cartella, tutto quello che potevo per scoprire cosa mi stava nascondendo. Ero stufo dei segreti. Volevo capire ciò che la mia famiglia mi aveva tenuto all'oscuro, scovare cosa mi stavano nascondendo da moltissimi anni. Ricordo la loro conversazione di quel giorno, ricordo il terrore e la preoccupazione della mamma, sapevo che c'era qualcosa di sbagliato in quel discorso contorto e pieno di messaggi in codice. Non ero più un ragazzino ma sapevo perfettamente che mio padre non mi avrebbe aiutato, anzi, mi avrebbe fermato con ogni mezzo a sua disposizione. Quindi attesi.
Aspettai la notte, ed intanto i miei amici rientrarono dalla loro spensierata passeggiata. Mangiammo, parlammo e ci coricammo per dormire. Il tempo mi sembrò volare in un istante. Ed ecco la dolce notte che tanto attendevo.
Era ora di agire, non potevo aspettare che le risposte arrivassero a me da sole. Ero io che dovevo cercare impaziente di scoprire la realtà dei fatti. Mi alzai dal piccolo divano su cui ero sdraiato cercando di non svegliare gli altri. «Sam?» Mi voltai di scatto sorprendendomi che Tom si fosse svegliato. Mi era sembrato di esser stato abbastanza silenzioso, quindi vederlo mezzo sveglio mi allarmò. «Che stai facendo?» sussurrò stropicciando un occhio.
A quel punto mi avvicinai con passo felpato e mi abbassai alla sua altezza «Tranquillo. Torno appena posso.» cercai di rassicurarlo con un sorriso.
«Non mentirmi Sam.» aveva la voce impastata dal sonno e questo mi divertì tanto da farmi scappare un sorriso. «Mi piace quando sorridi.» si distrasse un secondo ma ritornò alla conversazione di prima «Qualunque cosa, tu abbia in mente...» mi prese il braccio con una stretta leggera «Qualunque...» ripetè «Ti seguirò.» disse mettendosi a sedere senza mollare la presa, e mi guidò facendomi sedere accanto a lui.
«Tom...» dissi ma mi fermai. Non volevo mettere in guai seri anche lui quindi tacqui.
«Sam. Non sei tu che me lo chiedi. Sono io che te lo dico. Verrò con te.» era sempre stato cocciuto ma mai fino a quel punto. Non avendo appiglio su come protestare decisi di desistere. «Sarà meglio che ti vesti allora. Perché partiamo subito.»
Cinque minuti gli bastarono per mettersi le scarpe e la giacca. Uscimmo dalla casa, ci avvicinammo alla macchina e salimmo. Ero al posto di guida e esitai a mettere in moto l'auto.
«Ehi» Mi richiamò Tom con voce dolce «Tutto ok?» domandò posando con una delicatezza ultraterrena la mano sul mio braccio.
Cancellai i miei dubbi dalla mente e avviai il motore. Il rombo fece molto rumore in una notte silenziosa come quella, ma non si vide uscire nessuno, nessuno sembrava si fosse svegliato.
Feci retromarcia e lasciai il vialetto e con esso anche mio padre e i miei amici. Improvvisamente un senso di colpa mi strinse il cuore ma aspettai di essere in una strada isolata per fermarmi e scendere dall'auto.
Avevo bisogno di aria. «Sembri...» iniziò Thomas ma finii io la frase per lui «Straziato?»
«Abbastanza.» ammise Tom.
«Mi spiace di aver lasciato lì Shelley e Jhon...» confessai appoggiandomi alla macchina.
«Se ti senti in colpa, vorrà dire che stai facendo la cosa giusta nel modo sbagliato o il contrario.»
«E come faccio a sapere quale tra le due sia?» Chiesi sperando in una risposta che mi potesse levare ogni colpa.
«Io credo fortemente nei due lupi in noi: uno bianco, puro, gentile e benevolo. L'altro nero, violento, egoista e cattivo. Ma hai a disposizione solo una mela. A chi darai da mangiare?»
Dopo un minuto di riflessione, in cui ripetei mentalmente il discorso di Tom, risposi «Dividerei la mela a metà.»
Tom sorrise fiero «Allora credo che tu ti senta in colpa perché sai che stai facendo la cosa giusta, ma nel modo sbagliato.»
«Da cosa lo deduci?» Chiesi curioso.
«Piccoli trucchi spicologici.» disse mentre si mise affianco a me. «Sam ad essere sincero, non so per quale motivo tu abbia deciso di abbandonare tutti, ma so che qualsiasi cosa tu stia rincorrendo è importante per te.» disse sorridendomi come la sera prima sotto quel bellissimo cielo stellato. «E se è importante per te, lo è anche per me.» concluse.
Mi diede una leggera pacca sulla spalla invitandomi a risalire per continuare il viaggio. Così feci.

Il viaggio trascorse velocemente tanto quanto leggere un capitolo di un libro, o almeno così sembrò a me. Oramai il sole era sorto e gli uccellini volavano sereni senza il timore del buio.
Io e Tom trovammo in quel viaggio il tempo per riavvicinarci come in passato e dovetti ammettere che era piacevole avere un amico come lui. Ma il tempo delle chiacchiere era finito.
Oramai eravamo davanti alla porta della prima delle tante altre casa in cui mio padre si era nascosto. Aprii la porta e subito Tom ed io ci dividemmo le stanze in cui cercare.
Una casa rozza e mal messa, con legno marcio un po' ovunque e inghiottito da madre natura. Le stanze del piano terra erano inagibili ma in quelle del primo piano, nonostante il casino di mobili, ci si poteva camminare.
Tom andò a controllare quello che sembrava lo studio e la camera da letto. Io invece nel bagno e in un'altra stanza che sembrava esser stata un laboratorio.
Iniziai dal bagno, lasciando per ultima la stanza che più mi interessava.
All'interno del bagno trovai assai poco, il mobilio praticamente era assente, mancava il gabinetto e la doccia. L'unica cosa presente era un lavandino e uno specchio con degli armadietti ai suoi lati. Li aprii e, oltre a trovarci ragnatele e insetti morti, trovai dei flaconi e dei medicinali. Niente di utile o sospetto tranne che per un flacone strano con del liquido denso al suo interno a cui però non diedi importanza, pensando che fosse una sorta di esperimento finito male di qualche persona andata lì in un secondo momento.
Abbandonai la stanza senza nulla di concreto ma con la speranza che nel laboratorio trovassi qualcosa di utile. Mi feci largo nella stanzetta tra tavoli mezzi rotti e con quelle che potevano sembrare segni di incendi. Il cuore palpitava di emozioni e adrenalina. Analizzai i mobili ancora intatti pregando che ci fossero prove che portassero a mio padre. Purtroppo l'unica cosa che trovai fu solo un terribile odore e un cassetto pieno di altri flaconi come quello che trovai in bagno. Se prima pensavo che fosse un esperimento di qualche drogato, adesso cominciai a riflettere che fossero qualcosa di più importante.
«Sam, vieni qui.» mi chiamò Tom, seguii la sua voce fino allo studio. Lo trovai che stava maneggiando qualcosa e, quando mi vide, si fermò di scatto. «Ho trovato questo...» disse porgendomi qualcosa di dorato e sporco. Lo presi subito e appena fu nelle mie mani capii subito cosa fosse. Il bossolo che avevo in mano era uguale a quello che avevo trovato nella casa in campagna. Se prima non sapevo se avere dubbi su mio padre, da qual momento capii che molte cose di lui non tornavano. «Perché c'è un bossolo di una pistola uguale a quello della casa in campagna?» riflettei ad alta voce girando tra le mani quel bossolo.
«Ma perché c'è un bossolo? E soprattutto a chi o cosa ha sparato?» si chiese Tom. Non avevo risposte alle sue domande, ma era ovvio che c'era qualcosa che non andava.
«Dove lo hai trovato?» chiesi dopo un po'.
«Oh, sopra quella mensola lì.» Mi indicò una mensola storta dovuto al cedimento di un pezzo di muro. «Anche a portata d'occhio se ci pensi.» Aggiunse Tom, di fatti la mensola era proprio all'altezza dell'orizzonte.
«D'accordo» dissi sospirando stanco «Andiamo a un'altra casa.» continuai iniziando ad uscire da quella casa pericolante. Avevo intenzione di scoprire più cose possibili e tornare dagli altri il prima possibile così da non destare sospetti.

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