"Brava Emma!"
Ero fiera di me, avevo battuto un mio compagno in un esercizio agli allenamenti, e l'allenatore l'aveva fatto notare a tutta la squadra. Pensavo che andando avanti così loro non mi avrebbero più preso in giro. Ma mi sbagliavo, tanto. Era un circolo vizioso, non avrebbe mai avuto fine a meno che io non avessi rotto quella monotonia. Il problema era che non ne avevo il coraggio."CHIUDETE QUELLA PORTA!" urlo verso l'altra stanza, e il mio grido è diretto verso quegli idioti che hanno aperto la porta dello spogliatoio mentre mi cambiavo. Ma ovviamente in risposta alla mia esasperazione viene solo divertimento.
"Ha ha ha, esilarante" e vado a chiudere la porta da sola. Dovevo trovare una soluzione. Non poteva andare avanti così per sempre. E in quello spogliatoio che puzzava di sudore inizio a pensare a come fare per sbarazzarmi di questo problema, ma non mi viene in mente niente. Insomma, potevo dirlo all'allenatore ma non pensavo che sarebbe cambiato qualcosa. Avrebbero potuto prendermi in giro sul fatto che mi ero fatta aiutare da un adulto. Non potevo dimostrarmi così debole. Non lo ero. Dovevo arrangiarmi da sola, non potevo ricevere aiuto da nessuno. Rimuginandoci sopra tiro su la sacca e, sospirando, vado verso l'uscita ad aspettare il mio "amico" con cui dovevo tornare a casa. Non avevo il telefono o un libro, quindi non potevo passare il tempo in qualche modo. Ogni volta era davvero una scocciatura: ci metteva sempre tanto, e io ero costretta a vedere sfilare davanti a me tutta la squadra, e salutarla. E come se non bastasse, ogni tanto venivano sugli spalti i due peggiori della squadra: quelli che giocavano meglio. E non solo erano i più fastidiosi in palestra, ma li avevo anche in classe. O almeno, uno di loro. Carlo. L' altro, Marco, era in un'altra sezione, ma lo vedevo comunque a scuola. Argh
Non riuscivo a immaginare come potessero irritare una persona così tanto come irritavano me, ma pensavo che lo facessero solo per divertimento. Doveva riuscirgli facile, quindi. Il tempo passa e io non ho intenzione di parlare a quei due, perciò comincio a guardare gli allenamenti dei più piccoli come se mi interessassero. Il padre di Carlo, però, purtroppo per me, nota che in realtà ero poco interessata, mi saluta e comincia a parlarmi
'Stai zitto'
Penso. Proprio in quel momento il mio passaggio si fa vivo, ed esce dallo spogliatoio.
"Devo andare, ciao!" dico con falsa enfasi.
"Ciao!" mi salutano con sorrisi di plastica e finalmente posso uscire dall'Inferno.
Ma non è finita. Devo andare in macchina con Pietro, il figlio di una cara amica di mia madre, che però io ho sempre odiato. Non è proprio una gran cosa stare con lui e sua madre in macchina per almeno venti minuti. Lei continua a parlare, mi fa domande e io vorrei solo mettere un paio di cuffie per non ascoltarla più, per nascondermi dal mondo. Ma sopporto, e quando sbatto la porta della macchina mi sento finalmente libera. Sono davanti al cancello di casa mia, e mi sembra il cancello del paradiso. Sotto la doccia, poi, con l'acqua calda e la libertà di pensare e cantare a squarciagola, mi sento come una dea.
Le gocce d'acqua mi scorrono sottili su tutto il corpo, e io penso al periodo di vita che sto passando. Penso agli amici che ho. Non sono tanti, e non sono neanche veri. Sarebbe bello avere un rapporto stabile che mi mantenga in vita. Ma non ce l'ho. Perché nessuno vuole avere un vero rapporto con me. Guardandomi intorno vedo solo gente sconosciuta, amici falsi. Mi immagino loro che mi si rivoltano contro, che cominciano a ridermi in faccia
Sei brutta
Sei antipatica
Mi fai schifo
Questo dicono le mie più grandi paure.
Quando finisce questo schifo?
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Non dimentico
Short Story"Risate. Risuonano nella mia testa ancora e ancora. Non riesco a liberarmene. Il volto pulsa ancora dopo l'incidente di ieri, pulsa in viso e pulsa dentro. Non voglio che accada ancora. Devo essere forte, la prossima volta. Eppure Non riesco a senti...