Marco

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Un nome comune.
A qualcuno può anche piacere.
Qualcuno avrà degli amici che si chiamano così.
Qualcuno avrà un familiare con questo nome.
A me, invece, non piace per niente.

Ero agli allenamenti, e come al solito preferivo essere altrove.
"Lasciatemi in pace!" dico, e come al solito Marco e Carlo stavano per ribattere ma l'allenatore stava arrivando, e non avrebbero potuto dire niente, se ne andarono ridendo tra loro. Per una volta quell'uomo era stato utile. Di solito mi dava dell'idiota anche lui.
Quel giorno tutto andò relativamente bene, a parte qualche pallonata ogni tanto. Il problema venne dopo. Ero come al solito sola nello spogliatoio, e stavo prendendo le mie cose per cambiarmi, quando qualcuno spalanca la porta. Stavo per urlargli addosso, ma poi vedo che era un mio compagno, il meno fastidioso potrei dire, che aveva la sua sacca a tracolla.
"Che vuoi?" gli chiedo, acida.
"Volevo solo venire di qua. Gli altri mi danno troppo fastidio"
Io rimango di stucco. Nessuno mi aveva mai parlato così gentilmente, anzi, nessuno mi aveva mai rivolto la parola senza inserire qualche insulto nella frase. Inoltre, non era mai successo che qualcuno volesse stare con me, e c'era un'altro spogliatoio libero. Dunque perché voleva venire proprio nel mio? Apprezzavo il gesto ma preferivo stare da sola
"Ah... si, va bene, resta" accetto, comunque. Ero in imbarazzo, perché mi ero sempre cambiata da sola, al buio, mentre adesso c'era anche lui, e aveva acceso la luce. Ero in un certo senso contenta, perché non avrebbero aperto la porta, ora che il più popolare e portato tra di loro era venuto nel mio stesso spogliatoio. Praticamente tutti gli leccavano i piedi. Soprattutto i miei due cari compagni di scuola.
Ero vestita, dovevo solo cambiarmi le scarpe. Per farlo dovevo girarmi verso di lui, ma mi ero quasi scordata che era lì, quindi l'ho visto in mutande. Cazzo, che imbarazzo. Piego subito la testa, sentendomi le guance avvampare. Mi allaccio le scarpe velocemente, lui sembra non accorgersi di nulla. Le figure di merda proprio io devo farle? Tra l'altro, non era l'unico problema. Ovviamente gli altri sapevano che lui era a cambiarsi nello spogliatoio con me, quindi mi avrebbero lasciato ancora meno in pace. Sarebbero nate storie che si basavano sul vero, ma erano costruite sul nulla.
Non poteva restare nel suo spogliatoio? In un certo senso lo ammiravo perché si era staccato da quel branco di imbecilli, ma avrei preferito essere sola. Mi avrebbe evitato tante prese in giro. Finalmente riesco a fare il fiocco alla scarpa, mi alzo, prendo le mie cose e apro la porta. Esito.
"Ciao" lo saluto. Non volevo essere maleducata, era stato coraggioso ad andarsene dal gruppo. Nella società in cui ci troviamo, è difficile farlo.
"Ciao, ci vediamo mercoledì" mi risponde, e chiudo la porta. Dall'altro spogliatoio urlano "Emma ammetti che ti piace!" come avevo previsto.
Io gli grido qualche insulto, ed esco.
Ah, avevo dimenticato di dirlo.
Lui si chiama Marco

Non dimentico Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora