Una dolorosa passione

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Io amavo il basket. Amavo far rimbalzare quel pallone, correre e far punto centrando quel semplice cerchio di metallo che però riusciva a consegnarmi tante emozioni. Ne avevo comprato persino uno per la casa. Ci giocavo nei pomeriggi liberi, facevo la telecronaca e mi sembrava di volare in un campo dell'NBA. Ero la campionessa mondiale, mi stavano acclamando e io, commossa e con il trofeo in mano, ringraziavo lamia famiglia, i miei amici, la mia squadra. Mi piaceva a tal punto da immaginare di avere una bella squadra, già. Ma sapevo che avrei smesso di giocare alla fine di quell'anno, perché la pallacanestro è uno sport di squadra, e tra me e i miei compagni c'era uno squarcio irreparabile, che si sarebbe potuto ricucire solo con il tempo. Fin troppo tempo, e io avevo perso la pazienza. Avevo sopportato, avevo resistito, e forse la vivevo peggio di quanto in realtà fosse, ma era terribile conviverci, e io lo sapevo. Non potevo vivere nel totale schifo di una squadra da cui mi sentivo isolata e con la quale sentivo molta lontananza. Non c'era nessuno che mi capisse, l'unica cosa che facevano lì era farmi soffrire. Non poteva continuare, non potevo restare.
Eppure quello sport mi piaceva, non potevo abbandonarlo per qualcuno come loro...

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