Capitolo 14

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Capitolo 14

Bella Pov

Ormai accettai l'idea che stessi sognando.
Respinsi quest'idea numerose volte, ed ora, era il momento di affrontare la realtà.
Certo, non avevo mai fatto un sogno così vivo come questo, e penso che mi sarei già svegliata quando stavo per inciampare nel tappeto del soggiorno, ma doveva per forza essere un sogno, se no, come si spiegherebbe tutto ciò?
Perchè non c'era modo di spiegare come e quanto fossero perfette queste persone.
Osservai tutta la famiglia e ne rimasi semplicemente accecata, sembravano così simili, eppure così diversi.
Tutti presentavano un colorito molto pallido e gli occhi erano cerchiati da un colore molto scuro.
Erano inumani, decisamente sovrannaturali quei occhi.
Ma la mia razionalità mi fece vacillare sul fatto che nessun sogno dura così a lungo.
E lo sguardo sul volto di Edward Cullen, quando parlai, non era per niente un sogno.
Sembrerebbe di risiedere in un incubo perenne. La sua bocca era contorta in segno di una profonda angoscia, e il suo sguardo era così vivo di emozioni che non riuscivo a distinguerne nemmeno una. Era così potente, mi sentivo stordita da quel suo sguardo.

Stavo salendo per le scale, quando sentii il mio polso gelare improvvisamente, così voltandomi di scatto vidi la faccia di Carlisle sgualcita piena di preoccupazione.
"Andiamo in soggiorno, ok, Bella?" Ripetè più a se stesso che a me.
Annuii tratenendo per un attimo il fiato non sicura di quella scelta, così parlai. "Si, ma io tra un'ora dovrei tornare da Sarah e Greg."
Carlisle sorrise e disse, "Lì chiamero e li informerò che ti riporteremo a casa in tempo."
Fece un passo indietro e mi riposò delicatamente il polso nella mano gelida di Alice.
Abbassò in seguito la testa e ci fece strada verso una stanza grande parallela all'ingresso del garage.

I miei occhi si posarono su un lungo divano di pelle e dinanzi a se un tavolino con candele bianche disposte su di esso.
Cera una finestra molto grande dalla quale scorgei la pioggia cadere pesantemente.
Alice mi condusse e mi fece posto sul divano, non lasciando la mia mano, per paura, crede che potrei svenire o qualcos'altro.
Mi sedetti in mezzo, con Alice sulla mia destra, e Esme alla mia sinistra. Emmett e Rosalie si misero su un divanetto massiccio dinanzi a noi, mentre Jasper si sedette su una sedia, e Edward si incamminò dietro quest'ultimo, lentamente, e rimase in piedi con Carlisle.
Ci fu un silenzio scomodo fino a quando Carlisle prese parola. "So che siamo "Sconosciuti" per te, Bella, ma se ci potresti dire di più sul tuo incidente, te ne sarei davvero grato."
Provai a proferire parola balbettando, "E-e-ero, in in strada circa un mese fa ed so che ho avuto un incidente stradale e...Ummh...Ho battuto la testa e ho contratto l'amnesia." Mi fermai. Che altro potevo dirgli?
"Quanto lontano puoi arrivare con i ricordi?" Chiese prontamente.
"Ummh...Mi ricordo che mia madre mi accompagnò all'ereoporto. Questo è tutto."
Come previsto tutti si voltarono a guardare Edward. I suoi occhi erano ancora chiusi, ma le sue mani erano poggiate sul suo naso perfetto contiuando a tapparselo. Quando Carlisle gli mise una mano sulla spalla, si rilassò improvvismente e fece un cenno con la testa a qualcosa che Carlisle gli aveva detto.
"Non sono specializzato sulla mente, ma sono un medico e so che in alcuni casi d' amnesia, le persone possono ricordare certe cose da loro vissute attraverso i sogni. Hai avuto qualche sogno?"
Annuii prontamente. "Ho un diario dei sogni dove ho scritto tutto ciò che in questi giorni ho sognato. E' nel mio zaino."
"Ti dispiace se potessimo leggere questo diario?" I suoi occhi emanavano una profonda gentilezza.
"No, non mi dispiace. Mi potrebbe dare qualche risposta?" Supplicai.
Esme mi strinse la mano. "Non preoccuparti, Bella, avremo risolto tutto in poco tempo." Indicò Emmett ordinandogli gentilmente con lo sguardo di andare a prendere il diario.
"E' nella tasca laterale," Dissi dopo a lui. Sì voltò e sorrise. Rosalie mi fissò con uno sguardo quasi assassinio.
"A proposito di aiutarti, Bella" Carlisle riprese parola. "Non so se riusciremo..." Alice e Esme si fiassarono con uno sguardo preoccupato e puntano attenzione su Carlisle. "...A farti ricordare, poichè non conosco la gravità de tuo caso, ma penso che in questo momento sia al 50 per cento."
"Ci deve essere pure un modo, Carlisle." Disse Esme. "Potremmo raccontarle da ciò che ha scritto nel suo diario e cosa noi sappiamo." Disse.
"No." Mormorò Edward. Esme gli rivolse un triste sguardo.
"Lascia che la sua mente ricordi ciò che vuole lei. Noi non forzeremo nulla su di lei. Che sia naturale." Questa fu la frase più lunga che sentii pronunciare da lui, e ancora una volta, mi sentivo stordita dalla sua candida voce, una sensazione di nostalgia si elevò su di me. I suoi occhi stupendi, rimasero incollati al pavimento, sforzandosi, credo, di non arrivare a incatenare gli occhi con qualcuno di noi presenti.
Mi faceva malissimo vederlo in quel assiduo e imperterrito dolore, creatosi o forse creatolo da qualcun'altro...ma non avevo idea del perchè.
Emmett tornò con il mio diario nero che faceva contrasto con la sua mano bianca. Lo ripose nelle mani altrettanto bianche di Carlisle, esso ne aprì la prima pagina. Lo guardò per un secondo e poi lo chiuse.
Negli ultimi mesi avevo riempito solo due pagine di quel diario, con scritte e scarabocchi disordinate che descrivono i miei assidui sogni.
Non dubito di certo che Carlisle abbia una velocita-reader, ma non aveva mosso nemmeno gli occhi per leggere.
O forse era perchè non riteneva giusto il fatto di leggere le cose che erano accadute tra me e Edward, ed per questo ha consegnato il libro ad Edward. Lo tenne lì per circa dieci secondi, poi Edward lo afferrò.
Il silenzio riempì la stanza quando gli occhi di Edward viaggiarono sopra le mie parole non familiari per me di ricordi che solo lui ne era a conoscenza. Finì in circa quindici secondi.
Edward alzò gli occhi incontrando i miei, e poi mi si avvicinò. Sulla strada che percorse per arrivare a me, si fermò più volte, ma alla fine si fermò dinanzi a me. Alice e Esme si spostarono e Carlisle ha condotto tutti fuori dalla stanza tranne me e Edward.

Eravamo soli.

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