Metto la valigia nel bagagliaio dell'auto parcheggiata davanti alla porta dell'osteria. Sì, per me è, e resterà sempre, l'osteria "Da Berto".
Ho dovuto comprare una valigia. O come si dice adesso un trolley. Quando ho preparato i miei abiti stirati e ben allineati sul letto della camera mi sono accorta che non ne possedevo una.
In quel momento mi sono resa conto della particolarità di quell'attimo. Ho ripercorso i miei anni, e ho trovato nei miei ricordi la conferma di non aver mai fatto un vero viaggio o di essere mai stata in vacanza in tutti questi anni.
Già! I miei anni.
I miei sessanta anni.
La mia vita.
L'ho vista.
L'ho rivissuta con il sottile piacere di scoprire che le immagini dei momenti che l'hanno segnata, modellata, scolpita, sono ancora con me e mi fanno compagnia.
Cosa sarebbe d'altronde una vita senza ricordi?
Giorgio è in piedi accanto allo sportello del passeggero. Lo tiene aperto in attesa che io salga nell'auto.
Sabine e Rashid sono sull'attenti accanto alla porta di ingresso. Sono due soldatini impettiti per la cerimonia del cambio della guardia. Hanno messo la divisa d'onore, i grembiuli nuovi con la scritta "Da Berto" ricamata di rosso sul petto.
Gli sguardi di entrambi sono per la piccola Estelle avvinghiata alla mia gamba.
La vita, la mia vita, apparentemente così monotona, continua a cambiare.
È successo tutto due mesi fa, in una di quelle serate anonime a metà settimana, quando la sala, torpida, accoglieva un paio di gruppi di giovani del posto e una tavolata per una cena di lavoro.
È entrato deciso, sembrava avesse fretta. E Sabine gli si è avvicinata per accoglierlo.
L'aveva fatto accomodare al mio tavolo, quello accanto al camino.
Avevo pensato fosse il classico cliente di passaggio che arrivava da noi grazie ad una delle tante guide delle Langhe che ormai ci ospitano in modo stabile.
Sabine si era diretta verso di me.
"Ravioli del plin e un bicchiere di rosso. Ha fretta. Però..."
Avevo sollevato lo sguardo verso di lei, alzando gli occhiali da presbite dal naso, per vederla meglio, sorpresa da quella frase lasciata così a mezz'aria.
"Non so, Stella, non riesco a descriverlo. Non l'ho mai sentito un profumo così. È qualcosa di sconosciuto, particolare. Però sento che sta benissimo con il tuo. Credo sia arrivato. Credo sia arrivato il momento."
Ero rimasta in silenzio. Stordita.
Quante volte, nelle notti fredde, avevo immaginato, o sognato, una situazione del genere. E adesso che Sabine me la stava annunciando ero incredula.
Avevo tolto il grembiule e mi ero guardata allo specchio dietro al banco. In quel momento mi sono detta che non avevo scelta, che dovevo semplicemente affidarmi all'istinto di Sabine.
Avevo sistemato alla meglio i capelli in disordine e avevo tentato di stirare con le mani l'abito a fiori spiegazzato.
Nel frattempo Sabine era rientrata dalla cantina con una delle bottiglie di Barolo della nostra riserva. Quelle delle grandi occasioni. E stava preparando due calici di cristallo in un vassoio.
Mi ero ritrovata di fronte a lui. Trasportata da una forza invisibile.
Avevo posato i due calici e la bottiglia sul tavolo.
Lui con la testa bassa, intento a scrivere qualcosa su un quaderno. Non avevo ancora visto bene il suo volto.
Mi aveva regalato uno sguardo prima scuro, sbigottito alla vista dei due calici, che poi si era aperto in un sorriso partito prima dagli occhi che dalla bocca. E poi il gesto della mano, lento ma deciso, che mi concedeva di sedermi di fronte a lui.
È iniziato tutto così.
Avevamo una vita da raccontarci, anzi due vite. E lo abbiamo fatto. Prima di fronte al camino. Un racconto fatto di parole, occhiate, sorrisi. E abbiamo continuato anche la mattina dopo quando l'ho svegliato con una tazza di caffè fumante posata sul comodino accanto al mio letto.
Così Giorgio è entrato nella mia vita.
E io nella sua.
Adesso volto un'altra pagina, inizio un altro capitolo.
Prendo in braccio Estelle e saluto con un bacio Sabine e Rashid, visibilmente commossi.
"Stella, avrò cura della tua osteria, stai tranquilla"
"Adesso è la tua osteria, Sabine, e ne dovrai aver cura come ho fatto io finora. E so che lo farai."
Un ultimo sguardo all'interno dell'osteria deserta.
Il nonno Berto gioca a carte con Sandro.
Mamma Margherita è dietro il banco e mi sorride.
Nonna Renata è al mio tavolo, accanto al camino.
Adesso si gode il suo riposo.
Soddisfatta.
FINE

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Divino Profumo
ContoNonna Renata diceva che tutte le persone hanno un profumo. Non è il profumo di Chanel o quello di certi dopobarba invadenti. E neppure l'odore di terra che i contadini si portano addosso, o quello di farina calda del fornaio che tutte le mattine ci...