15 Giugno 2018

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0. Il Fattaccio

Quando neanche una spiccata vena drammatica può salvarti

Le famiglie non seguivano un copione predefinito.

«James Fleamont Potter, smettila immediatamente di rispondere così a tua madre!», ogni famiglia era unica nel suo genere, diversa nel suo ordine.

Una luna crescente, visibile alle ampie vetrate, rifletteva la luce sul tavolo in marmo. Si avvicinava la fine di una giornata pesante, accusata di aver messo a repentaglio i nervi dei due genitori e macchiato la fedina penale di due ragazzi.

James schioccò la lingua contro il palato. «Ma stai zitto, cagnaccio.», lo squadrò torvo, le dita andarono a posarsi tra i ricci corvini. Incrociò le braccia al petto.

Un broncio infantile, incurante di mascherarsi, si esibiva fiero sul volto del ragazzo. Gli occhi tondeggianti poggiavano sbilenchi sul naso dritto, la figura scomposta sulla sedia.

Euphemia Potter guardò Sirius, il suo secondo figlio. «Grazie caro, almeno tu prendi le mie difese.», scandì bene le parole affinché arrivassero a suo marito, Fleamont, che sorrise gioviale da sotto i baffi scuri.

Sarebbe riuscito a cenare quella sera? Era quello che si chiedeva lui.

Ogni famiglia doveva progettare il proprio schema, la giusta sequenza di botte e risposte capaci di non superari i limiti mai detti.

«Euphemia, mia adorata, non devi neanche chiedere.», Sirius parlò mellifluo per poi rivolgersi sardonico al fratello, accanto a lui.

Se quel fattaccio era accaduto era colpa di James tanto quanto sua, ma non gli importava. Ciò che era fatto era fatto, doveva capire come trarre comunque un certo vantaggio.

«Non lo farò.», James scosse la testa con decisione. «Perché dovrei andare in un'università come le altre quando posso frequentare Oxford!»

James era un mammone e non se ne vergognava ciò però non escludeva che, crescendo, la loro palese somiglianza caratteriale e ignorata proprio dai due protagonisti causasse lotte all'ultima parola, costellando il loro rapporto di guerre per orgoglio e battaglie vinte dal più testardo.

In quel momento, per James Potter, la reazione di sua madre era spropositata.

«Farai la specializzazione ad Oxford, se tanto ci tieni, ma solo dopo averla meritata.», Euphemia parlò con così tanto animo che una ciocca di capelli color vermiglio si liberò dall'acconciatura e le si palesò dinanzi agli occhi color tempesta. «Che non si dica di me che sia una sciocca, James! Il tuo comportamento ha superato ogni limite della buona educazione.», portò la sezione di capelli ramati dietro l'orecchio destro.

La donna sapeva di aver ingigantito i fatti, non era tanto ottusa da non riconoscerlo. Era il suo intento.

Anche se non le piaceva rivolgersi ai suoi figli in tal modo. Era convinta che nel processo di educazione fosse giusto acclamare i loro successi, non far pesare le sconfitte ma spronarli per le volte successive.

Quello era la sua parte di schema familiare, nel grande complesso delle questioni genitori-figli.

Quel metodo però non andava più bene. Aveva sbagliato.

Sirius e James erano educati, sapevano comportarsi in diverse occasioni e non potevano lamentarsi della loro rendita scolastica ma erano indisciplinati.

A loro avviso le regole erano lì solo per essere infrante in modo plateale. Ogni minimo senso del dovere era assente, troppo abituati a chiudere le buche da loro scavate.

Nozze con gli idioti Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora