Stardust

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Eccomi qui.

Christopher Paul Colfer – poche persone conoscono il mio vero nome. Non perché me ne vergogni o non mi piaccia ma lo sento troppo mio, troppo intimo, per presentarmi o farmi chiamare con il mio nome intero.

Per gli amici – non che ne abbia molti, sono semplicemente Chris.

Sono il Chris che ha 19 anni e studia arti drammatiche a New York.

Sono il Chris dagli occhi troppo azzurri e la pelle d’alabastro.

Sono il Chris che, già da piccolo, amava far ridere gli altri – ché un sorriso strappato può colorare anche le giornate più grigie. Mi è sempre piaciuto guardare le labbra della gente distendersi e mostrare i denti bianchi; è come scoprire un pezzo in più di quella persona, intravedere leggermente la sua anima.

Sono il Chris insicuro, quello che a scuola tutti deridevano: sei troppo candido, troppo piccolo, troppo femmina, dicevano.

Troppotroppotroppo.

Sono il Chris omosessuale, ma questo non lo sa nessuno. Non è un problema per me, non lo è mai stato. Per il mondo, però, è un tabù – come se mi rendesse meno umano degli altri.

Sono il Chris —

“Oh, mio Dio. Scu-“ alzo lo sguardo e trovo miliardi di ciglia lunghe a fare da cornice a due occhi – nocciola, verdi, castani? – che mi entrano dentro e mi strappano l’aria dai polmoni.

“No, sono io a scusarmi. Dovrei stare più attento a dove metto i piedi. Solo che- sai, stavo leggendo la lezione di oggi e mi sono distratto.” Ride e mi sembra di rinascere.

Che mi succede? Perché quegli occhi sembrano urlarmi di stare tranquillo che niente mi farà male da ora in poi? Perché starei ore a sentire la sua risata senza mai – maimaimai – stancarmi? Nemmeno lo conosco, non ho mai pronunciato il suo nome, è sicuramente più grande e io non — oddio com’è bello! Mi perdo nei pensieri e, senza accorgermene, gli fisso la bocca. Quella soffice e rosea bocca, direi. Non sono mai stato un tipo molto eloquente e spigliato nel conoscere i ragazzi, mi piace tenermi in disparte per evitare brutte figure o, peggio ancora, sbeffeggiamenti di ogni genere.

“Tranquillo, ti aiuto a raccogliere i fogli.” Vorrei nascondere il viso il più possibile, sento le guance andare a fuoco ad ogni sua occhiata.

“Darren.”

“Come?” alzo il mento e la sua mano è tesa verso di me, prima che mi abbassi a raccogliere quelle scartoffie. “Oh, Chris.” Sorrido e non potrei essere più felice di mostrare i miei dentini bianchi. Voglio fargliela vedere tutta la mia anima.

Mima un “oh” con le labbra e si china a recuperare i suoi appunti. I ricci neri gli scendono sul viso e io non posso fare a meno di chiedermi se siano morbidi come sembrano – come sia infilarci dentro le mani e accarezzarli tutta la notte. Una reazione del genere, da parte mia, è totalmente assurda e ne sono consapevole. Io – lo schivo e insensibile Colfer, è qui che fantastica su un ragazzo con il Sole negli occhi, del quale sa soltanto il nome.

“Sto pensando che la lezione non è interessante come vorrei e, per di più, fuori è primavera.” Quando riesco a guardare di nuovo ogni singolo centimetro del suo viso, mi accorgo di essere stato immobile per tutto il tempo, lasciandolo lì a raccogliere fogli da solo e vorrei sprofondare – adesso più che mai. “Quindi, um – che ne dici se andiamo a fare un giro all’aria aperta? Tanto ormai abbiamo fatto tardi.” Un’altra risata e inizio a pensare che possa diventare la mia nuova melodia preferita.

“NO.” Esclamo con, forse, troppa convinzione. “Cioè, mi piacerebbe, ma devo andare. Scusami.” Un ultimo sguardo. Sbatto le palpebre, come se con quel gesto potessi imprimere nei miei pensieri quei lineamenti – per sempre.

“Chris!” mi chiama dal fondo del corridoio e il mio nome non mi è mai parso tanto bello. “Andiamo, non puoi perderti gli uccellini che cantano e il calore del Sole sulla pelle proprio oggi.” Io il Sole ce l’ho davanti, vorrei urlare. E invece mi giro e sorrido.

“Non so chi tu sia, ma sto per saltare le lezioni per la prima volta in vita mia. Mi devi un favore.” Esclamo, con tutta la sfacciataggine che conosco.

“Sei così altruista a non lasciarmi solo, che Dio benedica il tuo cuore gentile.” Ed è una delle poche persone a non prendersela davanti alla mia insolenza. Che Dio benedica te, caro Darren.

Camminiamo sotto al Sole di Aprile e lui straparla e io lo ammiro. La luce crea strane sfumature nei suoi occhi – passano dal verde al nocciola e, in alcuni momenti, rasentano il giallo. Sono completamente incantato da come i ricci gli cadano leggeri sulla fronte, quasi volessero accarezzarlo. Sono totalmente perso davanti a quel filo di barba incolta che si muove ad ogni sua parola. E lui se ne sta lì a parlarmi di come sia difficile riuscire ad alimentare la passione quando i corsi diventano troppi, di quanto desidera essere una persona migliore, di aver incontrato miliardi di persone ma che mai nessuno sia riuscito a farlo sentire veramente a proprio agio. Parla del cielo blu e degli uccellini in piena stagione amorosa e io non dico una parola – è così bello sentire la tua voce, Darren, che se aprissi bocca la rovinerei.

“Mi è sempre piaciuto sdraiarmi all’ombra di un albero e immaginare che le nuvole fossero animali.” Dico in un momento di silenzio, per niente imbarazzante.

“Quella assomiglia ad un maiale.” Indica la prima, proprio sopra di noi.

“Seriamente, Darren? Un maiale? Non è così poetico.” Scoppio in una risata rumorosa, come non faccio da anni, e lui si gira a fissarmi.

“Non ridere.” E’ serio, ma i suoi occhi brillano di allegria.

“Perché? Ti dà fastidio?” sussurro per trattenere un’altra risata.

“No, perché è bellissima e non sono pronto.” E il mondo si ferma nel preciso istante in cui capisco il significato di quelle parole. Rimango immobile e distolgo lo sguardo tornando ad ammirare il cielo, senza vederlo realmente.
Gli piace la mia risata.
Gli piace la mia risata.
Gli piace la mia risata.

“Il nuovo fidanzatino, Criss?” urla qualcuno non molto lontano da noi e sento Darren sbuffare.

“Non potrebbe essere semplicemente un amico?” domanda, senza perdere le staffe.

“Tu non sei un tipo da amici, lo sappiamo tutti.” Mi volto e vedo un ragazzo alto e moro, davanti a Darren con un ghigno poco piacevole sul volto.

“Io- io non sono gay. Siamo solo amici.” Cerco di recuperare la situazione ed evitargli altre prese in giro. Il terrore prende il sopravvento e inizio a sentire le gambe molli, per una volta in vita mia vorrei poter stare in compagnia di un ragazzo senza essere presi di mira da chiunque.

“Criss rimane comunque un frocio.” Urla di nuovo il moro prima di allontanarsi e io torno a respirare regolarmente.

Darren si gira completamente verso di me e incrocia le gambe, guardandomi con un’espressione confusa. Vorrei dirgli che ho sempre amato i maschi e desidererei avere il suo coraggio, prenderlo per mano davanti a tutti e chiedergli “a te piace la mia risata, io ancora devo capire di che colore sono i tuoi occhi, che ne dici di frequentarci?” e invece sono troppo codardo per superare i mostri del passato e lasciarmi tutto alle spalle. Sono un vigliacco che si fa manipolare dalla società, invece di esprimere sé stesso senza curarsi del giudizio della gente. Urlo con gli occhi di aiutarmi, lo urlo con tutto l’azzurro che ho dentro e lui sembra capirmi.

“E quindi non sei gay, mh? Sappi che se mai avessi bisogno di qualcuno con cui parlare puoi chiamarmi.” Prende una penna e mi segna il suo numero sul palmo della mano, prima di alzarsi e lasciarmi da solo con mille dubbi in testa e il Sole sulla pelle.

Could I lock in your love?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora