Chapter eight.

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27 Maggio 1984

Louis

L'unica cosa che riuscii a pensare quando Hannah mi gettò le braccia al collo, fu la conversazione con Liam avuta solo il pomeriggio prima.

Ogni giorno arrivava un momento in cui la mia testa cominciava a fluttuare nell'aria come un palloncino, senza una reale utilità. Ecco, quella era l'ora di fumare.

A dir la verità, fumavo praticamente ad ogni momento possibile: prima di entrare a scuola, alla fine della terza ora, a ricreazione, dopo la mensa, prima di uscire, dopo essere uscito da scuola. Ed una volta arrivato a casa - se la giornata era fortunata - riuscivo a ritrovarmi due o tre sigarette nel pacchetto, da fumare davanti alla finestra.

Mia madre, da persona scaltra, si era accorta subito dopo la mia prima settimana da fumatore assiduo, che lo fossi.

Mi aveva detto "Dovresti baciare qualcuno, non fumare".
Io ne avevo accesa un'altra.

Qualche anno dopo era tornata a sedersi sul bordo del mio letto, uno di quei momenti in cui ti trovi a "tu per tu" con tua madre e sai che dovrete affrontare un discorso importante, e se n'era uscita con "Fumi perché non hai niente da baciare".
Due giorni dopo io e Hannah ci baciavamo contro gli armadietti della mia scuola. Non avevo smesso di fumare.

Avrei voluto dire a mia mamma che di fumo non ne avrebbe mai capito niente, in quanto non fumatrice. La realtà era che anche io non ne capivo niente. All'inizio fumavo perché volevo essere uno dei fighetti del liceo che, appena entrati, danno il cento per centro per farsi notare ed "adottare" in un tavolo considerato figo. C'ero riuscito, ma non a causa del fumo: i miei genitori possedevano quello che a molti altri mancava, il denaro. Era stato facile scegliere la giacca di pelle più costosa o il modello di accendino più ricercato. Mi ero ritrovato, in prima superiore, a ridere degli altri miei compagni con i quali, fino a pochi mesi prima, consumavo l'intervallo tra risate e novità in fatto di Pacman.

Il tavolo si spopolava, e rimanevamo in pochi di anno in anno. Il mio posto nelle classi sociali della scuola era sempre più elevato. Non avrei saputo rinunciare a quelle occhiate di timore mescolate a desiderio di impersonarmi. O a quei complimenti fatti anche senza un reale motivo. Fatti solo perché mi chiamavo Louis Tomlinson e sedevo al tavolo più importante della mensa da cinque anni ormai. Aldilà di tutte le convenzioni, la scuola è un branco e bisogna avere la forza di distruggere i più deboli per diventare capo-branco.

Ad ogni modo, il fumo era diventato un vizio. Non fumavo più per farmi notare, non ne avrei avuto alcun bisogno: fumavo per necessità. Non avevo più la forza utile per smettere.

Così, io e Liam avevamo inventato questa sorta di "momento del fumo" nel quale io e lui, ogni Venerdì pomeriggio, decidevamo di tornare a casa a piedi in compagnia di qualche sigaretta e chiacchiere sincere.

Non avrei mai saputo rinunciare al fumo e nemmeno a Liam.

"E' una puttana, te lo giuro"

Rilasciai una risata breve. "Ma per quale motivo?"

"Mi ha buttato fuori dalla classe solo perché disturbavo Sam. Ma quel coglione patentato mi deve quei venti dollari che gli ho prestato il mese scorso"

"Cambierai mai, Liam Payne? O alzerai il tasso d'interesse ai tuoi debiti ancora in corso?"

Fu il suo turno di ridere.

Io e Liam camminavamo, stretti nei nostri giubbotti di pelle, verso casa mia.

Tra bar che trasmettevano il nuovo singolo di Madonna e venditori ambulanti di stronzate, catalogavo mentalmente quel momento come il migliore nell'arco della settimana appena trascorsa.

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