Chapter two.

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11 Maggio 1984

Harry


Quando mi svegliai quella mattina, casa mia era piombata nel caos più assoluto: mia madre, capelli legati e grembiulino con su scritto "miglior mamma del mondo", passava velocemente da una stanza all'altra tenendo con un solo braccio la mia bella nipotina ed armeggiando con l'altro per dare una ripulita in giro; mio padre, occhiali sul naso e maglione rosso come la tonalità del suo bel faccione, faceva freneticamente su e giù per le scale lamentandosi della disorganizzazione della nostra famiglia e ripetendo, ad ogni scalino su cui poggiava piede, che non aveva intenzione di arrivare tardi a lavoro e che -piuttosto- ci avrebbe piantati tutti quanti lì.

Ovunque mi voltassi, c'erano pannolini, piccole magliette rosa confetto e ciucci dai colori più vari. Per non parlare della cucina alla quale era impossibile persino accedere a causa di tutta la roba che ricopriva il pavimento.

Poteva esserci solo una ragione per cui casa mia avesse assunto l'aspetto di un manicomio quel giorno.

"Gemma, per l'amor del cielo! Esci da quel bagno!" stava urlando mio padre picchiando ad una delle porte del piano di sopra. "Saranno quaranta minuti che sei lì dentro!"

In quel momento, mia madre mi passò davanti sospirando pesantemente e dandomi un veloce buongiorno prima di piegarsi per raccogliere alcuni giocattoli da terra.

"Passami Angie, la tengo io"

Tesi le braccia in direzione del fagotto, infilato in una tutina gialla, che mia mamma stringeva prudentemente tra le braccia.

"No, Harry, sei ancora in pigiama e sono quasi le otto. Vai a prepararti o farai tardi" Fu tutto ciò che disse prima di scomparire all'interno della cucina.

Io sbuffai forte così che lei potesse sentirmi anche dall'altra stanza, poi salii velocemente al piano di sopra e mi posizionai di fronte alla porta del bagno, sulla quale era già appoggiato mio padre.

"Farà tardi a lavoro" mi avvertii tenendo le braccia incrociate al petto.

"Ed io farò tardi a scuola" ribattei prontamente prendendo a bussare.

"Gemma, esci di lì! La professoressa Miller mi uccide se arrivo in ritardo!"

Lei aprì la porta per metà, quanto bastava per riuscire ad inquadrarmi.

"Avresti dovuto svegliarti prima" mi avvertì poi facendo per chiudersi dentro ancora una volta.

"Fuori, signorina" esordì perentorio nostro padre trattenendo la porta.

Lei mi mostrò la lingua prima di decidersi ad uscire dal bagno.

"E tu saresti la sorella maggiore?" la presi in giro mentre sgattaiolavo dentro.

Dieci minuti dopo, ero già infilato nei miei soliti jeans ultra attillati ed avevo sulla testa una nuova coroncina fatta di piccoli fiorellini rossi intrecciati tra loro.

"Devi farmene una uguale" mi intimò mia sorella quando arrivai al piano di sotto.

"Potrei" cominciai recuperando la mia tracolla da un angolo del salotto e mettendomela in spalla. "Ma ti avverto, sono belle solo se a portarle sono io"

Lei rise e mi aspettai ribattesse qualcosa di pungente, invece si limitò a salutare sia mamma che Angie con un bacio sulla guancia, prima di uscire di casa.

"La cosa brutta dei periodi di maternità, è che finiscono" le sentii dire mentre, stretta in un tailleur nero e sui suoi tacchi vertiginosi, si allontanava.

Lovers In The 80s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora