• v e n t i d u e •

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"Quante volte te lo devo ancora ripetere che sei un coglione, fra?"

"Almeno altre mille, me lo merito"

È notte fonda, e Sangiovanni si trova in chiamata con Evandro, unico nottambulo che avrebbe potuto rispondere a quell'ora.

Contattarlo era stata una delle prime cose che aveva fatto dopo aver lasciato Giulia in lacrime davanti al portone. Era rimasto un po' lì ad assicurarsi che entrasse, poi si era spostato di un paio di isolati, e già pentito aveva composto il numero dell'amico. Aveva bisogno di una strigliata, e cosa meglio del cinismo del ragazzo avrebbe potuto smuoverlo?

Ora, al telefono con lui, il pentimento non fa che acuirsi, e il senso di colpa prende il sopravvento in lui, mangiandolo vivo.

"Cazzo Sangio ma ti rendi conto di come hai reagito? Ma poi in base a cosa, a delle avance fatte da un viscido che lei tra l'altro lei ha anche rifiutato?"

"Sono stato uno stronzo Ev lo so, me ne sono reso conto un secondo dopo averla fatta scendere dalla macchina", prova a spiegargli.

"E allora perchè non l'hai seguita su?"

"Ero agitatissimo, non volevo che mi vedesse così, tu sai come tendo a reagire", fa una pausa, poi riprende, "non le sarei stato di conforto", esala in un sussurro.

"Beh certo, invece così le avrai dato un sollievo che nemmeno immagini", gli sbatte in faccia la realtà Evandro, "ora che l'hai lasciata a casa da sola e te ne stai appostato come un maniaco sicuramente starà facendo i salti di gioia"

E Giovanni, estremamente colpevole, non sa cosa rispondere. Rimane in silenzio, lo sguardo basso a fissare le dita che continua a torturarsi, mentre la voce di Evandro, distorta dall'apparecchio elettronico, non lo desta nuovamente.

"Senti fra, ho finito la seconda birra e non ho intenzione di berne un'altra per starti a sentire mentre ti compatisci. Per cui adesso muovi il culo e la raggiungi sperando che non ti chiuda la porta in faccia, anche se sinceramente avrebbe tutto il diritto di farlo", e attacca, senza dargli tempo di formulare una risposta.

Sangiovanni rimane qualche minuto fermo a riflettere. È stato insensibile a reagire in quel modo, caratteristica che assolutamente non gli appartiene. È stato impulsivo, forse troppo. Si era sentito impotente, non in grado di regalarle quella soluzione che avrebbe meritato, quando forse lei la soluzione non la cercava nemmeno, e le sarebbe bastato anche solo averlo accanto.

E lui, così focalizzato sulla cervellotica risoluzione del rompicapo, era stato completamente ceco a quelle che potevano essere le vere esigenze della ragazza di cui è innamorato.
Continua a maledirsi, ma decide anche che l'unico modo per cercare di rimediare è correre da lei immediatamente.

Percorre il breve tragitto al ritroso, fino a posteggiare nel consueto parcheggio e avviarsi verso il portone.
Gli basta il tempo necessario per salire le scala, per interrogarsi appena sulla scelta che sta per portare a termine. Non sa se sarà il benvenuto, ma è consapevole che non vorrebbe trovarsi in nessun altro posto se non accanto a lei, anche se questo possa voler dire farsi urlare contro.

Si chiede per un attimo come farà ad entrare, ma giunto all'ingresso, si rende conto che la porta è socchiusa. La preoccupazione sale mentre varca la soglia, eppure l'immagine che gli si prospetta davanti basta a far sì che il suo cuore si stringa ancora e ancora.

Giulia è lì, stesa a terra ai piedi del divano. Escluso il giubbotto abbandonato sul bracciolo indossa la stessa tuta con la quale era uscita dall'accademia. Ha ancora le scarpe ai piedi.

Sembra profondamente addormentata, e Giovanni ha un certo timore ad avvicinarsi. Teme di disturbarla, ha paura che neanche in quello stato voglia averlo vicino, e non riuscirebbe neppure a biasimarla.
Eppure non permette alla stessa preoccupazione di non poterle essere di aiuto di farlo allontanare, come successo alcune ore prima. Piuttosto la prende delicatamente tra le braccia per trasportarla nella sua stanza, e da così vicino non può fare a meno di notare alcune scie più secche che le percorrono le guance partendo dagli occhi, segno delle numerose lacrime versate.
La consapevolezza di esserne in parte la causa lo butta ancor di più a terra, spingendolo a stringerla un po' di più.

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