... luna piena...

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Remus era appena uscito dal castello, sorretto da Madama Chips che gli gettava occhiate nervose di tanto in tanto, e l'aria fresca del pomeriggio ormai giunto al termine e inghiottito dal buio sferzava i loro volti scoperti, accarezzandoli o schiaffeggiandoli a seconda dell'origine del vento. Il ragazzo inciampò sull'asfalto, troppo debole per riuscire a camminare con disinvoltura sul terreno irregolare, ma scosse la testa in direzione dell'infermiera che si era subito allarmata. Non voleva procurarle ancor più fastidio di quello che già le provocava.

Si ritrovarono ben presto vicini all'imponente Platano Picchiatore e la donna fece volare un rametto sul nodo che immobilizzava l'albero con un abile gesto della sua lunga bacchetta magica. Si infilarono pian piano dentro la piccola apertura, e avvenne come sempre la breve e solita discussione. Remus non voleva che lei strisciasse lungo lo stretto passaggio per accompagnarlo alla Stamberga Strillante, ma ogni volta lei insisteva per sostenerlo anche lì.

«Madama Chips, non si preoccupi, posso farcela da solo» disse lui infatti, scuotendo con fermezza il capo.

«Lupin, è troppo debole, glielo ripeto ogni volta» replicò piccata la donna con quel suo cipiglio severo «Attraversare il passaggio senza un aiuto è un ulteriore sforzo che la rende ancor più fragile. Perché non vuole mai ascoltarmi? Posso vantare una certa conoscenza in merito alla questione»

«Mi ascolti, non volevo mancarle di rispetto, ma davvero, qui è così scomodo...» si affrettò a dire lui, implorante «La prego, vada via, riesco a farcela da solo, come le altre volte, gliel'assicuro»

L'infermiera lo fissò per qualche attimo con le mani che stringevano i fianchi, poi sbuffò e annuì con uno scatto della testa «È testardo come un mulo, Lupin» commentò secca «Da quando sono qui ho incontrato raramente persone testarde come lei»

Remus sorrise. Quel suo modo di fare così intransigente gli provocava sempre quella reazione, forse perché sapeva che in fondo c'era molto altro.

Lei lo aveva sempre accompagnato al Platano Picchiatore, ogni mese, gli era stata accanto ogni giorno quand'era stato ricoverato in Infermeria, era stata un conforto incredibile quando i suoi amici erano dovuti andare a lezione e non erano potuti rimanere con lui. Era stata lei, uno dei primi giorni in cui era rimasto in quella stanza bianco latte, a spiegargli il potere di un bel pezzo di cioccolato. Era stata lei a offrirglielo, facendolo sentire meravigliosamente meglio, come se una sfera di fuoco gli avesse invaso il corpo, confortandolo col suo calore.

Madama Chips era stata nella sua vita una figura fondamentale, una persona che lo aveva aiutato immensamente a sorreggere il peso della sua condizione.

La donna girò i tacchi e fece per uscire, quando Remus la richiamò.

«Grazie infinite, Madama Chips» mormorò, appoggiandosi alla parete umida e rocciosa per sorreggersi.

E poté giurare di aver intravisto un breve sorriso arricciarle le labbra prima che uscisse dal varco.

Rimasto solo, si chinò fino a che il corpo non aderì al terreno sottostante e strisciò stancamente verso la casa abbandonata costruita anni prima per lui. Gli parve che quel tunnel non finisse mai. Il corpo gli faceva incredibilmente male, si sentiva scosso da fitte lancinanti di dolore che lo scuotevano, facendolo tremare. Si morse le labbra fino a farsi male per non gemere o ansimare. Doveva dominare il dolore, non sopportava di sentirsi sconfitto e sopraffatto da lui. Lo odiava. Ma proseguì, senza fiatare, e la galleria non terminava mai...

Poi il tunnel prese a salire e curvò, e solo allora riuscì a intravedere una macchia di luce nuova che gli fece quasi male agli occhi.

Strisciò ancora un po', dolorante, finché non si ritrovò a osservare dal basso il luogo che odiava. La stanza era disordinata come l'aveva lasciata l'anno prima. La carta da parati era lacerata e ricadeva sul muro, sbiadita, mentre uno spesso strato di polvere ricopriva il pavimento e tutti i mobili macchiati e danneggiati da lui. Le finestre, anch'esse oscurate dalla polvere, erano serrate da delle assi di legno inchiodate che lui aveva tentato di sradicare. Alle sedie mancavano spesso le gambe. Tutto era un caos, esattamente come ricordava.

The Final Chance /a Marauders's story/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora