Nota: eventuali avvisi o warning sono e saranno sempre messi alla fine della storia!
E' una storia un po' diversa da quelle che ho scritto fino ad adesso. Prima di cominciare, vi consiglio di dare un'occhiata alla mappa che ho disegnato, così da poter seguire il viaggio di Doran con più facilità.
Un'altra giornata gelida e piovosa. L'inverno era cominciato presto, quell'anno, e Doran si soffiò sulle mani, sperando di scaldarle.
Pregò i Tre Dei, come faceva ogni giorno, centinaia di volte al giorno, sperando di sentire la loro voce. Non ottenne risposta.
Si alzò a fatica. Dormiva per strada da anni, e sentiva le ossa fragili come quelle di un novantenne. Udì dei passi avvicinarsi: un paio di uomini passarono davanti a lui. Uno era una delle guardie del castello, arrivato da poco, e non lo degnò di uno sguardo. L'altro era Iken, il medico del castello. Come sempre, gli lanciò un'occhiata colma di odio velenoso. Mi vuole morto. Ricordò Doran a sé stesso. Gli manca Melina. Come se non mancasse anche a me.
***
Tutto era cominciato dieci anni prima, quando Doran aveva tredici anni. Era stato, in apparenza, il più umile degli abitanti del castello. Sua madre era una delle figlie dell'armaiolo, e l'aveva partorito senza essere sposata. Nonostante non gli avesse mai rivelato chi era suo padre, aveva sentito le vecchie del castello bisbigliare che il suo vero padre non era altro che il Conte, il padrone del Castello delle Querce e di tutte le terre attorno.
Fin da piccolo Doran aveva osservato da lontano il Conte e la sua famiglia, affascinato, invidioso e incuriosito. Se le cose fossero andate in modo diverso, sarebbe stata sua la testa che il Conte accarezzava quando tornava da una battuta di caccia. Sarebbe stato lui a essere mandato come scudiero al Castello del Lago, la capitale del regno, per diventare cavaliere e guadagnarsi fama e onori.
Non aveva mai rivelato a nessuno i suoi pensieri, né a sua madre, né a Melina, la sua unica amica, la figlia del medico di corte, Iken. L'invidia era un brutto peccato, lo dicevano tutti. Ti si annidava nel cuore e lo faceva marcire dall'interno.
A tredici anni, Doran era più alto di sua madre di tutta la testa. Aveva grandi occhi azzurri, azzurri come il cielo, diceva Melina, e i capelli castano scuro. Alcune guardie e sua madre stavano già parlando di iniziare ad addestrarlo, in modo che un giorno fosse anche lui una delle guardie a difesa del castello delle Querce. Ma a Doran non interessava. Quello che gli piaceva, che gli piaceva veramente, era leggere la Parola dei Tre Dei, oppure stare nel piccolo tempio del castello, uno dei pochi posti tranquilli e silenziosi che conoscesse. Sua madre era divertita ma anche rattristata. "Finirà per farsi monaco." L'aveva sentita confidare a una delle sue amiche, una serva personale della contessa. "E mi lascerà da sola."
***
"Vattene, Doran." Esclamò una voce disgustata.
Doran spalancò gli occhi. Si era appisolato contro la porta della locanda del paese. Quanto tempo era passato da quando Iken e la guardia gli erano passati vicino? Era successo davvero, o l'aveva sognato? Era mattina o pomeriggio? Da anni gli sembrava di perdere pezzi di memoria...
Alzò gli occhi e incontrò lo sguardo furibondo di Uken, il locandiere. "Per i Tre Dei, Doran. Puzzi peggio dei miei maiali. Almeno d'estate, non te lo puoi fare un bagno al fiume?"
Doran deglutì mentre si alzava in piedi, barcollando. "Scusa, Uken."
Ci fu una scintilla di pietà negli occhi scuri di Uken, ma fu subito sostituita dalla ripugnanza. "Vai, per favore. I miei clienti si lamentano. Non vogliono vederti qui, gli fai passare la fame."
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Brevi Storie Horror
HorrorScrivo brevi storie che vanno dall'horror al thriller al sovrannaturale.