Capitolo 5

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La sveglia era puntata per suonare alle sette. La mia testa invece mi portò a svegliarmi per le sei e mezza di mattina. Ero rimasto tutta la notte a pensare al mattino seguente. Avevo mille ansie e mille paure per la scuola. Sarebbe stato tutto nuovo, ed io facevo schifo con le cose nuove ecco perché ero in ansia. Non ero capace di farmi nuovi amici né tanto meno ad ambientarmi in ambienti nuovi, ma d'altronde non avevo scelta.
Avevo riflettuto in maniera costante per tutta la notte su come sarebbe stato, i professori, le aule, i miei compagni, tutto ciò che poteva riguardare un mondo che in quel istante non mi apparteneva. Ed era frustrante, stare in ansia per qualcosa che non conoscevo. In particolare mi chiedevo se quest'anno sarebbe andato a buon fine se, sarei stato promosso o bocciato, ma in ogni caso non avrei fatto un dramma per una bocciatura. Ho sempre creduto che fare l'artistico fosse un lusso che in pochi potevano permettersi, in quanto non solo bisogna essere capaci di mettere giù due righe, ma anche di dare un significato e saper proiettare quelle due righe in un mondo al di fuori del nostro dove ogni azione diventa lecita e ogni legge pura bestemmia. E per mia fortuna saper creare qualcosa che possa allontanare le persone dal mondo malfamato e corrotto nel quale viviamo oggi, era una mia virtù, ed amavo questa cosa. Trasformavo ogni mio disegno in un rifugio per ogni mio pensiero e sentimento. Era una sorta di tattica per poter fuggire da un mondo in cui non venivo ascoltato, per poter poi passare in un universo dove ogni mio gesto di mano e ogni tratto di matita diventassero segni della mia voce. Ero muto ma sapevo benissimo parlare con un foglio.
Decisi quindi che era il momento di alzarmi dal letto per poter affrontare la giornata tanto temuta. Mi misi addosso una felpa che trovai su di una sedia accanto alla scrivania, e mi diressi in cucina. Appena mi sedetti a tavola trovai mia madre ai fornelli e accanto a me Lara.
"Buongiorno figlio" mia madre mi guardò mentre impugnava un pentolino colmo di latte.
"Giorno, cos'è tutta questa allegria che invade l'aria alle sette di mattina ?"
" Si chiama positività, dovresti averla pure tu dato che è il primo giorno di scuola."
"Oh ti assicuro che sto cercando di contenere la mia gioia" e sul viso di Lara spuntò un sorriso.
" Poi magari vatti a dare una sistemata, hai i capelli tutti sotto sopra. Non vorrai avere questo aspetto il primo giorno alla nuova scuola spero."
" Quindi dovrei rivalutare il mio aspetto solo per le aspettative che gli altri possono avere su di me? Tutto questo non mi rende nemmeno libero di presentarmi come meglio credo sai"
"Se vuoi presentarti come un ragazzo che sembra abbia dormito per strada..fai pure" e mi sorrise. Quel genere di sorriso che viene ricambiato per la semplice dolcezza con cui viene dato. Lara intanto se ne stava tranquilla ad osservare il suo latte che mutava di colore grazie al nesquik che aveva messo. Da un paio di settimane prendeva un farmaco nuovo che spesso le faceva vomitare tutto ciò che mangiava,ma ora se ne stava lì bella tranquilla, mentre con gli occhioni mi dava delle occhiate.
Cosi presi parola. "Lara tu oggi che fai?"
"Farò la conoscenza della Signora Maltoni". Io guardai mia madre. Non avevo mai sentito parlare di questa donna. "Signora cosa?" "Maltoni,la mia nuova insegnante, sai che avevo scelto di fare il liceo delle scienze umane? Bene lei sarà la mia insegnante nelle materie umanistiche, domani invece conoscerò il mio insegnante nelle materie scientifiche."
Un'insegnante privata? L'aveva già avuto l'anno passato, quando stava peggio, ma ora non ne vedevo motivo. Certo era debole, vomitava e spesso aveva il blocco di qualche parte del suo corpo, ma la scuola l'avrebbe potuta aiutare. Socializzare è già di per se una forma di aiuto, quanto meno morale. Così mi misi a fissare mia madre.
"Un insegnante privata mamma?"
"Si, ne abbiamo già parlato con Lara. Gabriele è meglio così fidati."
Non ero d'accordo. Come potevo esserlo? Da quando Lara aveva il suo male, mamma e papà la trattavano come una bambina. Aveva 14 anni, non 5, qualche giorno a scuola poteva farlo, invece che restare chiusa in casa come una prigioniera. E mia sorella lo sapeva, sapeva che quel loro atteggiamento nei suoi confronti mi portava rabbia. Anche in quel momento lei percepiva il fastidio che provavo. "Ti va bene così principessa?" lei mi fissò. Quella conversazione non le piaceva più, quanto non piaceva a me.
"Non sarà per sempre Gabri. A scuola ci tornerò, è solo una questione di tempo." La sua voce era sottile e bassa. Un bisbiglio. " Va bene", non andava bene per niente . Era una giovane ragazza che doveva, anzi avrebbe dovuto pretendere di scoprire il mondo. Ma questo non gli era permesso per quella cosa le si era attaccata al cervello. Volevo urlare, Dio solo sa quanto volevo urlare. Era ingiusto. Era totalmente ingiusto. Mi alzai di scatto dal tavolo e me ne andai in camera. Dovevo distrarmi in qualche modo, scaricare la tensione per tutta quella storia assurda. Un tumore , una ragazzina di 14 anni e io che non so cosa fare e devo stare li seduto a guardarla soffrire perche non posso fare un cazzo di niente. Dio perche ?
Mi sedetti sul letto e voltai lo sguardo sul vetro della finestra. Fissai i miei lineamenti. Si era ufficiale, avevo un aspetto orribile. Gli occhi verdi erano stati scavate da due paia di occhiaie gratuite, offerte gentilmente dal poco sonno delle ultime notti. I capelli non avevano un perché, ciuffi neri che andavano ovunque. Mi sembra quindi più che doveroso sistemarli un po con qualche colpo di mano. Mancavano venti minuti alle otto. Mi misi un paio di jeans, le prime scarpe che trovai e usci dalla mia camera con lo zaino in spalla. La porta di Lara era aperta. "Buona fortuna Gabri." mi disse coi suoi sorrisi . "Buona fortuna principessa." e uscii di casa. Sentivo nel profondo del mio cuore che qualla mattina avevo realmente bisogno di una buona dose di fortuna iniettata in vena.

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