2.

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La cosa che Simone odiava di più di tutta quella situazione era che Manuel negasse tutto quello che c'era stato tra loro.
Il ricciolino sembrava rimuovere con facilità quello che per lui era stato solo un "divertimento, un passatempo come un altro", mentre per Simone era stato molto di più.
D'altronde Simone non poteva che biasimare se stesso per essere stato così stupido da innamorarsi del più bello, del più stronzo e del più etero di tutta la scuola.
E poi lo sapeva, anche mentre stavano facendo l'amore, che tutto quello sarebbe potuto finire in un attimo, così com'era iniziato. Eppure si era illuso che qualcosa potesse cambiare, ed era rimasto deluso.
Mentre si stava dirigendo a scuola per il suo ritorno in classe, dove sapeva che avrebbe rivisto Manuel e la cosa gli metteva non poca ansia, insieme allo stringersi del suo stomaco, gli ritornò in mente una sera in cui lui e Manuel erano rimasti a chiacchierare a bordo della sua piscina fumandosi l'ennesima canna.
"- Che storia - disse Manuel dal nulla.
- Cosa? - chiese Simone.
- Quello che ha spiegato oggi tuo padre. Il cielo stellato sopra di noi, la legge morale dentro di noi. Secondo te noi la stamo a rispettà la legge morale? -.
Simone pensò che Manuel fosse molto, troppo, preso dalla Filosofia e da suo padre, cosa che lo infastidiva abbastanza.
Il ragazzo che amava e l'uomo che odiava di più al mondo andavano d'amore e d'accordo.
- Chissene frega della legge morale- sbottò Simone.
Manuel rise. - Infatti che cazzo ce frega - concordò e passò la canna al ragazzo accanto a sè. ".
Simone, a mesi di distanza, si chiese cosa intendesse Manuel per quella famosa "legge morale". 
Forse quello che c'era stato tra loro era stato sbagliato per lui, e forse standogli alla larga stava rispettando la sua legge morale personale. Forse la legge morale di Manuel gli diceva di non stare con Simone, di passare per la via più facile, quella della negazione.
Simone non poté che rattristarsi a quel pensiero, sapeva che doveva andare avanti e dimenticare Manuel.
Ma era decisamente più facile a dirsi che a farsi.
Simone era in piedi davanti all'edificio scolastico, mentre si decideva ad entrare.
Avrebbe rivisto Manuel, e questo era l'unica cosa di cui gli importava veramente.
La preside? Chissene fregava.
I professori? Chissene fregava.
I compagni? Chissene fregava.
L'unica cosa che bloccava Simone dall'entrare in quella scuola era Manuel.
Alla fine si fece coraggio e aprì il portone d'ingresso per poi dirigersi all'ufficio della preside, che voleva vederlo di persona per parlare di tutto quello che era successo nell'ultimo mese.
Simone bussò un paio di volte alla porta, poi sentì una voce femminile dire "avanti" ed entrò, non poco titubante. Quella donna avrebbe potuto fargli perdere l'anno o dargli una seconda possibilità, era tutto in mano a lei. Sapeva che suo padre aveva tentato di persuaderla, ma non sapeva fino a che punto si fosse spinto e non era sicuro che avrebbe funzionato anche stavolta.
- Buongiorno Simone, siediti prego- lo salutò seduta dietro la sua scrivania, invitandolo con un gesto della mano ad accomodarsi sulla sedia di fronte a lei. Il tono gli era sembrato cordiale, forse una speranza ancora c'era.
Il ragazzo si sedette e cominciò a battere ripetutamente il piede sinistro contro il pavimento per il nervoso. 
Cosa avrebbe fatto se lo avessero bocciato?
Non sarebbe più stato in classe con Manuel, ma forse da una parte sarebbe anche stato meglio.
Avrebbe ripetuto l'anno, ma sarebbe rimasto per sempre sul suo curriculum scolastico e la cosa non gli andava proprio a genio.
E poi come lo spiegava a sua madre che aveva rubato le chiavi della scuola a Dante e ci aveva fatto una festa piena di alcolici, erba e stupefacenti?
Per fortuna suo padre gli aveva promesso che sarebbe rimasto un segreto tra loro due, ma se la madre fosse venuto a saperlo direttamente dalla scuola, Simone avrebbe passato un bel guaio.
In quel momento qualcuno bussò alla porta e la preside diede il permesso di entrare. Simone alzò lo sguardo per vedere chi li avesse interrotti e il suo respiro si bloccò per un attimo.
Era Manuel, che entrò con una maschera di preoccupazione sul volto e quando notò Simone seduto lì di fronte, la sua fronte si corrugò.
Non si vedevano da una settimana, che per entrambi erano sembrati mesi, ma non lo avrebbero mai ammesso ad alta voce. 
- Mi ha fatto chiamare? - chiese Manuel e i suoi occhi si soffermarono più di una volta su Simone, che dal canto suo si stava trattenendo per non alzarsi e andarsene subito via.
Manuel si sedette sulla sedia accanto a lui.
- Sì, devo parlare con entrambi. Del vostro futuro in questa scuola - disse la preside e la sua voce era paurosamente seria.
Simone era convinto che fosse la fine.
La preside iniziò a parlare.
- Come ben saprete la vostra situazione non è delle migliori al momento, ma date le circostanze - e con circostanze, Simone ne era assolutamente certo, intendeva Dante - potreste salvare l'anno. Dipende tutto da un esame informale che terrete davanti alla commissione docenti l'ultimo giorno di scuola e ovviamente anche dal vostro comportamento in queste ultime settimane. Non fatemi pentire di questa seconda possibilità. Ora potete pure andare se non ci sono domande -.
I due ragazzi annuirono e si alzarono all'unisono, quasi scontrandosi.
- Prima tu - borbottò Manuel e Simone lo sorpassò, non prima di aver ringraziato la preside.
Quando anche Manuel si fu richiuso la porta alle spalle, nel corridoio dai muri scoloriti calò il gelo.
- Non m'avevi detto che tornavi oggi - prese parola Manuel.
- Non vedo perchè avrei dovuto dirtelo, mica non c'avevi bisogno di un "frocio" in mezzo ai piedi?- lo punzecchiò l'altro.
Manuel sbuffò, non sopportava che Simone gli rinfacciasse ogni suo errore, ogni suo piccolo sbaglio. Si stupiva che dopo mesi passati insieme Balestra Junior non avesse ancora capito che lui non collegava mai il cervello alla bocca prima di parlare e che per questo sparava sempre cazzate.
- Ancora? Oh ma te sei proprio permaloso eh? Stavo a scherzà eddai - cercò di smorzare la tensione.
Simone si avvicinò a lui, l'ultima volta che i loro volti erano stati così vicini fu quando Manuel aveva detto che per lui Simone manco esisteva.
- Tu non hai ancora capito che per me non è mai stato uno scherzo- disse Simone a denti stretti, per poi voltarsi e dirigersi verso la 3^B.
Il moro entrò nella sua vecchia aula, proprio durante l'ora di suo padre, e tutta la classe si precipitò su di lui, mentre Manuel entrò di soppiatto e andò a sedersi silenziosamente al suo posto, evitando tutti.
- Simò come stai? Ce sei mancato - disse Chicca abbracciandolo, seguita da Luna e Laura.
- Amico, non sai che te sei perso in ste settimane - disse Matteo e si strinsero la mano dandosi una spallata. Simone intravide Pin seduto al suo posto e gli sorrise, l'altro ricambiò il sorriso.
Era andato a parlare con lui qualche giorno prima per scusarsi del suo comportamento indicibile nei suoi confronti, per fortuna Pin lo aveva perdonato e si era convinto a ritornare a scuola.
- Bene ragazzi, immagino che siate tutti entusiasti del ritorno di Simone, ma avrete tempo dopo per le chiacchiere - li richiamò Dante all'attenzione e tutti tornarono ai loro posti.
Simone si sedette accanto a Manuel come sempre, con quest'ultimo lo fissava spudoratamente nel tentativo di capire i suoi pensieri.
- Prof, posso dire una cosa? È importante - chiese Simone al padre, che già sapeva tutto visto che ne avevano discusso insieme la sera prima.
- Prego - accettò Dante allontanandosi dalla cattedra e dandogli il permesso di parlare alla classe. Simone si alzò e con passo tremante si avvicinò alla cattedra. Quello che stava per fare non era facile, ma era necessario, non voleva più commettere gli sbagli del passato e chiudersi a riccio causando dolore a sè stesso e a chi gli stava intorno.                     
Iniziò a parlare: - Ragazzi, come avrete immaginato gli ultimi tempi non sono stati i migliori per me, però una cosa buona c'è stata- Simone guardò per una frazione di secondo Manuel, ma nessuno se ne accorse eccetto il diretto interessato - Mi sono fatto un esame di coscienza, e ho deciso che voglio smettere di nascondermi, voglio smettere di negare chi sono -.
Simone prese un respiro profondo, mentre Laura e Manuel avevano già capito dove stesse andando a parare.
La prima era orgogliosa del coraggio di quello che ormai reputava il suo migliore amico, ed era pronta a sostenerlo in ogni caso.
Il secondo invece era preoccupato e a dir poco turbato. Pensava che Simone avesse preso una botta in testa troppo forte nell'incidente, come gli saltava  in mente di esporsi così? Lo avrebbero preso di mira, gli avrebbero reso la vita impossibile e sarebbe stato emarginato. Una parte di lui si sentiva presa in causa invece, perché Simone stava avendo il coraggio di fare quello che Manuel non era riuscito a fare neanche con sé stesso, e che al momento non aveva intenzione di fare.
 - Io sono gay. L'ho capito mesi fa e ho avuto paura a dirlo, ma non me ne vergogno, perché è ciò che sono e non me ne frega un cazzo di quello che pensano gli altri - dicendo quell'ultima frase Simone aveva guardato dritto negli occhi Manuel e sta volta tutti se ne erano resi conto e li osservavano con il fiato sospeso.
Manuel distolse in fretta i suoi occhi da quelli di Simone e fece finta di scribacchiare con la penna, di fare altro insomma, per non attirare troppo l'attenzione su di sè.
Tutti gli altri erano rimasti in un silenzio di tomba.
Simone ritornò al suo posto senza badarci, e appena si sedette Laura iniziò a battere le mani, e così fecero tutti, eccetto Manuel, per fargli capire che loro c'erano e lo supportavano, perché ancor prima di essere una classe, erano amici.

Il cielo stellato sopra di noi ~ SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora