5.

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Manuel e Simone rientrarono in classe al suono della campanella, che sentenziava l'inizio dell'ora della materia preferita di uno e più odiata dell'altro.
Dante era già davanti alla cattedra, e osservò i due ragazzi andare a sedersi in fondo alla classe, mentre si scambiavano un sorriso complice.
Dentro quello di Simone vi leggeva amore, ma non sapeva decifrare cosa ci fosse in quello di Manuel.
- Bene ragazzi, la fine dell'anno scolastico si avvicina- iniziò Dante, ma venne interrotto da un: - E menomale professò - di Matteo che fece scoppiare a ridere tutta la classe.
Dante scrisse il nome dell'ennesimo filosofo a caratteri cubitali sulla lavagna, riportò gli studenti all'attenzione e iniziò la lezione.
Manuel però faceva fatica a restare concentrato, aveva ancora in testa la voce di Simone che diceva "esco con uno" oppure "è molto carino".
Manuel sapeva benissimo cosa Simone intendesse dire con quelle parole, gli piaceva un altro ragazzo.
Un altro ragazzo.
Non aveva mai elaborato fino il fondo il concetto che Simone avrebbe avuto una relazione in futuro, era presumibile ovviamente, eppure a Manuel non sembrava così scontato.
Insomma, fino a qualche settimana prima il sedicenne sembrava fissato con lui e ora spuntava fuori dal nulla questo rugbista del cazzo e per Simone era subito "carino".
Si sentiva un completo idiota a sentirsi così toccato dalla vita privata del suo migliore amico, che diritto aveva lui di giudicare?
Mica voleva che Simone fosse solo suo amico? Allora non doveva essere felice che si vedesse con un altro?
Simone lo avrebbe dimenticato e loro sarebbero tornati normali amici, com'era giusto che fosse.
Com'era giusto che fosse.
Manuel lanciò un'occhiata al suo amico, che ascoltava annoiato la lezione del padre e sbadigliava ogni tanto.
Simone si meritava di essere felice, soprattutto dopo tutto il dolore che lui gli aveva causato.
Non aveva assolutamente il diritto di opporsi alle sue scelte solo per puri scopi egoistici.
Eppure...
- Manuel, Simone, venite qui un attimo per favore, devo parlarvi - li chiamò Dante al suono della campanella mentre tutti i loro compagni uscivano in corridoio per l'intervallo.
- Che succede professò? So' di nuovo nei guai? - chiese Manuel con voce annoiata avvicinandosi alla cattedra con le mani affondate nelle tasche della giacca e un'espressione strafottente in volto.
Simone invece guardava per terra mentre si alzava dal posto, con le spalle incurvate, come se avesse paura di ciò che il padre stesse per dire loro.
- Non proprio, devo darvi alcune indicazioni per l'esame informale - spiegò Dante e Simone li raggiunse mettendosi di fianco a Manuel con le braccia incrociate.
- E quindi? Che dobbiamo fare? - domandò Simone, con voce pacata che però tradiva il suo nervosismo.
Non era mai stato un tipo alla "promosso per il rotto della cuffia": aveva sempre avuto pagelle con ottimi voti, e la sua promozione era sempre stata scontata quanto era scontato che il cielo fosse azzurro.
Era una situazione nuova per lui e, al contrario di Manuel, non riusciva a prenderla con serenità e ottimismo.
- Prima di tutto, si terrà il 10 giugno, dovete presentarvi qui a scuola alle nove di mattina, mi raccomando siate puntuali - iniziò a spiegare il professore.
I due ragazzi annuirono in sincrono.
- Vi faremo delle domande per ogni materia, valuteremo le ultime verifiche di quest'anno e poi insieme decideremo se darvi una seconda chance oppure no - terminò Dante, e gli lanciò un'occhiata in tralice - Non sprecatela, mi raccomando - aggiunse e poi uscì dalla classe rivolgendogli un sorriso rassicurante e lasciandoli soli.
Manuel e Simone si scambiarono un'occhiata preoccupata, poi, di punto in bianco, il più grande sogghignò, come divertito dalla situazione.
- Che c'hai da ridere? Lo sai che siamo fottuti vero? - lo rimbeccò Simone, che non riusciva proprio a sopportare il menefreghismo con cui Manuel affrontava tutta la situazione.
- Eddai Simò statte calmo, non fasciarte la testa prima de cadere - ribattè l'altro.
Il moro sbuffò, non riusciva a stare calmo proprio per niente, c'erano troppe cose in gioco e in quel momento aveva troppi pensieri per la testa per "stare calmo".
- La fai facile tu, tanto che te frega se ti bocciano di nuovo - disse Simone.
Manuel cercò di mascherare il suo stupore alla risposta dell'altro, non si aspettava un commento così pungente.
- Non fare tanto er perfettone sai, è colpa tua se stamo n'sta situazione demmerda - disse Manuel con tono accusatorio.
Se Simone non avesse rubato le chiavi della scuola al padre e non avesse fatto quella stupida festa clandestina, ora non sarebbero di certo nei casini.
E di certo non avrebbero fatto quello che avevano fatto e il loro rapporto sarebbe normale.
- Non mi pento della festa - disse chiaramente Simone a voce alta, e qui Manuel alzò lo sguardo puntando i suoi occhi dentro quelli scuri del sedicenne: - al contrario di te -.
Manuel aveva una voglia incredibile di prendere a pugni Simone, ma cercò di trattenersi, non aveva voglia di litigare.
- Manco io me ne pento, l'unico che se n'è pentito secondo me è stato er povero Giulio che per poco non ce rimetteva la pelle - disse Manuel facendo finta di non intendere a cosa l'altro si riferisse.
- Sei proprio uno stronzo - borbottò Simone, deluso dal fatto che Manuel negasse, ancora.
- Oh ma che te prende? Il ragazzo tuo te sta dando alla testa? - chiese Manuel con, forse, troppa aggressività, che infatti risultò sospetta a Simone.
- Che cazzo centra Daniel? - domandò confuso il rugbista.
Manuel serrò la mascella e strinse un pugno, solo sentire il nome di quel tizio riusciva a farlo irritare a dismisura.
- Senti, facciamo che me lasci stare ok? Tanto ce sta Daniel - disse Manuel non nascondendo che la cosa lo infastidisse.
Simone sentì una rabbia incontrollabile schiacciargli il petto.
- Mi prendi per il culo? Mo stai pure a fare il geloso? M'hai rotto il cazzo, non ce la faccio più a stare sempre dietro ai tuoi sbalzi d'umore! Ti do una notizia dell'ultima ora, tu non sei il centro del mondo Manuel!- lo affrontò.
"Però tu sei il centro del mio" fu la prima cosa che passò per la testa del diciassettenne, ma non lo disse, forse per orgoglio, forse per rabbia, più probabilmente per vergogna, ma non lo disse.
- Ma vaffanculo va - sbottò invece e uscì dalla classe sbattendo la porta.
Lui non era affatto geloso, che assurdità.
Per essere geloso Simone sarebbe dovuto piacergli e non era così.
Perchè a lui non piacevano i maschi, come aveva ribadito più e più volte, e il figlio del suo professore di filosofia non sarebbe stato l'eccezione alla regola.
Raggiunse a grandi passi i distributori, aveva bisogno di un bel caffè, e si avvicinò ai suoi compagni di classe, rispettivamente Matteo, Aureliano e Pin, che erano intenti a fissare qualcosa sul telefono di quest'ultimo.
- Raga che fate? - chiese guardando anche lui nello schermo.
- Sono le registrazioni delle lezioni di filosofia che mandavamo a Pin - spiegò Matteo alzando un attimo gli occhi per rispondere a Manuel.
- Posso vedè pure io? - chiese e si appoggiò al muro affianco a Pin.
Dante stava parlando dell'amicizia e aveva appena risposto a un commento di Monica, quando si rivolse a Simone, ma quest'ultimo stava osservando Manuel dormire e sembrava che si stesse beando di quella visione.
Nel vedere quella scena il ragazzo in questione, che all'epoca dormiva, arrossì, ma per fortuna i suoi amici non se ne accorsero, troppo intenti a seguire le vicende del video.
" - Simone che ne pensi? - gli domandò il professore".
Ma Simone era troppo intento a fissare Manuel per rispondere.
- Me sa che quella sera Simò s'era fatto troppe canne, s'imbambolava pure - commentò Matteo, che non aveva collegato che il suo amico guardava in quel modo Manuel per altri motivi ben noti al diretto interessato.
Il diciassettenne non potè far a meno di sorridere per la dolcezza di quella scena e sentì qualcosa scaldarsi dentro al petto.
"- Simone! - urlò Dante a voce più alta per farsi sentire dal figlio, che si riprese dal suo stato di trance e si guardò intorno imbarazzato.
- Confermo, ehm - borbottò Simone - L'amicizia ci permette di gioire per il successo di un nostro amico o di soffrire per il suo dolore -".
Quelle parole colpirono in pieno stomaco Manuel e affollarono la sua testa di pensieri, mentre Aureliano commentò: - Che poeta, dobbiamo far scrivere a lui la prossima poesia per la gara annuale della scuola -.
"Dante annuì e poi disse: - Manuel che c'ha, sta male?-. Simone gli lanciò un'altra occhiata e scrollò le spalle: - No, è solo stanco -.
- È stanco perché? - chiese il professore.
- Che ne so avrà dormito poco o boh c'avrà il letto scomodo che ne so - ribattè Simone".
Un sorriso spuntò sul volto di Manuel, a quel ragazzo la sua influenza faceva proprio male, sì.
Il video finì e il diciassettenne chiese a Pin: - Perchè lo stavate riguardando? -.
- Per ripassare, sai per l'ultima interrogazione dell'anno - spiegò il più basso e Manuel annuì appena, diede una pacca amichevole sulla spalla a Pin e si allontanò da loro.
Le parole di Simone gli rimbombavano nella testa: "L'amicizia ci permette di gioire per il successo di un nostro amico o di soffrire per il suo dolore".
Lui soffriva per il dolore di Simone, certo, lo aveva aiutato durante tutto il periodo della convalescenza e con la storia di Jacopo, e vedere il sedicenne stare così male aveva fatto stare male anche lui di conseguenza.
Però ora che Simone era felice, per la storia di Daniel, Manuel si rese conto di non gioire affatto per questo successo, come invece un vero amico avrebbe fatto.
E ancora una volta Manuel si sentì instabile e confuso, si sentì stupido per non riuscire a capire nessuna cazzo di cosa nella sua vita.

Il cielo stellato sopra di noi ~ SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora