4.

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- Balestra, passami la palla! -.
Simone si voltò indietro e la lanciò al suo compagno di squadra, Daniel, che andò subito a segnare.
Erano in vantaggio 27-21, stavano vincendo l'ultima partita della stagione.
Simone andò ad abbracciare il suo compagno di squadra per congratularsi con lui del drop appena eseguito, poi tornarono al gioco.
Manuel si trovava sulle tribune insieme a Dante e Virginia, le mani affondate nelle tasche della sua solita giacca e lo sguardo concentrato esclusivamente su Simone.
I suoi occhi seguivano i movimenti del sedicenne, che correva da una parte all'altra del campo.
Manuel non ci capiva un cazzo di Rugby, e nemmeno gli interessava capire, ma questo sport rendeva felice Simone, quindi non poteva essere così brutto dopotutto.
Quando il più piccolo gli parlava di quello sport, poteva intravedere nei suoi occhi una luce, quella stessa luce che c'era negli occhi di Manuel quando parlava delle moto.
E gli piaceva vedere Simone eccitato per qualcosa, dato che per la maggior parte del tempo non fosse di umore così buono.
Simone si era confidato con Manuel sulla storia di Jacopo, che sembrava non dargli tregua, e il ricciolino gli era stato accanto, consolandolo e cercando di distrarlo.
Paradossalmente il loro rapporto era migliorato di più in quelle settimane, nonostante Simone non avesse ancora superato del tutto la cotta per lui e nonostante Manuel stesse cercando di capire cosa gli stesse succedendo e cosa stesse cambiando in lui.
L'esame finale che avrebbe decretato la loro promozione o la loro bocciatura era alle porte, e i due ragazzi passavano la maggior parte del tempo, nel garage di Manuel o nella camera di Simone, a studiare e studiare.
Studiare latino, matematica, inglese, fisica, eccetera, e l'unica materia in cui non fosse Simone a spiegare all'altro era filosofia.
Perchè Manuel se la cavava alla grande, in filosofia. Al contrario di Simone che era molto pratico, logico e preciso, e per questo era bravo in matematica, Manuel era uno spirito libero, faceva lunghe riflessioni e cercava un senso in tutto quello che lo circondava. Non si accontentava di quello che aveva, voleva di più, cercava qualcosa di più.
Come in quel momento cercava Simone in mezzo agli altri giocatori.
La partita finì, avevano vinto, e il sedicenne si avvicinò ai compagni e finirono in un entusiastico abbraccio di gruppo, tutti contenti per la vittoria, e per un momento Simone si sentì leggero come una piuma, come se tutti i suoi problemi fossero rimasti fuori dal campo.
Poi quel momento di serenità finì, nell'istante stesso in cui vide Manuel sulle tribune, che gli sorrideva.
Eccolo lì, il suo inferno personale.
Perchè Simone ci provava ad essere un buon amico per Manuel, e sperava di starci riuscendo, ma faceva male, cazzo se faceva male.
Ogni volta che gli stava vicino il suo cuore batteva più forte di quanto fosse lecito, ogni volta che lo toccava la sua pelle bruciava e la voglia di assaporare le labbra del suo "amico" era talmente forte da fargli stringere le stomaco e sentire dolore.
C'era una cosa che però gli faceva ancora più male che stare vicino a Manuel, ed era stargli lontano. Quindi sopportava in silenzio, sperando che tutto quello passasse.
Simone corse verso di loro per salutarli, era felice che fossero venuti a vederlo e non si aspettava affatto di vedere il diciassettenne lì.
- Grande Simò - si complimentò Manuel abbracciandolo, Simone trattene per un secondo il fiato, poi si rilassò, era solo un insignificante abbraccio.
- Grazie, è stata dura, ma ne è valsa la pena - commentò con un sorriso a trentadue denti, non era così felice da mesi.
Dante gli diede una pacca sulla spalla e sua nonna lo abbracciò, poi il ragazzo si sentì chiamare dai compagni di squadra.
Rivolse un ultimo sguardo a Manuel e poi chiese al padre: - Posso andare a mangiare la pizza con loro stasera? Sai per festeggiare -.
Dante annuì e Simone corse da loro.
Manuel tenne gli occhi incollati sulla schiena dell'amico mentre questo abbracciava uno di quei ragazzi.
A quella vista serrò la mascella e decise di far finta di niente.

Quella sera Simone si stava divertendo, soprattutto grazie al fatto che non stava pensando. Era andato in una discoteca con i ragazzi della squadra, e per la prima volta da settimane se ne stava infischiando di tutto, di Manuel, di Jacopo e di suo padre.
Semplicemente ballava e beveva.
Si sedette un po' brillo al bancone del bar, e un suo compagno di squadra, Daniel, gli si sedette di fianco.
- Bella partita, eh? -commentò quest'ultimo per attirare l'attenzione di Simone. Il ragazzo si voltò verso di lui e gli sorrise. - Già, almeno una cosa nella mia vita non è andata storta - ribatté mentre mandava giù un altro sorso di gin.
Daniel non seppe cosa replicare, così si limitò ad avvicinarsi a lui ed a osservare gli altri compagni in pista.
Simone gli lanciò un'occhiata, doveva ammettere che fosse un ragazzo davvero avvenente: la pelle ambrata, il ciuffo di capelli color carbone e le guance arrossatelo rendevano interessante.
Notò che guardava una ragazza e gli diede una leggera gomitata complice.
- Carina la tipa - valutò, l'altro si girò verso di lui e fece un piccolo sorriso.
- Può darsi, non ci capisco molto di ragazze - rispose.
Simone aggrottò le sopracciglia: - Ma come, un ragazzo bello come te non è bravo con le ragazze? -. Daniel arrossì, il moro constatò che fosse molto in imbarazzo.
- Veramente è perché io sono gay - spiegò il moretto e Simone per poco non si strozzò con il gin che stava bevendo, tanto che iniziò a tossire.
- Oh stai bene? - gli chiese l'altro dandogli delle pacche sulla schiena per farlo riprendere.
- I-io... non p-pensavo... c-che - balbettò Simone. Era la prima volta che si ritrovava a chiacchierare amabilmente, per non dire un tentato flirt fallito, con un altro ragazzo gay, che per giunta non gli dispiaceva neanche dopotutto, e non aveva idea di come comportarsi. Come si rimorchiava un ragazzo?
- Io credevo che anche tu lo fossi, insomma, non è così? - chiese Daniel con una leggera nota di preoccupazione nella voce. Simone pensò che quella conversazione fosse decisamente impacciata e imbarazzante, ma anche che ogni volta che Daniel arrossiva o farfugliava fosse ancora più carino.
- Sì, sì è così - gli assicurò e poi scoppiarono entrambi a ridere.
- Scusami, davvero, io non ci sono fare molto con i ragazzi - si giustificò Simone. l'altro si avvicinò paurosamente al suo viso e il battito del cuore di Simone accelerò.
- Se ti va te lo posso insegnare io - sussurrò Daniel a qualche centimetro dalle sue labbra, e rimase lì a fissarlo negli occhi in attesa di una risposta.
- V-va bene - accettò Simone, che di sciuro era diventato più rosso della camicia che indossava. Daniel, però, invece di baciarlo, come aveva immaginato, si allontanò e disse: - Usciamo domani sera, ti vengo a prendere a casa tua alle otto - propose, o meglio, decise, non accettava un no come risposta. Simone annuì e borbottò un "ok" emozionato.
Il suo telefono squillò, era suo padre. - Scusami, ora devo andare, a casa mi cercano - disse e si congedò da Daniel per poi uscire a passo svelto dal locale, con il cuore leggero.

Quella mattina Manuel entrò in classe con dieci minuti di ritardo, che il professor Lombardi non mancò di fargli notare, e si sedette svogliatamente al suo posto sbattendo lo zaino a terra.
Non era di buon umore in quei giorni, si svegliava sempre con un forte mal di testa, era indietro con i compiti e non aveva trovato ancora il tempo di farsi una canna.
Voltò la testa e nel banco di fianco al suo trovò Simone, intento a prendere appunti, concentrato come sempre.
Era un irritante studente modello.
Alla vista del sedicenne Manuel si rilassò e scordò i suoi problemi per qualche secondo, giusto prima che Lombardi lo richiamasse.
- Ferro, fossi in lei presterei attenzione, se fosse stato per me lei non sarebbe qui a prepararsi per un inutile esame in cui si farà bocciare lo stesso, dico bene? -.
Vecchio bastardo, pensò Manuel mentre stringeva un pugno sotto il banco.
Simone gli lanciò un'occhiata preoccupata, e con una rapida presa di coraggio posò la sua mano sopra quella serrata di Manuel, nel tentativo di calmarlo.
Il ricciolino rimase interdetto da quel gesto, alzò gli occhi facendoli scontrare con quelli di Simone, e invece di andare in panico come pensava, si tranquillizzò.
Anche se era strano che il suo migliore amico lo prendesse per mano, non si preoccupò degli sguardi degli altri.
Si concentrò invece sugli occhi di Simone, quello sguardo che spesso il moro aveva quando lo guardava e che Manuel aveva provato più e più volte a tradurre in emozione, senza riuscirci.
Però gli piaceva, quello sguardo.
Si calmo e il ragazzo si allontanò da lui e ritornò a scrivere sul suo quaderno.
Manuel aggrottò le sopracciglia, poi scosse la testa decidendo di dimenticare gli ultimi secondi.
- All'esame gli spacchiamo il culo a Lombardi - gli disse Simone all'intervallo, sembrava stranamente allegro.
- Com'è che sei così felice oggi? - gli chiese Manuel mentre prendeva un caffè alla macchinetta.
Simone si appoggiò al muro e sorrise come un ebete.
Il diciassettenne lo notò e gli lanciò una di quelle occhiate che, normalmente, avrebbe smosso tutti gli organi interni di Simone.
Ma non quel giorno.
- Ao che c'hai me sembri rincoglionito stamattina- insistè Manuel.
Simone era indeciso se parlargliene o no, ma in fondo che c'era di male? Gli amici parlavano di queste cose, no?
- Ho conosciuto uno l'altra sera - rispose guardando dritto davanti a sè ed evitando gli occhi dell'altro.
Manuel rimase con il caffè a mezz'aria, si aspettava tutto tranne questo.
- In che senso hai conosciuto uno? - chiese.
- Che cazzo di domanda è, t'ho detto che ho conosciuto uno e ci esco stasera, niente di che - Simone si mise sulla difensiva, anche se non lo avrebbe mai ammesso aveva paura che Manuel gli desse del frocio per l'ennesima volta.
Temeva che per lui fosse troppo strano parlare di ragazzi con il suo amico gay.
Manuel non era affatto felice di quella novità, ma non per i motivi che Simone credeva.
Si scoprì sorpreso, si rese conto che fino a quel momento non lo aveva neanche mai sfiorato l'idea che Simone potesse innamorarsi di qualcun'altro.
- Chi? - domandò Manuel per spezzare l'imbarazzante silenzio.
- Uno della mia squadra di rugby, mi ha chiesto di uscire, ho accettato - spiegò - ed è anche molto carino - aggiunse e un sorrisetto si formò sul suo viso.
Intanto Manuel si sentiva come se qualcuno stesse prendendo a pugni il suo stomaco, aveva voglia di prendere a scazzottate Simone e togliergli quel sorrisetto fastidioso dalla faccia.
- Ma uscire... come amici? - chiese per sicurezza, o forse sperava che fosse davvero così. Sperava di aver capito male.
- Quante cazzate che spari, certo che no, come...altro - Simone restò sul vago.
- Beh buon per te - borbottò il diciassettenne in risposta e l'altro gli sorrise, timido e impacciato come sempre.
Quanto avrebbe voluto che quel sorriso lo riservasse solo a lui, pensò Manuel.

Il cielo stellato sopra di noi ~ SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora