6.

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Simone non si presentava a scuola da un paio di giorni, cosa assolutamente irrilevante per la maggior parte dei suoi compagni di classe, eccetto Manuel.
Il ragazzo aveva passato notti insonni dal suo litigio con Simone, non ricordava di aver mai pensato così tanto in tutta la sua vita, e vedere le storie su Instagram di Simone accollato a quel Daniel non gli aveva di certo conciliato il sonno.
E ora il Balestra Junior non veniva nemmeno a scuola, cosa strana dato che in vista dell'esame informale dovevano fare più presenze possibili, e tantomeno rispondeva ai messaggi.
Più di una volta gli aveva scritto, ma Simone manco visualizzava.
Era preoccupato che facesse qualcosa di stupido, l'ultima volta che era sparito si era ubriacato e aveva ingoiato pasticche come se fossero tictac per poi andare a schiantarsi sotto casa di Manuel e per poco non era morto.
Sì, era decisamente preoccupato.
Quando la campanella di fine lezioni suonò Manuel si avvicinò a Laura, non aveva la faccia abbastanza tosta per provare a parlare con Dante, era certo che il professore di filosofia fosse a conoscenza di tutti gli sviluppi tra loro due e in più temeva che, visto la sua relazione con sua madre, le avrebbe sicuramente raccontato tutto.
La bionda stava scrivendo qualcosa sul telefono, forse messaggiava con Simone, ipotizzò.
- Manuel? Devi dirmi qualcosa? - chiese distogliendolo dai suoi pensieri.
Lo guardava perplessa mentre lui fissava imbabolato il telefono di lei.
- Ehm sì, sì devo parlarti - rispose.
Lo imbarazzava farlo, ma era troppo in ansia per la sparizione di Simone per curarsene.
- Dimmi - lo invitò a continuare lei, Manuel prese una sedia da un banco a caso e le si sedette di fronte.
- Te per caso sai perchè Simone non viene a scuola? - domandò diretto.
Laura abbassò lo sguardo, colpevole, per qualche secondo, poi lo rialzò e sbuffò.
- Ho promesso a Simone di non dire niente a nessuno perchè non vuole essere disturbato, ma non ce la faccio più a vederlo, a vedervi, così. Simone non viene a scuola perchè il suo appuntamento non è andato come sperava - disse tutto d'un fiato.
Manuel sorrise a quell'informazione, godeva da morire al pensiero che quel tizio fosse ormai fuorigioco.
- Non c'è niente da sorridere, Manuel, Simone è fuori di sè, ed è tutta colpa tua. Gli hai messo addosso un sacco di dubbi e incertezze e non ti sei mai comportato da amico nei suoi confronti- lo rimproverò Laura.
- Manco lui s'è mai comportato d'amico con me. Non hai mai fatto niente perchè era mio amico, ma perchè provava qualcosa per me - puntualizzò Manuel.
- Importa qualcosa il motivo? Lui c'è sempre stato per te, sì ti ha messo nei guai un paio di volte, però poi ha fatto di tutto per rimediare ai suoi errori. Tu invece lo hai usato e basta - disse Laura.
- Senti non c'ho voglia de sta a sentì l'ennesima ramanzina - sbottò lui alzandosi in piedi.
- Aspetta! - esclamò la bionda per fermarlo prima che se ne andasse.
Manuel si girò nella sua direzione e se la ritrovò di fronte a sè.
- Voglio che tu sia sincero con me.
Niente maschere, niente pressioni.
Tu provi qualcosa per Simone? - gli chiese.
Ed eccola lì, l'unica delle milioni di domande che Manuel si era fatto in quei giorni che non si era mai posto. La domanda fondamentale, a cui aveva troppa paura per rispondere. Sapeva che una volta presa coscienza della risposta, niente sarebbe mai stato più come prima. Per Simone, però, valeva la pena rischiare.
- - sussurrò, più a sè stesso che alla ragazza che aveva di fronte.
- Allora smettila di tenere entrambi in sospeso in questo limbo tra amore e amicizia che vi siete creati - gli consigliò Laura dandogli un colpettino d'incoraggiamento sulla spalla e poi uscì dall'aula.
Manuel fece un respiro profondo, si appoggiò al muro e si portò una mano sugli occhi stanchi.
Lo aveva ammesso.
Dopo mesi di autonegazionismo aveva ammesso, sia a sè stesso che a Laura, ciò che sentiva, e che non era giusto ignorare né per lui né per Simone.
Forse non gli piacevano i maschi, di questo ancora non era certo, ma era sicuro che gli piacesse Simone, che pensasse a lui tutta la notte, che il suo cervello continuasse a rimandargli in mente ciò che era successo al suo compleanno, i baci, le carezze, i sospiri.
Che Simone gli mancasse da morire e che per lui fosse come una boccata d'aria fresca, e che fosse l'unica persona con cui si sentiva complice, di cui si fidava ciecamente.
Manuel decise, una volta per tutte, di smettere di pensare, di spegnere il cervello e seguire il suo cuore.
E non importava quale angolo girasse o quale via prendesse, per lui tutte le strade portavano a Simone.
Manuel uscì di corsa dalla scuola ormai vuota, saltò sul suo motorino, indossò velocemente il casco e sfrecciò via verso casa Balestra.
Non poteva aspettare un minuto di più, o tutto il coraggio che aveva preso in quel momento sarebbe affievolito e lui non sarebbe più riuscito a dire a Simone tutte le cose che aveva da dirgli.
Dopo una decina di minuti smontò dal motoveicolo nel giardino della grande casa gialla che torreggiava davanti a lui.
La casa era vuota, Dante si trovava ancora a scuola e la nonna di Simone aveva delle commissioni da fare.
Manuel prese in mano il telefono, aprì la rubrica e cliccò sul nome del sopracitato, per informarlo che era lì e che voleva parlare.
Uno, due, tre squilli, ma nessuna risposta.
Manuel riprovò altre cinque o sei volte, non si sarebbe arreso così facilmente, se Simone non avesse risposto, sarebbe stato disposto anche ad urlare il suo nome.
- Oh la smetti di rompere il cazzo!? - la voce infastidita e incazzata di Simone gli rimbombò nelle orecchie.
- Che so queste le buone maniere? - lo prese in giro Manuel per tentare di sciogliere la tensione, fallendo.
- Ma vaffanculo - ribattè il sedicenne e fece per chiudere la chiamata, ma il ricciolino lo interruppe: - Aspetta! Sono qui, a casa tua -.
Ne seguì un silenzio assordante, eppure Simone era ancora in chiamata.
- Perchè? - sentì poi dire dalla sua voce.
- Perchè ti devo parlare - spiegò Manuel facendo trapelare la sua serietà.
Simone mise giù e il diciassettenne stava per urlargli dietro una qualunque bestemmia, ma il ragazzo si affacciò al balcone della sua camera.
- Non ho voglia di parlare con te - disse Simone guardandolo dall'alto.
Manuel trovò che fosse più pallido e con occhiaie più profonde di quando lo aveva visto l'ultima volta.
- Ma te devo dì 'na cosa importante - continuò il diciassettenne.
- Quale parte del concetto "non ho voglia di parlare con te" non ti è chiara? - domandò Simone glaciale.
- Ogni parte - rispose Manuel per fargli intendere che non aveva nessuna intenzione di cedere.
- Scendi per favore - disse ancora.
Simone rimase zitto, appoggiato al parapetto del balcone, con lo sguardo perso nel cielo sopra di loro.
- Ao te movi o devo sta qua a farte 'na serenata? - disse ironicamente Manuel, che stava iniziando a spazientirsi.
Simone si lasciò scappare una piccola risata che non sfuggì al più grande.
- E se ti dicessi che devi farmi una serenata? - chiese sfidando Manuel.
Quest'ultimo strabuzzò gli occhi dalla sorpresa, non si aspettava una risposta del genere, poi ribattè: - Te direi che sei n'deficiente, ma che se questo servisse a parlarte lo farei -.
Il sedicenne scrollò le spalle, si passò una mano tra i ricci scuri e disse: - Senti c'ho avuto delle brutte giornate ok? Non ho bisogno che tu ci metta la ciliegina sulla torta -.
- Simò te prego, fidate de me - lo supplicò Manuel.
E Simone, come tutte le volte, si fidò.
Uscì dalla sua camera, scese lentamente le scale e aprì la porta d'ingresso.
Il più grande lo aspettava lì con le mani sul fianchi e il piede che batteva impaziente contro la terra sotto di lui.
- Entra - disse Simone spezzando il silenzio teso e accompagnò le sue parole con un gesto del braccio.
Manuel entrò, si mordereva ossessivamente il labbro inferiore e Simone lo trovava tremendamente bello, ma si autoimpose di continuare ad odiare il ragazzo di fronte a lui.
- Dì ciò che devi dire e poi vattene - disse infatti, il suo tentativo di far credere a Manuel di odiarlo era davvero patetico.
- Me manchi - disse il ricciolino, tutto il discorso che si era preparato durante il tragitto in moto e tutte quelle belle parole non riuscivano a uscire dalla sua bocca in presenza di Simone, il quale sbuffò e roteò gli occhi.
- Ed eccoci qui come ogni volta, ora tu ti scuserai, mi prometterai che non mi ferirai più, io ti perdono e torniamo amici fino a quando tu non farai di nuovo qualcosa per cui dovrai farti perdonare - disse il moro.
- No, stavolta no - disse Manuel con sicurezza - Stavolta non ti ferirò -.
Simone alzò un sopracciglio in un'espressione scettica, non credeva a nessuna delle parole che uscivano dalla bocca del ricciolino.
"Forse sarà più difficile di quanto credessi" pensò Manuel, che iniziò a giocherellare con i lacci della sua felpa grigia per nascondere l'agitazione.
- Ho parlato co' Laura, m'ha detto che il tuo appuntamento è andato male - aggiunse.
Il sedicenne scosse la testa e rise amaramente.
- Scommetto che ne sei contento non è vero? Ti diverte perchè mi è andata male, perchè sono patetico - disse.
- Su una cosa hai ragione, sono contento - ribattè Manuel.
Simone gli lanciò un'occhiataccia, sembrava proprio sul punto di tirargli un cazzotto dritto in faccia.
- Non perchè me diverte trovarte patetico, ma perchè ero geloso - aggiunse poi e l'espressione di Simone da arrabbiata divenne sorpresa.
Sbarrò gli occhi e la sua bocca rimase mezza aperta.
- Puoi ripetere? - chiese con un filo di voce.
Manuel fece un piccolo sorriso, felice di aver ottenuto l'attenzione del ragazzo.
- Ero geloso, perchè al posto de quel rugbista del cazzo ce sarei dovuto esse' io - ammise.
Simone sperò di non aver fatto la faccia che pensava di aver fatto, ovvero come se si fosse ritrovato la madonna in salotto.
Non ci credeva, quello doveva per forza essere un sogno, non c'era altra spiegazione.
- Mi stai prendendo per il culo? - chiese, se quello era uno scherzo era davvero di cattivo gusto.
- No Simò, dico davvero. C'hai ragione tu, me so' comportato da codardo, e forse non so ancora chi sono e cosa voglio, ma - e qui Manuel si bloccò.
Simone si avvicinò un po' di più a lui facendo aumentare il battito del cuore di entrambi.
- Ma?- disse invitando l'altro a finire la frase.
Manuel però optò per finirla lì con le parole e poggiò cautamente le sue labbra su quelle di Simone causando a entrambi una scarica di adrenalina.
Il più alto poggiò istintivamente le sua mano sui fianchi dell'altro, stringendolo a sè.
Dopo qualche secondo si staccarono, Simone con le guance arrossate e Manuel con un'espressione da deficiente in volto.
- T'è chiaro cosa volevo dì o te devo fa' pure il disegnino? - domandò quest'ultimo, Simone ridacchiò e annuì:- Sì, mi è chiaro -.
Poi tornò serio e aggiunse: - Vorrei solo sapere...perchè hai cambiato idea? -.
Manuel pensò che fosse una domanda più che lecita, e non ci mise molto a rispondere: - Non ho cambiato idea, la verità è che ho sempre sentito qualcosa di...diverso per te, solo che continuavo a reprimerlo per paura. Però ora so' stufo de scappa' dai miei sentimenti -.
E Manuel si perse negli occhi grandi e profondi di Simone, scuri ma allo stesso tempo luminosi, come un cielo stellato.
- E la legge morale? - chiese il sedicenne riferendosi a una discussione di tanto tempo prima.
- Cazzo ce frega della legge morale - ribattè Manuel, lo prese per il colletto della maglietta e lo attirò a sè baciandolo ancora.
Ogni volta era come un'esplosione, come se due pezzi di un puzzle si incastrano alla perfezione.
Mentre il bacio si faceva sempre più approfondito, barcollarono goffamente verso la camera di Simone.
Una volta lì Manuel fece scivolare le sue mani sotto la maglia del ragazzo che aveva tra le braccia. Simone in risposta gli tolse la giacca buttandola in chissà quale parte della stanza e scese a baciare il collo del diciassettenne, che emise un gemito trattenuto.
- Sei sicuro Manuel? - gli chiese Simone tra un sospiro e un altro.
Manuel gli accarezzò delicatamente una guancia e lo baciò, stavolta con dolcezza.
- Te giuro che stavolta non scappo - sussurrò poi sulle labbra di Simone.
- Voglio solo te - aggiunse e ripresero quel loro momento intimo.
- Simò - lo chiamò Manuel.
- Mmh - borbottò Simone in risposta, come a dire continua.
- Ora ce l'ho- mormorò il diciassettenne.
- Hai cosa? -.
- Ho la risposta alla domanda "cos'è la felicità"? -.
Non fu effettivamente la loro prima volta, ma fu come se lo fosse, perchè per la prima volta lo facevano liberi da ogni dubbio o esitazione, con la consapevolezza che era solo l'inizio di qualcosa che avrebbe cambiato le loro vite per sempre.

Il cielo stellato sopra di noi ~ SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora