* Il Natale è la peggior festa di sempre! *

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Nys'Alysar

Era di nuovo quel periodo dell'anno. Già, proprio quello delle terribili canzoncine festose, delle stomachevoli abbuffate in famiglia, delle serate passate a fare stupidi giochi di gruppo, dei regali da quattro soldi e dei sorrisi forzati. E lui lo detestava.

Safir gli aveva mandato un vocale proprio quella mattina, in cui gli intimava di non trovare patetiche scuse per saltare il cenone della vigilia o gliel'avrebbe fatta pagare cara. Nys'Alysar sbuffò, immaginava già come sarebbe andata a finire: recriminazioni sulle aspettative tradite di sua madre, le piccole e detestabili ripicche di sua sorella, i discorsi razzisti e l'apoteosi dell'egocentrismo in un'unica tavolata, circondati da miriadi di lucine e leziose decorazioni a cui lui avrebbe dato volentieri fuoco. A parte il piccolo Safir, se avesse sentito che lo chiamava ancora "piccolo" gli sarebbe saltato alla gola e non proprio in senso metaforico, la sua famiglia era una specie di circo incasinato.

Mancava una settimana alla "tortura". Nys fece un balzo per uscire dalla metro affollata, scivolando tra un grosso individuo e la sua sacca da viaggio altrettanto enorme e uno tipo smilzo coi capelli argentati e la faccia piena di piercing. La scalinata davanti a lui luccicava decorata con festoni dalle foglie smaltate d'oro e fiocchi rossi, in filodiffusione Jingle Bell Rock. Emise un basso gemito e avanzò di fretta, zigzagando tra le persone, le loro buste di regali e il loro chiacchiericcio allegro, ed emerse nel piazzale della fontana. Il pavimento era bagnato, il fiato si condensava in vapore gelido, alzò gli occhi al cielo incontrando una notte incombente offuscata da lampioni e luminarie singhiozzanti, cadeva qualche raro fiocco di neve.

«Buon Natale,» gridavano dall'angolo della strada, risate in risposta e, forse, persino uno scampanellio.

Nys sollevò il bavero del cappotto nascondendosi dentro il più possibile e si incamminò.

Il suo laboratorio si trovava proprio all'angolo e stava aperto di sera e per buona parte della notte. Non era poi così insolito: quando i negozi e gli uffici chiudevano i clienti si recavano da lui.

Entrò, accese le luci e il riscaldamento, raggiunse il laboratorio spogliandosi del soprabito, controllò che fosse tutto in ordine, verificò gli appuntamenti per quella serata: un teschio circondato da spine, il simbolo dell'infinito, una citazione latina. Nulla di complesso.

Poco dopo il telefono squillò. Sua madre. Fece una smorfia, magari poteva fingersi morto? «Sì, mamma?»

«Hai presente quel vecchio antipatico che vive davanti a me?» Sua madre non si degnò neanche di salutarlo.

«Il signor Narth? Cosa ha fatto?» In effetti l'uomo somigliava a una sorta di Babbo Natale, solo magro e distaccato. A pensarci bene non ricordava di averlo mai visto o sentito ridere in tutta la sua vita. In realtà, da piccolo, ci aveva fatto un pensierino: il signor Narth da giovane era stato un uomo misterioso e affascinante.

«Ha messo sulla porta una ghirlanda di rami di pino e bacche rosse.»

«Oookay...?» Nys era sempre più perplesso.

«Ne voglio una anche io, più bella, magari con pigne e inserti di ginepro. Trovane una magnifica!»

«Cosa? Ma dove dovrei...?»

«Vai da un fiorista, ci saranno fioristi dalle tue parti, no?» Senza dargli possibilità di replica, sua madre chiuse lì la conversazione.

Nys ebbe la tentazione di scaraventare il telefono sul marciapiedi di fronte alla vetrina, ma si trattenne, aggiungendo una spunta in più sul perché il Natale era la peggior festività di sempre.

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