Thailandia.
Un anno.
Mi ci è voluto un anno per capire che ci amavamo, che le nostre scopate non servivano solamente ad alleggerirci l'anima ed il corpo.
Adesso, sono qui, nello stesso luogo in cui ci siamo uniti la prima volta, che sarebbe dovuta essere l'unica, ma ogni ultima volta era sempre la penultima.
Davamo la colpa all'alcol, al mare, al fatto che ci sentivamo fuori dal mondo, come se avessimo messo in pausa le nostre vite e tutto ci fosse permesso.
Sembravamo degli adolescenti a cui era concesso uscire solamente nel weekend: a noi era concesso solamente incontrarci di notte e spesso l'attesa diventava estenuante perché anche lo sfiorarci un braccio accendeva dentro di noi un fuoco che diventava sempre più ardente.
Se scrivessero un libro sulla nostra storia, i lettori si chiederebbero:"Perché, se avevano così tanta fame delle loro carni e delle loro anime, non hanno mollato tutto?"
Magari fosse stato così semplice.
Al rientro, ricevetti in piena notte una chiamata da Álvaro:"Itziar, ho bisogno di parlarti"
-"Dimmi...ma, stai piangendo?" lo sentivo singhiozzare dall'altro lato del telefono.
-"Itzi, quello che è successo tra di noi è stato un errore. Quando sono rientrato a casa, Blanca e i bambini mi hanno preparato una sorpresa: una torta con scritto "bentornato papà" e mi hanno chiesto se gli avessi portato dei regali, in quel momento mi sono sentito morire perché ho realizzato che a causa delle scappatelle con te, non ho pensato neanche un momento a loro, alla mia famiglia. Mi sono vergognato come un ladro, gli ho detto che li avevo dimenticati in macchina, sono uscito di casa e sono andato nel negozio di giocattoli più vicino."
-"Mi dispiace, io non volev-"
-"Non è colpa tua, ma questa cosa non può più andare avanti. È meglio se..."
-"Non dirlo Álvaro, per favore, non dirlo."
-"È meglio se ci allontaniamo. Per fortuna, avremo poche scene da registrare insieme d'ora in poi. Buonanotte."
-"Buonan-" e ha riagganciato.
Sono sprofondata in un lungo pianto, l'ultima cosa che avrei voluto era distruggere la sua famiglia, ma allo stesso tempo, non volevo allontanarmi da lui.Le interviste insieme sono diventate sempre più rare, alle première ci evitavamo, anche se non perdevamo occasione per guardarci da lontano: la verità è che abbiamo continuato ad amarci, lo abbiamo fatto da lontano, ma non abbiamo mai smesso.
Ogni tanto ci concedevamo il lusso di cedere, per una sera, una notte, poi però il senso di colpa ci sopraffaceva ancora una volta.Abbiamo ceduto durante le riprese de "La noche de la merluza": avevamo bevuto della birra, la mia testa girava e dopo un bicchiere di Estrella Galicia ho iniziato a perdere il controllo.
Jesús ci aveva detto:"Fate quello che volete, comportatevi come se foste ad una vera festa, fate quello che fareste se non ci fossero le telecamere."
Io, allora, ho iniziato a ballare, a cantare, con Esther, Ursula e tutta la restante parte del cast, ma il mio corpo gravitava naturalmente verso quello di Álvaro.
Mi sono avvicinata, lui però sembrava non vedermi.
Frustata, l'ho afferrato per un braccio, l'ho spinto contro il mio corpo e con la mia schiena sul suo petto, il mio sedere appena sotto il suo bacino, abbiamo iniziato a ballare e sentivo quel fuoco ardere di nuovo.
Prima un bacio.
Poi un altro.
Un altro ancora.
Hovik fu il primo ad accorgersi che stavamo andando un po' oltre e cercai di recuperare dicendo fosse tutta finzione, ma lui ribattè chiedendo se anche la lingua fosse scenica.
Non mi ero resa conto che ci stavamo baciando da tutta la sera lontani dalle telecamerr, nei momenti di pausa, mentre Ursula ed Esther si riscaldavano con delle borse dell'acqua calda ed io indossavo una giacca perché faceva molto freddo.
Quella sera è stata la penultima volta in cui abbiamo ceduto.
L'ultima è stata qualche mese dopo, alla première dell'ultima parte.