La strega viola

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Torno a casa e mi preparo una tisana aromatizzata alla mela e cannella, una delle mie preferite.
Nel frattempo che metto l'acqua a bollire, entra mio padre, appena tornato da lavoro.
《Ciao papà, vuoi una tisana anche tu?》lo saluto.
《Hey tesoro. No grazie, semmai la prendo dopo cena》mi risponde.
《Ok. Tutto bene a lavoro?》gli chiedo.
《Sono abbastanza stanco ma tutto sommato è andata bene la giornata.》
Rientra anche nonna.
《Ciao abuela, vuoi una tisana?》chiedo anche a lei.
《No cara, tranquilla. Comunque, alla fine, sono andata alla merceria vicino la metro con Rose. Nemmeno lì ho trovato il colore giusto, un viaggio a vuoto. Che palle.》impreca nonna.
《Mamma! Calma con le parole...》dice papà.
《Calma un corno! Sofya è grande abbastanza per sentire queste cose, poi pensi che non le dica anche lei con le sue amiche?》ribatte la nonna.
Entrambi mi rivolgono uno sguardo ed io, avvampando, mi giro a controllare se l'acqua era bollita abbastanza.
《Vado a continuare il maglione in salotto. Tanto il bicolore va di moda quest'anno》fa abuela alzando gli occhi al cielo e andando a cercare gli occhiali.
Verso l'acqua nella tazza e mi dirigo in camera mia, sorpassando papà intento a leggere una lettera.
Accendo la luce e noto il panico dentro la mia stanza, così il piano di leggere per la tredicimilionesima volta Harry Potter mentre bevo la tisana va a rotoli.
Sistemo la camera fino a quando mia nonna urla di venire a tavola.

Abuela aveva fatto, come ogni venerdì sera, il pasticcio di carne che mi piace tanto.
《Domani vado a dormire da Beth insieme alle altre. A sua mamma si è rotto il telefono, quindi per qualsiasi cosa scrivete o chiamate me.》li avverto io. Infondo, era vero che alla madre si era frantumato il telefono cadendo dal secondo piano del loro palazzo.
《D'accordo...puoi passarmi il sale?》mi dice papà.
Glielo passo e intanto noto uno strano sguardo tra i due. Non uno di quegli sguardi distratti che di solito ci si rivolge anche con gli estranei, uno sguardo come se...come se volessero dirsi qualcosa che solo loro sapevano. Che nascondessero qualcosa? Non ne ho idea, ma sinceramente ho altre cose a cui pensare.
Finita la cena, torno a sistemare il casino in camera, fino a quando non sento un certo bisbiglio provenire dal salotto...
《...è comunque tua figlia e ha il diritto di sapere tutto, qualsiasi sofferenza le provochi!》
Mi affaccio lentamente dalla porta.
《Non è ancora il momento, voglio che si goda in pace questi giorni con le sue amiche, senza paturnie o sovrappensieri-》
《Paturnie o sovrappensieri? Avanti, fatemi sapere quali.》li interrompo io già stufa di quella discussione.
Nonna e papà si lanciano di nuovo uno sguardo, ma stavolta uno sguardo di arresa.
《Va bene, va bene...ascoltami, Sofy...》 inizia a dire papà.《Volevo dirtelo in un'altro tipo di contesto, ma dato che ormai siamo qui...》continua con gli occhi un po' lucidi.
《Il mio datore di lavoro mi ha detto che...deve spostare alcune persone da altre parti. Mi è arrivata poco fa la lettera ufficiale, quella che stavo leggendo prima di cena. Avremo più disponibilità economica e vivremo...bene》dice infine.
《Beh, wow papà...è fantastico! Perché paturnie o sovrappensieri? È una cosa bella!》rispondo entusiasta.
Altro sguardo tra papà e nonna, quest'ultima in piedi a braccia incrociate sul petto.
《Perché quegli sguardi preoccupati?》chiedo confusa io.
《Tesoro...il nuovo lavoro è nel Queens, a New York. Per me è anche una possibilità di autonomia.》
Merda.
Merda, merda, merda.
Trasferisi? Cambiare vita e ricominciare da capo? Devo ammettere che l'idea mi sorprendeva alquanto.
《Ah...io...cavolo...la nonna come farà?》
《Fidati, questo è l'ultimo dei problemi. Lo sai che sto bene anche da sola, Sofy, non devi assolutamente preoccuparti per me. Mi prendi per una vecchia rimbambita che non sa nemmeno fare la spesa? Sono pur sempre ancora in gran forma!》dice abuela, mostrando falsi muscoli.
Sorrido appena, sull'orlo delle lacrime. Non resistendo più, dico di voler andare a dormire.
Comprensivi, mi danno la buonanotte.
Mi butto sul letto affondando la faccia nel cuscino, pensando alla mia vita in Germania.
Le risate con Beth, lo shopping con le altre, gli sbuffi durante le lezioni e i bigliettini che ci lanciavano i maschi con scritto "vuoi metterti con me?: si/no". Andare a fare la spesa con nonna, i miagolii del gatto vicino al posto di lavoro di papà e le illegali carezze che gli facevo nonostante "LE ZEEECCHE". Ripenso anche a Thomas, quel ragazzo che mi piace dalla seconda media ma che non sono mai riuscita a conquistare.
Penso al cheeseburger del Mcdonald's, anche se a New York ce ne sono sicuramente a migliaia.
Mi alzo col viso rigato dalle lacrime di ricordi passati e guardo l'ora sul telefono. Era l'una meno un quarto. Papà e nonna erano sicuramente andati già a dormire. Scendo dal letto e prendo lo zaino che uso per andare ai pigiama party con le mie amiche, o meglio...che usavo.
Ci butto dentro un paio di legghins, la mia felpa preferita, un pigiama, un giacchetto e il libro di Harry Potter: la pietra filosofale. L'indomani avrei preso lo spazzolino e il dentifricio, e probabilmente anche il bollitore per le tisane, casomai all'hotel ne avessi avuto bisogno.
Mi ributto sul letto dopo aver letto l'sms anonimo con il posto e l'ora in cui sarei dovuta andare all'aeroporto, senza dirmi chi o cosa sarebbe venuto a prendermi.
Mi addormento senza farci caso, ancora con lo zaino mezzo aperto sul materasso.

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