Capitolo 26

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Spazio autore

Ecco il nuovo capitolo. Sarà solo un momento di passaggio, un capitolo introspettivo, forse non molto interessante ma abbastanza importante per ciò che succederà dopo.


Si svegliò all'improvviso, stiracchiandosi sotto alle coperte. Poteva scorgere la prima luce aranciata del mattino attraverso le palpebre ancora chiuse; non aveva alcuna intenzione di alzarsi così presto, voleva solo girarsi dall'altra parte e continuare a dormire. Si sentiva uno schifo per i postumi della sera precedente, la testa gli girava e quel continuo ronzio nelle orecchie lo stava facendo impazzire.
D'un tratto sentì un rumore e si costrinse ad aprire gli occhi. Che stava succedendo? C'era qualcuno nella sua stanza? Finalmente i flash della notte appena trascorsa si affacciarono alla sua memoria: la vodka, Victoria, le sue lacrime... il bambino. Allungò una mano nel letto accanto a lui ma lo trovò vuoto.
Si tirò su di scatto e si pentí quasi subito di averlo fatto, quando vide la stanza girare in tondo. Era solo, non vi era traccia della ragazza ma i suoi vestiti erano ancora dove li aveva lasciati. Si precipitò davanti alla porta del bagno, bussando piano prima si entrare.
"Victò? Stai lì dentro?! Posso??"
Silenzio.
Bussò di nuovo, certo di trovarla di nuovo accasciata a terra come la sera precedente. Forse si era sentita male e lui non si era accorto di nulla?
"Vic??"
Aprì piano la porta ma si sorprese nel trovare la stanza vuota. Dove poteva essersi cacciata? Possibile che non si fosse accorto di nulla?
Si infilò in fretta la felpa abbandonata a terra e si diresse a passo incerto verso la stanza di Vic. Il corridoio era ancora immerso nel silenzio, solo qualche colpo di tosse e pochi rumori provenienti dalle camere ancora chiuse. Aveva il timore che qualcuno potesse affacciarsi e trovarlo lì, a quell'ora e per di più mezzo nudo.
Arrivò davanti alla porta chiusa, sentendo uno strano senso di agitazione. E se Vic non fosse stata nemmeno lì? Se avesse deciso di prendere ed uscire? Non sapeva più cosa aspettarsi da lei.
Bussò piano per non far svegliare tutti quanti ma non ottenne alcuna risposta. Finalmente ebbe un'illuminazione e pensò di chiamarla. Tornò in camera e recuperò il suo cellulare, sebbene fosse ancora ridotto in condizioni disastrose per via della tequila.
Il telefono di Vic squillava. Uscì di nuovo nel corridoio, avvertendo distintamente la suoneria nel silenzio totale. Ne seguì il suono e si ritrovò di nuovo davanti alla stanza della ragazza. Questo era un buon segno perché voleva dire che era lì dentro. Attese che gli rispondesse ma con sua somma sorpresa la chiamata si interruppe. Rimase per qualche secondo attonito ad ascoltare gli squilli ravvicinati del telefono, prima di riattaccare. Aveva davvero rifiutato la sua chiamata? Riprovò di nuovo, mosso da un impeto di orgoglio e di nuovo la suoneria in lontananza e Victoria che interrompeva la chiamata.
Ma che diavolo stava facendo? Perché se n'era andata via?
Si guardò intorno confuso e frustrato. Sapeva di non avere molta scelta, era evidente che Vic non gli voleva aprire, forse stava dormendo o forse stava facendo la doccia ma di sicuro non lo voleva tra i piedi.
Si incamminò velocemente lungo il corridoio a testa bassa, stringendosi nella sua felpa che sapeva ancora di vodka. Aveva il terrore che qualcuno lo vedesse, che si affacciasse e gli chiedesse spiegazioni. Si sentiva vulnerabile, deluso, aveva immaginato di svegliarsi accanto a Vic, di parlarle con calma di ciò che era successo quella notte tra di loro. Aveva bisogno di chiarirsi con lei, di capire che cosa voleva fare veramente con quel bambino e anche lui doveva capire che cosa gli stava accadendo. Corse quegli ultimi metri senza nemmeno rendersene conto e si ritrovò a litigare con le proprie mani tremanti, che non ne volevano sapere di inserire le chiavi nella serratura.
"Ehi Dam..."
La voce di Ethan lo fece trasalire proprio nel momento in cui la porta si stava aprendo.
"Non ora, Ed..."
Disse con il cuore in gola prima di sgusciare velocemente nella sua stanza. Si rinchiuse la porta alle spalle e scivolò lungo di essa fino ad accasciarsi a terra.
Che cosa gli stava succedendo? Che cosa gli faceva quella donna? Era come una marea incessante dentro di lui. Ripensò a ciò che le aveva detto nel camerino solo la sera prima. Aveva esagerato. Di nuovo. Aveva perso la pazienza e l'aveva trattata male anche se non avrebbe voluto. Le aveva detto che lui non ne voleva sapere nulla, che quello era un problema da risolvere. Aveva detto tutto quello che non avrebbe voluto dire, insomma. Ma lei era così, lo faceva accendere di desiderio e di rabbia con la stessa facilità, perché era talmente forte l'energia che si sprigionava quando erano insieme, che poteva diventare qualcosa di distruttivo. Non c'era nulla di razionale quando si parlava di Vic, erano istinto e dinamite e bastava una scintilla per creare il caos. E poi lei aveva quel potere, quel modo di escluderlo, di deluderlo, anche ora che pensava di essersi ravvicinato a lei, ecco che questa scappava e alzava il suo fottuto muro.
E lui? Il suo di muri? Aveva sempre accusato la ragazza di indossare quella corazza di forza ed invincibilità per nascondere le propria anima fragile e invece lui? Qual era la sua corazza? O avrebbe fatto meglio a parlare di maschera? La maschera che Damiano indossava sul palco, la stessa che aveva imparato ad indossare a scuola e con le ragazze. Una maschera sempre più scomoda per il suo personaggio ormai fuori controllo, che trasudava sicurezza e strafottenza, quando lui in realtà non era più sicuro di niente. Era strano perché con lei, con Vic, non aveva mai avuto bisogno di indossarla. Con lei non si era mai nascosto, fino a quel momento perlomeno.
Il suo telefonino iniziò a vibrare nella tasca, facendolo spaventare. Era Giulia, che lo chiamava come ogni mattina per dargli il buongiorno. Presto sarebbero stati di nuovo insieme, dal momento che lo avrebbe raggiunto per l'ultima data prima di volare di nuovo a Roma. Doveva esserne felice ed invece ora rimaneva lì, attonito di fronte al display illuminato con il suo nome.
Che doveva fare? Rispondere e fare finta di niente? O parlare, dire subito la verità prima che questa saltasse fuori e lo divorasse? Ma poi, Victoria voleva che lui parlasse? Perché lì si trattava soprattutto di lei, del suo corpo, della sua privacy.
Il display si spense e lui si sentì sollevato ed in colpa allo stesso tempo.
E se Vic avesse deciso di tenere il bambino? In fondo lo aveva ammesso lei stessa: non voleva farlo davvero. E quindi? Quali sarebbero state le implicazioni di una simile scelta per lui?
Prima di tutto avrebbero dovuto coinvolgere il gruppo, dirlo ai ragazzi e a tutto il team di lavoro. Avrebbero dovuto definire i nuovi impegni della band, capire come tenere fede ai contratti e agli sponsor e spostare le date degli imminenti concerti in primavera. Forse i grandi capi si sarebbero incazzati, magari li avrebbero costretti a pagare delle penali ma Damiano in fondo sapeva che quello non sarebbe stato lo scoglio più grande da superare.
Ci sarebbe stata l'opinione pubblica, quella della quale sinceramente a lui fregava meno. Il pubblico lo avrebbe criticato comunque: i fan di Giulia lo avrebbero distrutto, così come le testate giornalistiche di bassa lega, che ci avrebbero mangiato sopra per anni. Lui ne sarebbe uscito come un vero coglione, un uomo infedele, senza valori e senza scrupoli. Ma il peggio sarebbe toccato a Victoria, perché lei era una donna e già per partito preso sarebbe stata dipinta come una puttana, una pervertita, una stronza. E il bambino? Lui sarebbe stato paparazzato dalla mattina alla sera, sarebbe stato gettato in pasto agli haters, buttato sulle copertine dei giornali di tutto il mondo con il volto pixelato e chissà, magari sarebbe stato anche tormentato all'uscita da scuola o in giro per la città. Era un fottuto incubo, gli venivano i brividi al solo pensiero.
Poi ci sarebbero state le loro famiglie. I suoi genitori come l'avrebbero presa? E suo fratello? Lui non aveva mai davvero accettato Giulia ma Damiano si era imposto per farla entrare anche nella loro vita e ora che cosa avrebbero pensato? Che era un irresponsabile? Un coglione? Che stava rovinando tutto? No... anche se lo avessero biasimato di sicuro gli sarebbero stati accanto. E poi loro adoravano profondamente Victoria, avrebbero adorato anche loro figlio.
E la famiglia di lei invece? Quella della ragazza? Non era sicuro che sarebbe stato così facile con il padre di Vic. Gli voleva bene certo ma forse lo avrebbe preso a pugni nei denti per una cosa del genere. Del resto, anche lui non avrebbe fatto lo stesso per sua figlia? Quel pensiero lo colpì in modo particolare. E da dove usciva adesso? Ci stava già pensando come se fosse una cosa fatta?
No. Lui non voleva nessun figlio, figuriamoci una figlia! Non da Vic perlomeno e a pensarci bene nemmeno da Giulia.
Ecco appunto: Giulia. Come avrebbe fatto con lei? Sarebbe stata possibile una vita, nella quale lei avrebbe accettato quel bambino? Una vita, in cui lui si sarebbe diviso tra i suoi doveri di padre e quelli di compagno?
E Vic? Lei avrebbe continuato a vivere con Joy? Avrebbe cresciuto loro figlio con lei? Perché se c'era una cosa ormai certa era che lui e Victoria non sarebbero mai riusciti ad essere una coppia. Non lo avevano mai fatto in tutti quegli anni e sarebbe stato sbagliato provarci solo perché c'era un bambino di mezzo.
Cazzo, Vic! Perché doveva essere sempre così incomprensibile? Perché non poteva essere come un tempo, quando si amavano in modo così sereno ed incondizionato?
Gli tornarono alla mente le parole della sera prima nel camerino. Le aveva urlato dritto in faccia che era stata lei a volere quella situazione fin dall'inizio, lei a fare un passo indietro, ad averlo friendzonato. Friendzonato? Aveva usato proprio quella parola da Millenial del cazzo? Ma era andata veramente così? O era stato lui, che si era messo con un'altra per non ricevere un due di picche troppo doloroso per il suo ego? Forse era stato lui ad allontanarla, a non voler cogliere i segnali; anche quando Vic si era lasciata con il suo ex storico lui che aveva fatto? Niente. Magari con un'altra sì, ci avrebbe provato... ma non con lei, non con la regazzina dello skate. Ci aveva solo giocato per alimentare la curiosità degli altri verso la band ma non aveva mai davvero ceduto all'istinto. Perché in fondo il loro era un rapporto diverso, il più profondo e rassicurante che Damiano avesse mai avuto con una ragazza. Non avevano bisogno di sesso per volersi così bene, per stimarsi e cercarsi in continuazione. Voleva disperatamente credere che fosse possibile essere suo amico, trattarla con complicità e rispetto come avrebbe fatto con una sorellina. Vic era Vic e non andava toccata. Vic era come un tassello del suo puzzle, di quelli che non voleva compromettere nel tempo, di quelli che sembrava impossibile perdere per strada. Ed allora finalmente capì che il vero ostacolo al loro amore non era mai stata la band o ciò che si aspettavano gli altri, l'ostacolo erano sempre stati loro due, la loro paura di fare un passo in più per non rimanere scottati, delusi, per non essere mai costretti a dirsi addio. Era questione di equilibrio. Una sorta di protezione, una rete di salvataggio, che a conti fatti non era servita a un bel niente perché ora tutto era svanito come una bolla di sapone. Si erano detti bugie per non perdersi mai ed ora invece la verità li stava separando in modo irrimediabile e il loro prezioso equilibrio era distrutto per sempre.
Era colpa del successo?
Erano solo diventati adulti?
O forse era inevitabile, come gli ripeteva sempre Lello?
In quel momento tutto gli sembrava un enorme errore: lui, Vic, Giulia e quel maledetto albergo, che come le vite che avevano scelto di condurre, continuava a dividerli in due camere separate.

























Amandoti 5 (What if...?) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora