Capitolo 28

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“Che stai à fa ‘n video?”
Chiese Thomas, che invece era fermo in quella posa plastica in attesa dello scatto.
Tutti risero e Giulia si affrettò a condividerlo sulla chat perché lo potessero pubblicare nelle loro stories. Damiano sorrise rivedendosi e sorrise anche a lei, perché nonostante non c’entrasse assolutamente niente con loro, riusciva a farsi volere bene da tutti.
“Daje… manca solo Vic…” Disse il chitarrista, guardandosi intorno in cerca dei capelli biondi. “Ma ‘ndo cazzo sta sempre questa ahò?"
“Non lo so… era qui un attimo fa! La vado a cercare…”
Gaia si stava già incamminando verso la sala trucco, quando la mano di Leo sulla sua spalla la bloccò.
“No, aspé… Ce vado io.” Non era stata una gentilezza la sua, era piuttosto un ordine.
Damiano osservò l’amico mentre usciva velocemente dal camerino con il telefonino in una mano ed una strana busta nell’altra.
Amo, vieni qui…” Giulia gli scattò una foto a tradimento, ben sapendo che sarebbe rimasta insieme a quelle migliaia di foto che nessuno avrebbe visto mai. Nonostante ormai la loro storia fosse di dominio pubblico, Damiano continuava a mantenere quella sorta di riserbo. Non era più l’idea di volerla proteggere, era più la necessità di non ostentarla. Ora più che mai.
“Guarda che musetto…” La fidanzata gli stava mostrando lo scatto appena fatto ma lui non riusciva a prestare attenzione, la sua mente rapita ormai da altro.
“Scusa n'attimo, Giù…” Scattò come una molla, seguendo l’amico che era appena scomparso nel corridoio.
“Ma dove vai? Tra poco andate in scena…” Lo richiamò Gaia, la quale odiava i cambi di programma.
“Devo dì ‘na cosa a Lello!”
Era già fuori dalla porta, non aveva idea del perché stesse seguendo l’amico, l’unica cosa che sapeva era che sentiva l’urgenza di andare, di vedere con i propri occhi che stava succedendo, perché dall’espressione di Leo era ovvio che stesse accadendo qualcosa.
Lo vide bussare alla porta della sala trucco ed entrare in fretta, senza nemmeno guardarsi intorno.
Arrivò davanti alla stessa porta, bloccandosi sulla soglia, indeciso se entrare o no. Cercò di distinguere le voci all’interno ma tutto quello che sentiva erano dei bisbigli indistinti, quindi si decise ed aprì, vinto dalla curiosità.
Victoria trasalì non appena lo vide. “Che cazzo, Damià… Nun se bussa?!”
“Che state a fà qua dentro de nascosto?” Protestò subito lui, nel riconoscere le espressioni colpevoli sui loro volti sorpresi.
“Nulla… nun stamo a fà nulla.”
Si limitò a dire l’amico e sarebbe stato anche convincente se Damiano non avesse scorto il suo rapido movimento.
“Che stai a nasconne lì dietro, Lellí?” Fece un passo avanti e Leo ne fece istintivamente uno indietro. “Famme un po' vedé?”
A quel punto fu Victoria a prendere in mano la situazione con la solita faccia tosta che sfoderava nelle situazioni più delicate. Afferrò il sacchettino bianco dalle mani di Leo e glielo mise sotto al naso senza alcuna vergogna.
“E questo che cazzo è? Cosa significa?” Damiano lo prese tra le mani ma non era sicuro di volerci guardare dentro.
“Ho chiesto a Leo di prendermi delle punture per il vomito insieme ai tuoi cazzo di integratori… solo per il concerto…"
“Solo per il concerto…” Damiano ripeté a bassa voce le ultime parole, riconoscendo la confezione di siringhe, il disinfettante e tutto il necessario.
“Scusa , s’è presa ‘n virus intestinale ma m’ha fatto promette de nun dirlo…” Leo rincarò la dose, provocando l’occhiataccia della bassista.
“Ma tu pensa…” La riproverò Damiano a denti stretti, cercando di mostrarsi meno preoccupato di quanto fosse in realtà. Rovesciò tutto il contenuto della busta sopra al tavolino per il trucco ed iniziò ad armeggiare con le scatole delle medicine davanti allo sguardo allibito dei due.
“E questi sarebbero gli integratori? Ma sei sicuro che vadano bene?”
“E che ne so… mica so’ n medico… il farmacista m’ha dato questi.” Rispose Leo, leggermente scocciato per quella immotivata invasione di campo.
Victoria invece era spazientita. Sapeva che qualsiasi integratore non le avrebbe fatto alcun effetto se avesse continuato a rimettere tutto ciò che ingeriva.
“Daje Dam, vanno bene… Mò famme fa la puntura artrimenti nun ce salgo sul palco tra mezz’ora… Ma che stai a fa?”
Damiano non rispose. Si limitò a sospirare, iniziando a leggere il bugiardino delle fiale di antiemetico con un’aria fintamente concentrata. Anche se non lo diceva, qualsiasi suo gesto trasudava quelle poche parole: Te l’avevo detto! Sì, glielo aveva detto quella mattina in aeroporto e, se solo lei non fosse stata così fottutamente cocciuta da tacere, glielo avrebbe detto anche prima, in tutte quelle settimane, durante le quali l’aveva vista deperire davanti ai suoi stessi occhi.
“È tardi, nun potemo sta qui a legge tutto ‘sto papiro…” La vide prendere il cotone con il disinfettante e slacciarsi velocemente i pantaloni per rimanere solo con quel body di pizzo da almeno mille euro.
“Che cazzo fai?” Le chiese lui, costretto a distogliere lo sguardo dal foglietto illustrativo. Quei fianchi, quei maledetti fianchi lo facevano sempre impazzire anche in un momento poco opportuno come quello.
“Secondo te? Me faccio l’iniezione…” A quel punto, senza chiedergli il permesso, afferrò una fialetta e ne spezzò il cappuccio con un gesto secco, per aspirarne poi il contenuto con una siringa. Sembrava tutto così automatico e veloce, come se lo avesse sempre fatto ed entrambi gli uomini la osservavano sorpresi.
“Non vorrai fartela da sola??” Chiese Leo, un po’ spaventato.
“Vedi volontari?” Rispose la ragazza mentre si assicurava di far uscire tutta l’aria attraverso l’ago.
“Ehi ehi… calmati n’attimo… Mò te la faccio io. Famme solo controllà se la potemo fa…”
Damiano odiava che gli mettessero fretta e odiava soprattutto le medicine, quindi non c’era la benché minima possibilità che Vic si iniettasse quella roba senza sapere che non correva alcun rischio.
“Certo che la potemo fà… L’ho già usato altre volte, daje… spicciate!”
Altre volte? Quante altre? E poi quando? Non c’era il tempo per quelle domande, Damiano scorse velocemente i caratteri minuscoli fino ad arrivare a ciò che gli interessava.
“…Consultare il medico. Qui dice: consultare il medico in caso di gravidanza o allattamento… vedi dei medici?? Eh, Lello? Tu vedi dei medici?”
Vic alzò gli occhi al cielo. Non poteva credere che Damiano fosse così stupido.
“Cosa…?”
La voce dell’assistente cadde nel vuoto mentre Vic strappava dalle mani del cantante il foglio e si posizionava davanti allo specchio, cercando il punto giusto per la puntura. Damiano la fermò di nuovo, non ammetteva proteste da parte sua.
“Piantala, Victò… e se avesse delle controindicazioni? Sono antiemetici, non caramelle. Hai visto quanto cazzo è lungo ‘sto fojio? Ce stanno almeno dieci… trenta effetti collaterali.”
“E allora? Damiano forse non ce semo capiti, ne ho bisogno se volemo sonà. Non c’è un piano B.”
Si stavano di nuovo fronteggiando, bellissimi ed eccentrici nei loro abiti di scena glitterati color caramello.
“Diteme che ho sentito male… Ve prego regà… diteme che nun ho capito ‘n cazzo come ar solito mio!”
Entrambi si voltarono finalmente verso Leo, il quale era sbiancato tutto d’un colpo e sembrava aver bisogno più che mai di una di quelle punture per non vomitare.
Damiano si rese finalmente conto del proprio passo falso. Glielo aveva detto. Leo sapeva del bambino. Cazzo! “Ecco… complimenti!” Sbottò Victoria. Rimise il cappuccio sulla siringa e si lasciò andare sulla poltroncina davanti alla specchiera. Ci mancava solo questa.
“Ascolta Lè… non è come sembra…” Tentò di giustificarsi il cantante in modo decisamente maldestro?
“E com’è Damià? Com’è?? Perché sono abbastanza sicuro di aver sentito le parole gravidanza e allattamento uscire dalla tua bocca. Dimme armeno che nun è tuo… Dimme che me sto a sbajà!” Anche Leo si sedette sulla poltroncina accanto a quella di Vic, con le mani tra i capelli e un’espressione sofferente. Non aveva nemmeno bisogno di sentire la risposta, perché in fondo già lo sapeva che stava succedendo qualcosa e poi sapeva che se Victoria avesse avuto un figlio da un altro, di sicuro Damiano sarebbe stato molto più incazzato di così. Quei due stronzi lo avrebbero portato al manicomio.
“Scusa Lè… l’ho scoperto ieri…” Tentò giustificarsi Damiano in modo maldestro.
“E pensa quanto poco c’hai messo pe’ spifferà tutto!” Lo rimproverò Vic, per poi rivolgersi all’amico. “Sì, Leo… ho fatto ‘na cazzata.”
Abbiamo fatto una cazzata… noi…” Le fece eco il cantante, puntualizzando il proprio coinvolgimento. Forse non gli faceva onore ma odiava essere escluso in quel modo. Così come aveva odiato ogni minuto di quella giornata, in cui lei lo aveva tenuto lontano come un appestato.
Vic gli lanciò un’occhiata distratta, rivolgendosi di nuovo all’amico seduto accanto a lei.
“Mò tornamo a casa e risolvo ogni cosa, ok?!” La bassista lo guardava dritto in faccia con quella sua aria sicura, la stessa che aveva quando organizzava meticolosamente una intervista o una performance.
“Ok, Lè?!” Ripeté di nuovo per assicurarsi che avesse capito la delicatezza del momento e che non gli venisse il mente di parlarne con anima viva.
“Non puoi dirlo sul serio…” Rispose invece il ragazzo, evidentemente sorpreso dalle sue parole e sempre più sconvolto.
“Certo che dico sul serio. E che dovrei fare secondo te? Ho avuto tutto il tempo per pensarci… ora regà annatevene de là dagli altri… io ce metto un attimo. Grazie per le medicine… davvero, Leo… e scusa se t’ho coinvolto.” Vic si alzò e lui fece lo stesso, quasi si sentisse costretto verso la porta.
“E tu non dici niente?” Chiese, spostando l’attenzione sul volto mortificato del suo migliore amico, che se ne stava lì di fianco senza avere il coraggio di fiatare.
“Lè, te prego… nun te ce mette anche te!” Fu l'unica risposta di Damiano.
Che gli doveva dire? Che erano ore che litigavano e facevamo pace ininterrottamente? Che anche lui non capiva ciò che voleva?
Leo capì, forse non tutto ma capì che lo stava supplicando di rimandare quel discorso ad un secondo momento, quando avrebbe potuto parlare liberamente. E capì anche tutti i tira e molla di quelle ultime settimane, tutti i comportamenti sopra le righe della ragazza e i suoi momenti di isolamento. Decise di non poter essere un ulteriore carico per loro, che dovevano già affrontare quella situazione enorme.
“Ok… Va bene, mò guardamo sul web che ce dicono pe’ quelle punture, ok?!”
Scrollò velocemente le pagine sul proprio smartphone, ben consapevole di essere un po’ l’ago della bilancia lì dentro.
“Ok, qui dice che pò esse usato ma dev'esse evitata la somministrazione alla fine della gravidanza, perché può causare problemi di movimenti al neonato… la sindrome extra qualcosa e bla bla bla…” Non poteva ancora credere di stare veramente  parlando di neonati.
“Ok, quindi la famo.”
Disse infine Damiano più convinto e anche molto meno battagliero, vista la situazione.
“Ce la faccio anche da sola.” Protestò la ragazza, quando lo vide disinfettarsi le mani con il gel.
“Sì ma è mejo se la faccio io… so capace, che te credi?”
Vic non si oppose. Si sentiva in colpa verso l’assistente e in fondo sapeva che Damiano aveva ragione. Le era capitato di farsi un paio di iniezioni, era abbastanza brava sugli altri ma su se stessa era una vera e propria violenza, specie se in una posizione così scomoda.
“Pronta?” Damiano passò a Leo il batufolo con il disinfettante e si apprestò a forare. Aveva un po’ d’ansia a dire il vero.
“Brucia?” Le chiese, sentendola irrigidirsi.
“'na cifra…” Vic strinse i denti e attese che tutto finisse per poi rivestirsi in fretta.
“Ok, grazie. Adesso me sparo ‘na bella pinta de vitamine e buttamo giù ‘r palazzetto!”
“Magari sdrajate ‘n po’ mentre fa effetto…” Disse Leo, indicando il piccolo divanetto in un angolo della sala.
“Leo, sto bene…”
L'amico scambiò uno sguardo preoccupato con il cantante, il quale ormai sembrava rassegnato al modo di fare della ragazza.
Toc Toc.
Tutti si voltarono spaventati verso la porta chiusa. Chi cazzo poteva essere?
“Ragazzi siete lì? Vic?? Sto cercando Damiano e Leo… sono con te?"
Era Giulia.
I tre si guardarono, presi dal panico. Damiano nascose tutto nella busta bianca.
“Sì… sì amo, arivamo subito.”
Disse con il cuore in gola, lanciando occhiate preoccupate agli altri. Che potevano inventarsi? Cosa stavano combinando chiusi lì dentro da ormai venti minuti?
Vic gli fece segno di uscire e dopo un attimo di esitazione si decise ad aprire la porta.
“Eccomi… annamo de là…” Scivolò fuori dalla porta, come se dovesse nascondere chissà quale segreto.
“Ma Vic e Leo?” Chiese lei, cercando di sbirciare nella fessura.
“Mò arrivano pure loro…”
"Va tutto bene?”
“Certo… benissimo…”
La voce dell’uomo si allontanò lungo il corridoio e Leo rimase fermo a guardare Victoria lì davanti a lui. Era sempre bellissima anche se il trucco non riusciva a coprire i segni della stanchezza. La osservò senza dire niente, senza provare pena per lei o rabbia per il suo silenzio. Che palle c’aveva quella ragazza? Più di chiunque altro avesse mai conosciuto.
Le passò accanto per andarsi a sedere sul divano e le fece segno di raggiungerlo. Quando Vic si sedette accanto a lui, le passò un braccio intorno alle spalle e si stupì quando la sentì appoggiarsi alla sua spalla. La strinse piano, sentiva tutta la sua solitudine, la sua paura. Avrebbe voluto dirle di non prendere decisioni affrettate, di non sentirsi costretta, abbandonata; avrebbe voluto dirle che poteva contare su di lui, che le sarebbe stato vicino anche quando il suo migliore amico avrebbe fallito perché preso dalle proprie insicurezze e dalla sua vita. Ma non lo fece. Non disse niente e lei nemmeno.

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