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24

Vlad

Si trattenne le lacrime, indirizzando lo sguardo verso l'alto per puntarlo alla luna bianco latte che, da secoli, vegliava su me e Ilona: quella sera si decise a illuminarmi il cammino per portarmi da lei. 

Qualcosa smosse la collisione dei miei ricordi. 

Ogni cosa dentro me prese a pulsare d'istinto per la presenza di quella ingenua ragazza, svigorita come un petalo raggrinzito di una vecchia rosa appassita. 

Impossibilitato a scorgere il viso del ragazzo a darmi le spalle, concentrai i sensi, percependo la mutazione di un distacco, come se niente gli importasse di cosa le stesse facendo intuire.

Faticai nel trattenermi, nel fargli capire il modo in cui lei stava mettendo a nudo i suoi sentimenti per un misero mezzo uomo. 

D'altro canto, non mi capacitavo come potesse piacergli quel ragazzino in piena crisi ormonale. 

Cercai di sporgermi, siccome non ero ancora del tutto sicuro che si trattasse dell'incarnazione di Ilona. Vi erano tanti pregi e difetti da valutare, se pur la somiglianza era quasi accecante. 

Il ragazzo sbuffò infastidito. "Cazzo. Non volevo intendere proprio questo, ma hai già sbagliato a menzionare la mia famiglia. Non frega niente a loro con chi mi frequento, sono io che valuto tutte le opzioni" continuò a dire, senza soppesare le parole, entrando di più nello specifico e finendo per infliggerle ferite più profonde. 

La sua asprezza mi procurò un moto di nausea allo stomaco, rimanendomene celato nell'ombra per rinvenire al suo nome, sfuggitomi tutto il tempo proprio per non farmi scoprire. 

"Certo, perché sono un aggeggio elettronico da valutare" le uscì d'istinto, assumendo un comportamento di fermezza nell'essersi sentita come un oggetto da esaminare. Ovviamente non si trattenne più, il suo viso iniziò a imperlarsi di lacrime salate che scintillarono sotto al chiarore della luna. "Bene, non rovinerò la tua vita. In fin dei conti è fantastica da far invidia, non puoi di certo stare con lo scarto del paese" persino io mi morsi la punta della lingua, tanto erano terribili le parole che riuscì a pronunciare. Iniziò a farsi scivolare il cappotto che teneva sulle spalle con movimenti impacciati, faticando a compiere perfino i movimenti; me ne accorsi di quanto si stesse sforzando anche a reggersi in piedi. "Mi scuso per aver causato problemi il giorno del tuo compleanno. Ancora auguri, e ti auguro buon proseguimento" con un gesto quasi nervoso, spinse l'indumento contro il petto dell'egoista che si rifiutò di afferrare, rimanendosene con le mani infilate nelle tasche. 

Il cappotto cadde a terra, impregnandosi nell'avanzata umida della neve, e sentendo il dolore come se fosse il mio. 

Mi dovetti trattenere dal non scatenare una nuova pista di omicidi: non sarebbe stato trascritto solo lui sulla mia lista, ma anche quelle che menzionò prima. 

La ragazza dai lunghi capelli neri si voltò a fatica, in lacrime, stringendosi le braccia contro il petto come a cercare protezione almeno da lei stessa, e finendo per incamminarsi lontano da quel posto, da sola. 

Non potevo lasciarla andare in balia del tormento, per di più a tarda sera con i pericoli in agguato. "Hey, ma perché cazzo te la prendi! Non è mica colpa mia" ebbe l'indecenza di farsi avvolgere anche dall'atteggiamento del martire di turno. "Sei troppo permalosa" aggiunse poco dopo, abbassando i toni e infischiandosene delle sue condizioni. 

Lei per ripicca non lo rispose, lo ignorò. 

Nel frattempo che i due corpi si divisero, scaricai il nervosismo stringendo i pugni e provando a  sbirciare al di là del muro. 

𝐿'𝑖𝑛𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑒𝑖 𝑠𝑒𝑐𝑜𝑙𝑖Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora