𝕸𝖎𝖆 𝖆𝖒𝖆𝖙𝖆

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𝕿𝖆̂𝖗𝖌𝖔𝖛𝖎ș𝖙𝖊 (𝕽𝖔𝖒𝖆𝖓𝖎𝖆) 𝖉𝖎𝖈𝖎𝖔𝖙𝖙𝖔 𝖓𝖔𝖛𝖊𝖒𝖇𝖗𝖊 𝟏𝟒𝟔𝟐

"Ritornerò da te, nel frattempo voglio che tu non ti muova da qui" poggiai la mia fronte sudaticcia, dovuta all'armatura spessa di quel ferro ben elaborato per le battaglie, contro la sua.

 Dovevo sentire ancora il calore del suo corpo. 

Adagiai anche una mano su quella guancia purpurea, in contrasto alla sua pelle nivea, e strofinai il pollice. Mi guardò con i suoi occhi dalle varietà azzurre del topazio, facendo riflettere la disperazione che aveva nei miei riguardi. Vivevamo situazioni simili molto spesso, ma questa si presentò diversa dal solito. 

"Devi stare attento, mi hai fatto una promessa, Vlad" liberò la flebile voce dalle labbra sensuali che ogni qualvolta le metteva in movimento, provocandomi una gran voglia di poggiarci le mie. Non mi feci attendere. 

Spinsi il suo capo colmo di lunghi capelli corvini, ondulati, alla sommità impreziosito da un filo sottile d'argento che fungeva da ornamento, verso il mio, spezzando il tempo che divorava i nostri momenti e assaporando ogni parte di lei. 

Era la donna della mia vita, mia moglie, nonché un giorno madre della prossima discendenza Hagyak. Avvolta nella sua lunga veste di seta e di un bianco puro, come la sua anima, poggiò entrambe le mani sul mio petto ricoperto dall'armatura, lasciando incatenare un'ultima volta quello sguardo malinconico. 

"Dovrai fare ritorno da me perché se mio padre mi porta via, sarà la fine. Non riuscirai a trovarmi, lui sa come nascondersi. Temo che tu non riesca..." non la lasciai finire che il gesto di adagiare il mio indice sulla sua bocca e ammutolirla da quella sciocchezza, fu istintivo. 

"Sottovaluti troppo la cavalleria che si muove in tua difesa, mia cara" mi silenziai per bearmi del respiro che finiva sul mio dito. "Ti troverei anche in capo al mondo, inutile sprecare fiato" 

Il suo sorriso spontaneo che non seppe controllare, mi regalò l'attimo di gioia: con me si lasciava andare in qualsiasi circostanza, anche delle peggiori. Potevamo avere il tumulto di spalle e i detriti a volarci nelle nostre vicinanze, col rischio di ferirci, ma a noi non ci sarebbe importato perché eravamo più forti del caos che il mondo ci sputava addosso. Ci ritrovammo in sguardi fatti di una danza potente da ricreare un amore più grande di tutti gli altri. 

Con i polpastrelli già freddi a causa degli spifferi che penetravano da sotto il grande portone del vestibolo, lisciai alcune ciocche dei suoi capelli premurandomi di non dimenticare nessuna parte di quel corpo candido. Gli uomini intorno a noi continuarono a decretare ordini e a muoversi in un andirivieni frenetico per prevenire un attacco a sorpresa da parte dell'esercito del Re d'Ungheria. 

"Devi cercare di arginare i problemi con Mattia, lui non si fermerà, soprattutto adesso che ha ricevuto l'appoggio del papa" tornò a farsi seria, a farsi sparire le rughe sulla fronte. "La sua avidità è più grande di qualsiasi sentimento umano, e come tutti gli uomini d'affari, brama la gloria e la vittoria." 

Ilona cercò di farmi tenere alta la guardia. Potei ringraziarla per la premura mostrata nei miei confronti, ma io non andavo spronato, casomai placato per la sete di vendetta che avevo avviato contro di lui. 

A riprendermi dai miei pensieri fu una mano tozza che si andò a posare sulla mia spalla, ritrovandomi accanto Costantin. Guardai il suo viso dalla vispa espressione che gli scorsi a metà, per il semplice fatto che il casco conico in camaglio gli copriva buona parte della testa. Mi fece un cenno che ricambiai. 

"Fa' strada agli uomini, ti raggiungerò subito" ricevendo un'ultima pacca da parte sua. 

"Non tardare" avviò quel corpo solido verso l'uscita. 

𝐿'𝑖𝑛𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑒𝑖 𝑠𝑒𝑐𝑜𝑙𝑖Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora