2 - Elio (He)

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Fran superò a passo sostenuto i laboratori di ricerca. Era tesa e nervosa. Non appena scesa dalla navetta lunare si era diretta alla foresteria sotterranea riservata al personale scientifico per scaricare il bagaglio a mano e visionare gli ultimi documenti ricevuti al suo atterraggio, li stava ancora leggendo mentre attraversava la galleria panoramica che collegava le due principali sezioni della Stazione Lunare.

La distesa basaltica del Mare Serenitatis scivolò al suo fianco senza essere notata, così come la metropoli di serre orticole e coltivazioni di ghiaccio che si estendevano lungo il bacino fino all'orizzonte visibile. Non fece nemmeno caso alle torme di turisti che si affannavano a fotografare l'immagine della Terra: un delicato miracolo blu zaffiro sospeso nella cruda oscurità dello spazio profondo.

Controllò l'ora e concesse un rapido sguardo ai profili aguzzi della catena montuosa dei Montes Apenninus, alta 5.500 metri: le aree continentali della Luna si aprivano in aspri territori dominati da montagne di rocce feldspatiche intervallate da pianure e crateri. Fran si appoggiò per qualche secondo alla ringhiera. Scrutò a sud-est dove secoli prima era atterrato il modulo lunare dell'Apollo 17, lì vicino una giovane studentessa italiana aveva fatto la sua prima ricognizione geologica, elaborando una teoria che le avrebbe fruttato il Nobel.

All'epoca Fran aveva vent'anni. Dieci anni di studi e ricerche la separavano dalla donna che era adesso.

Si staccò bruscamente dal corrimano rischiando di urtare un ufficiale scientifico di passaggio e proseguì verso gli ascensori che conducevano alle Torri di osservazione: la stazione lunare aveva diversi osservatori astronomici, disposti lungo il perimetro della cupola atmosferica.

Avrei dovuto fare l'avvocato, come voleva mio padre, si disse. Vincere il più prestigioso riconoscimento del mondo scientifico le era servito solo per i primi anni, quando con i fondi ricevuti aveva potuto finanziare la ricerca su cui stava lavorando. Poi i soldi erano finiti e la sua ricerca fallita su tutta la linea. Nessun risultato commerciabile, nessuno stanziamento, le avevano detto. E lei aveva bussato a così tante porte ormai da avere le nocche indolenzite!

Era riuscita ad autofinanziarsi vendendo le proprietà di famiglia, così da sopravvivere ancora qualche anno. Ora ne aveva trenta. E il giorno del suo compleanno, non era strano il destino?, la Corporazione Scientifica Terrestre, la maggiore e più quotata compagnia di ricerca scientifica su scala mondiale, le aveva offerto un lavoro.

L'ascensore si aprì con un sibilo sull'atrio dell'Osservatorio Luna-β. Fran strinse a sé la cartellina con i dati raccolti in dieci anni di lavoro e avanzò risoluta verso l'uomo che l'aspettava pensoso appoggiato a una porta a vetri.

OSSERVATORIO C.S.T. – SEZIONE BETA – AREA RISERVATA, indicava la scritta sullo stipite.

L'uomo, alto e dinoccolato, si riscosse vedendola arrivare e le venne incontro porgendole una mano calda e sudaticcia.

«Dottoressa Francesca Graham, suppongo,» esordì a disagio con voce da baritono, «è un vero onore conoscerla, la stavo aspettando. Mi chiamo Kyle Stepper, dottore in ingegneria spaziale, attualmente Tecnico delle applicazioni, il ché significa che so solo "premere bottoni", come direste voi geologi, e... sono il suo ufficiale di collegamento qui alla Stazione. Spero che il viaggio sia stato piacevole e che non sia troppo stanca per iniziare subito.»

«Piacere, dottor Stepper,» rispose lei con un sorriso tirato. Lui stesso non sembrava convinto dall'assurda storia dello schiaccia-bottoni. «Il viaggio in navetta è stato claustrofobico come sempre, ma nulla d'insopportabile. Non vedo l'ora di vedere cosa mi avete preparato.»

L'uomo fece un sorriso sibillino, che conferì ai suoi occhi d'anfibio una piacevole luce d'intelligenza. «Mi chiami pure Kyle, dottoressa. Sono certo che sarà qualcosa di sorprendente per lei.» Si scostò appena passando una mano sul lettore digitale della porta che ebbe uno scatto e si aprì scivolando di lato. Le sorrise timidamente facendole cenno di seguirlo.

Entrarono in un largo corridoio da cui si aprivano una manciata di uffici. Il rumore degli impianti di aereazione, settati al massimo per proteggere le apparecchiature elettroniche, e il tipico odore asettico d'atmosfera artificiale la investirono come uno tsunami mescolandosi al pungente dopobarba dell'ingegnere. Stordita Fran pensò che in quel profumo da uomo doveva averci fatto il bagno e questo la fece sorridere: dopo tanti insuccessi, era strano vedere che qualcuno s'impegnasse tanto per farle una buona impressione.

«Che una geologa entri in un osservatorio astronomico è un evento, dottor Kyle,» commentò lei riferendosi al regime da caste indiane che le specialità scientifiche avevano prodotto nel corso del tempo. «In ogni caso ho le spalle abbastanza grandi per ogni genere di sorprese.»

«Forse non per questa,» commentò lui dopo un attimo d'esitazione.

Si spostarono attraverso una serie interminabile di stanze fino a varcare un salone circolare occupato da macchinari. Una ventina di impiegati sedevano ai terminali monitorando sezioni di volta celeste. Dalle immense vetrate che circondavano l'apice della Torre si poteva scorgere la cima del telescopio: un vero gioiello che sfruttava tecnologie d'ultima generazione, applicate solo ai prototipi degli shuttle e delle navi spaziali più avanzate.

«Questo è il vero cuore dell'osservatorio,» spiegò Kyle. «I dati ricevuti vengono elaborati e trasmessi ai terminali. E noi li studiamo cercando di trovarci qualche senso.»

«Cercate gli omini verdi?»

Kyle sollevò le sopracciglia quasi non riuscisse a credere che quella geniale scienziata, che a vent'anni aveva sconvolto il mondo accademico con le sue scoperte, potesse fare del semplice umorismo. Poi si rilassò arrossendo un poco e disse: «Le nostre finalità sono lievemente più terra terra, come fare il pelo al Big Bang di Lemaître o confutare la Teoria dei filamenti di Orlandi. E nel frattempo la Corporazione non si oppone se per caso avvistiamo qualche meteorite di passaggio pronto a distruggere la loro bella stazione. Niente omini verdi, quindi. O almeno questo era quello che pensavamo, fino a quando non l'abbiamo rilevata

«Rilevato cosa?!» esclamò Fran non riuscendo a trattenere un gesto di frustrazione. Da quando la C.S.T. l'aveva assunta, dieci giorni prima, c'era sempre stato un velo di mistero intorno allo scopo del suo incarico e, benché l'avessero rassicurata che era attinente alle sue ricerche, sperava davvero di non aver perso tempo prezioso.

«Sei sempre stata troppo impaziente,» interloquì una voce maschile alle sue spalle. Lei si voltò e incrociò lo sguardo di un uomo sulla quarantina, con luminosi occhi color cobalto e un volto cosparso di sottili rughe da sorriso, c'era un velo di nostalgia nell'espressione con cui la guardava.

Kyle si affrettò a presentarlo: «Dottor John Silva, astronomo, capo del progetto. Immagino,» esitò guardando entrambi con crescente disagio, «che vi conosciate già... già. Ehm.»

«John e io siamo stati sposati,» rispose lei in tono gelido, «ma è stato tanto tempo fa.»

«Come stai, Francesca?» Mormorò lui guardandola con affetto.

Fran evitò caparbiamente di guardare l'ex marito. Si rivolse invece al dottor Stepper: «Voglio proprio vedere perché ho fatto un viaggio di 400.000 chilometri lontano da casa! Spero che ne sia valsa la pena, la diaria che ho per contratto mi basterà appena per un caffè, quando tornerò sulla Terra.»

«Ma certo. Si accomodi, dottoressa,» fece Kyle solerte, accompagnandola al suo terminale. Si sedette accanto a lei e diede dei comandi sullo schermo digitale. Dallo schermo acceso si poteva vedere riprodotta in tre dimensioni l'intera volta celeste. John rimase in piedi alle sue spalle, in silenzio.

«Ha qualche dimestichezza con i concetti astronomici di base, dottoressa Graham?» chiese l'ingegnere.

«Ho una conoscenza universitaria di primo livello e naturalmente il dossier che mi avete fatto avere all'arrivo.»

Kyle annuì con un sorriso enigmatico. «Può bastare, per adesso.»

Fran diede un'occhiata in tralice all'ex-marito, che manteneva un'espressione imperturbabile.

Non si sarebbe stupita se dalla bocca di entrambi fossero spuntate delle piume di gallina.    

Sabbia (Ciclo di Hanar vol.1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora