"𝘜𝘯 𝘴𝘰𝘳𝘳𝘪𝘴𝘰 𝘢𝘣𝘣𝘢𝘨𝘭𝘪𝘢𝘯𝘵𝘦"

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"𝐀𝐛𝐛𝐢 𝐜𝐮𝐫𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐭𝐮𝐨 𝐜𝐨𝐫𝐩𝐨,
è 𝐥'𝐮𝐧𝐢𝐜𝐨 𝐩𝐨𝐬𝐭𝐨
𝐢𝐧 𝐜𝐮𝐢 𝐝𝐞𝐯𝐢 𝐯𝐢𝐯𝐞𝐫𝐞."

Mi trovavo davanti lo specchio.
Fuffi graffiava la porta del bagno inchiavata, stava cercando in tutti i modi di entrare.

Stavo guardando la mia faccia, avevo appena finito di mangiare ma la vedevo grassa,
la toccavo cercando di togliermi la sensazione di strapparmi la pelle, come tanto avrei voluto. Una lacrima mi solco il viso mentre guardavo i miei fianchi larghi, la vita non troppo stretta.
"Violet! Ti sto aspettando, sbrigati. " Anthony mi chiamava dall'altra stanza, sulla sedia, per poi spostarci sul letto, il suo gioco preferito.
"Arrivo."
"Vieni , ti aspetto. Ho un gioco per te."

Quando dopo venti minuti Anthony apri la porta, ero accasciata a terra.

Avevo appena finito di vomitare.

La verità era che non vedevo l'ora di andarmene da quel posto.
Il mio unico desiderio era soltanto quello di prendere le valige e sparire, non tornare più in quell'istituto che mi aveva tenuta rinchiusa lì per tutto quel tempo. Mi sentivo in gabbia, non più come quella che ero prima.
La Violet vecchia era sparita, quella che aveva sempre un sorriso in volto, quella che portava raggi di sole ovunque, arcobaleni dove gli altri spesso vedevano solo pioggia.

Io che quando tornavo a a casa e passavo davanti lo specchio sorridevo, con quel sorriso che sarebbe stato capace di incendiare il mondo intero.
Come quando me lo diceva la mamma.
E mentre guardavo lo yogurt che mi avevano posto davanti mi vennero in menti i suoi occhi, quelli che amavo di più al mondo. Erano di un colore verde smeraldo come l'ambra verde e come il prato dove mi portava quando ero solo una bambina.
E, la cosa che odiavo di più,le lacrime che gli percorrevano il volto, quelle che gli avevo procurato io. Mentre mi vedeva marcire là dentro, mentre mi vedeva sparire ed io,che ormai avevo perso le speranze e non combattevo più, non lottavo più come prima e sopratutto come lei, che era riuscita ad amarmi anche nel miei momenti peggiori e che aveva deciso di tenermi la mano , anche nel buio, nonostante ciò che stessi passando. Non lasciandomi mai.
Nei suoi occhi ci ritrovavo la forza di andare avanti, appena vedeva le poche energie rimaste dentro di me che combattevano, appena vedeva aggrapparmi alle poche cose che mi rimanevano, la sua bocca si illuminava e il mio cuore ricominciava a battere, anche se lentamente.
Poi, appena ritornavo ad appassire come un fiore di quelli che avevo lasciato incustoditi nel mio giardino,posava una mano sulla mia schiena e mi vedeva tirar fuori ogni singola cosa che io avessi mai mangiato in quella giornata,
Fino all'ultima briciola.

Stavo cercando di mangiare, ma i ricordi si insinuavano dentro la mia mente non lasciandomi via di fuga. Continuavo a dirmi di sopportare tutto il dolore che mi aveva afflitto in quei mesi. Perché il dolore si rintana dentro il cuore. Ti si insinua fino alle viscere e non puoi fare altro che non sfuggirgli.
Ed intanto mi dicevo di sopportare.
Sopportare nonostante erano quasi tre anni che non vedevo la porta di una casa, della mia casa. Ma ero sicura che c'è l'avrei fatta, che sarei riuscita a stare bene. Prima o poi.

Era un anno che non vivevo più quella vita, essendo uno dei casi più gravi avevano deciso di tenermi in istituto, anche se la situazione era migliorata.
Ormai non contavo più le kilocalorie nei cibi che mi davano, guardavo il sorriso della mamma che una volta era così simile al mio, e mi costringevo a credere che tutto il dolore provato, tutto ció a cui ero stata sottoposta fosse solo un grande incubo.

Perché magari mi sarei risvegliata in un castello, con un abito che adornava le mie forme come quelle tante modelle che avevo visto nella mie riviste.
Con un grande sorriso stampato in faccia, quello che sognavo da più di due anni.
Solo che nel mio sogno avevo il sorriso che ha la mamma.
Quel sorriso splendente, coraggioso.
Ed io quello non c'è lo avrei mai più avuto.

"Leggera come una piuma"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora